Principio di causalità nella determinazione della soccombenza

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Ai fini della condanna alle spese, la soccombenza è interamente ravvisabile in capo alla ricorrente principale e non anche a carico della ricorrente incidentale. Il ricorso incidentale tardivo perde efficacia e diviene tamquam non esset (Corte di Cassazione, III civile, 4 dicembre 2024, n. 31042).

La vicenda tratta dei gravissimi danni derivati al neonato per la tardiva esecuzione di parto cesareo.

Gli attori, in proprio e n.q. di esercenti la responsabilità genitoriale sulla figlia minore citavano a giudizio l’ASL di Caserta chiedendone la condanna al risarcimento dei danni, patrimoniali e non patrimoniali, subiti sia dalla figlia minore che dai suoi genitori in conseguenza della tardiva esecuzione, da parte dei sanitari dell’Ospedale Moscati di Aversa, del parto cesareo che aveva causato alla neonata una grave tetraparesi spastica ed un gravissimo deficit neuro-psichico.

La vicenda giudiziaria

Il Tribunale di Napoli, con sentenza n. 2016 del 2016, condanna l’Asl al pagamento in favore degli attori, in proprio e n.q. predetta, del complessivo importo di 2.457.895,39 euro. Rigetta invece la domanda di manleva, ritenendo fondata l’eccezione di prescrizione opposta dalla assicurazione.

La Corte d’appello di Napoli ha confermato integralmente la decisione di primo grado condannando l’Asl alla rifusione delle spese del grado e la vicenda approda in Corte di Cassazione su impulso dell’azienda ospedaliera.

La Suprema Corte deduce che le valutazioni espresse dai consulenti nella relazione di ATP si basano sull’erroneo presupposto che il tempo intercorso tra il ricovero della gestante e il parto sia stato di “4-5 ore”, mentre dalla cartella clinica emerge che la visita ostetrica all’ingresso sia stata effettuata alle ore 14,50 dell’11 giugno 1999 e che alle ore 18,00 dello stesso giorno sia stato deciso il TC d’urgenza. Secondo la ricorrente i Giudici avrebbero dovuto tenere conto che la gestante già da alcuni giorni prima del ricovero aveva notato una riduzione dei MAF (movimenti attivi fetali) e che al momento del ricovero non si trovava in condizioni normali, visto che oltre alla pregressa sterilità aveva già una gestosi edemigena ed una pressione arteriosa alta di 160/100.

Invece, la madre della bambina con ricorso incidentale lamenta la mancata considerazione del radicale sconvolgimento della propria vita quotidiana, ben più marcato rispetto a quello subito dal padre della bambina, determinato dalla necessità di dedicarsi totalmente alle molteplici e pressanti esigenze di assistenza e cura quotidiana della figlia, rinunciando alla propria attività lavorativa e ad ogni relazione interpersonale e anche definitivamente abbandonando l’intenzione di avere un altro figlio.

L’intervento della Cassazione

La Suprema Corte rigetta entrambi i ricorsi. Per quanto riguarda le censure della ASL, le stesse non si confrontano con la motivazione esposta in sentenza che, richiamando le valutazioni dei CTU, evidenzia come queste abbiano considerato la vicenda nella sua completezza:

  • a) il ritardo anomalo e pregiudizievole è calcolato in sentenza, sulla base dei dati emersi dalla consulenza, non tra il ricovero della partoriente (ore 14.30) e la decisione di ricorrere al raglio cesareo d’urgenza (ore 18) ma tra il tracciato eseguito nella mattinata del giorno del ricovero, già risultato nettamente patologico, e l’ora in cui effettivamente fu eseguito l’intervento (ore 19.10).
  • b) l’affermazione del nesso causale riportata in sentenza attraverso le valutazioni dei CTU (che non omettono di tenere conto delle condizioni pregresse della paziente), ma anzi, sulla base di conoscenze dettate dalla scienza medica, da esse muovono per giungere alla conclusione, trascritta in sentenza, secondo cui, comunque, il suddetto “«lasso di tempo, invero notevole… appare sufficientemente idoneo a strutturare la grave sofferenza asfittica che la piccola presentava alla nascita, laddove un diverso e più sollecito atteggiamento dei curanti avrebbe evitato tale patologia…».

Venendo, ora, al ricorso incidentale della madre della bambina, lo stesso risulta notificato a mezzo pec in data 28 febbraio 2022, ben oltre la scadenza del termine breve per impugnare.

La ASL ricorrente principale viene condannata al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità. La Cassazione precisa che la soccombenza è interamente ravvisabile in capo alla ricorrente principale e non anche a carico della ricorrente incidentale. Con la perdita di efficacia, infatti, il ricorso incidentale tardivo diviene tamquam non esset e non viene preso in esame dalla Corte, non potendosi pertanto neppure in astratto discorrersi di una soccombenza valorizzabile ai fini del regolamento delle spese.

Avv. Emanuela Foligno

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