La paziente chiede il risarcimento per l’infezione chirurgica contratta durante un intervento di artroprotesi. Entrambi i Giudici di merito accolgono la condanna e la Cassazione conferma (Corte di Cassazione, III civile, ordinanza 4 dicembre 2024, n. 31066).
I fatti
L’intervento in questione veniva eseguito nel 2010. Il quadro clinico della paziente peggiorava al punto che seguivano altri ricoveri, finché, nel 2005, era necessario rimuovere la protesi infetta con una ulteriore operazione al ginocchio.
La vittima imputa all’ospedale di averle trasmesso nel corso dell’operazione l’infezione chirurgica omettendo di osservare le normali cautele in merito alla sterilizzazione del tavolo operatorio e delle strumentazioni chirurgiche utilizzate.
Il Tribunale di Macerata accoglie la domanda, ritenendo che con elevato grado di probabilità i postumi permanenti residuati a carico del ginocchio sinistro della paziente fossero da porsi in relazione causale con l’infezione chirurgica contratta a seguito dell’intervento di artroprotesi al ginocchio presso l’ospedale di Civitanova Marche.
La Corte d’appello di Ancona conferma la condanna della struttura sanitaria, confermando la riconducibilità dell’infezione chirurgica contratta alle infezioni nosocomiali, intendendo come riconducibili ad esse anche le infezioni successive alla dimissione, ma causalmente riferibili alla permanenza ospedaliera per tempo di incubazione, agente eziologico e modalità di trasmissione al ricovero medesimo. Riduce il quantum, eliminando la ulteriore personalizzazione del danno.
L’azienda Sanitaria si rivolge alla Cassazione contestando il nesso di causalità materiale tra la condotta omissiva e l’evento dannoso.
I fattori di rischio
L’Azienda ospedaliera sottolinea che andavano presi in considerazione i numerosi fattori di rischio esistenti: l’obesità della paziente, la sua preesistente malattia reumatoide, l’installazione della protesi e le sue modalità, l’intervento successivo di rimozione, laddove, invece, era stato considerata dirimente la presenza dello stafilococco sulla protesi installata.
Entrambe le argomentazioni vengono considerate inammissibili perché sollecitano un nuovo esame dei fatti. Ad ogni modo, sottolinea la Cassazione, i Giudici di appello non addebitano alla struttura sanitaria le condizioni patologiche generali della paziente, affetta da artrite reumatoide, viene invece addebitata la contrazione di una precisa infezione nosocomiale al momento dell’installazione della protesi che ha causato conseguenze protrattesi negli anni, la cui presenza è stata accertata, tanto che è stato necessario poi espiantare questa protesi, bonificare la zona e sostituirla con un’altra.
Il danno discendente dalla infezione chirurgica
Quindi, sebbene sia stata accertata la presenza nella paziente di una condizione patologica prescindente dalla infezione chirurgica, ciò che è stato posto a carico della struttura è il danno discendente dalla infezione nosocomiale verificatasi al momento dell’installazione della protesi, previa ricostruzione del nesso di causalità materiale tra il difetto di cautele nel momento dell’esecuzione dell’operazione chirurgica e la contrazione della patologia, che è stato accertato con procedimento logico corretto.
L’Azienda Sanitaria censura, inoltre, il fatto che l’assicurazione Generali sia stata chiamata a rispondere del danno solo nei limiti del 40% in quanto coassicuratrice, perché la stessa è stata chiamata in giudizio non solo come coassicuratrice ma anche come cessionaria della quota già coperta dalla società delegataria Assitalia. Sostiene che essa doveva essere chiamata a rispondere quantomeno delle quote di coassicurazione che facevano capo sia a Generali sia ad Assitalia, avendo quest’ultima già trasferito a Generali mediante cessione del ramo d’azienda il proprio portafoglio assicurativo.
Anche questa doglianza è inammissibile.
Si tratta di questione nuova, sollevata per la prima volta in Cassazione e come tale inammissibile. Dalla sentenza non si evince che la questione del subentro di Generali nel pacchetto di Assitalia, e quindi l’espansione della coassicurazione nella misura dell’80%, sia stata posta nel corso dei gradi di merito, né tanto meno sono state oggetto di impugnazione le condizioni contrattuali sul punto.
Avv. Emanuela Foligno