In presenza di un’errata diagnosi, non può ritenersi correttamente formata la volontà del paziente, né il consenso può dirsi informato, reale e consapevole (Tribunale di Firenze, Sez. II, Sentenza n. 1639/2021 del 15/06/2021 RG n. 11642/2015-Repert. n. 3505/2021 del 15/06/2021)

Vengono citati a giudizio i Medici e l’Azienda Sanitaria onde vederli condannati, in solido tra loro, al risarcimento dei danni subiti dagli attori, iure proprio e iure hereditatis, a causa delle condotte errate tenute dai sanitari. Il marito e la figlia della vittima rappresentano che a causa di un errore diagnostico la congiunta aveva scoperto in ritardo di essere affetta da una patologia tumorale (leiomiosarcoma uterino) che ne causava il decesso. Deducono, inoltre, che la paziente veniva sottoposta ad un intervento chirurgico inappropriato e dannoso, che aggravava ulteriormente il decorso clinico.

La causa viene istruita a mezzo di CTU medico-legale e produzioni documentali delle parti.

I CTU hanno confermato la prospettazione attorea, secondo la quale, “conformemente alle linee guida, il medico, di fronte ad una massa pelvica di dimensioni superiori a 5 cm, avrebbe dovuto porre il sospetto di un sarcoma e disporre accertamenti più mirati (risonanza magnetica o tac) che, nel caso di specie, non sono stati richiesti”.

“Un ulteriore profilo di negligenza è stato, poi, ravvisato nella condotta del dott. F. il quale, nel corso della visita effettuata il 19.3.2014, non si è avveduto dell’errore diagnostico del collega e non ha richiesto ulteriori approfondimenti: eccettuata la URO-TAC eseguita il 3.05.2014, che, tuttavia, veniva disposta solo a fini preoperatori, dopo un mese e mezzo rispetto alla visita, per verificare, non la natura della lesione, ma la compressione della massa sull’uretere. Sotto il profilo del determinismo causale, l’omissione del dott. S. prima, e del dott. F. poi, ha portato all’esecuzione di un intervento di isterectomia ed annessiectomia che si è rivelato inutile e dannoso e che avrebbe dovuto e potuto essere evitato. Nello specifico, il primo sanitario ha indicato al collega di eseguire – senza urgenza – un intervento di laparoisterectomia con annessiectomia bilaterale per fibromatosi multipla e adenomiosi, ragion per cui i danni derivanti dall’intervento in parola, pur essendo di rettamente ascrivibili al dott. F, che lo ha posto in essere, sono riconducibili anche alla condotta del dott. S., costituendo concausa tutt’altro che trascurabile”.

“Sul piano delle conseguenze, le condotte inadempienti dei sanitari hanno comportato, in primo luogo, un ritardo diagnostico di circa due mesi ed un ritardo nella stadiazione del leiomiosarcoma uterino di circa tre mesi, oltre che l’esecuzione di un intervento (isterectomia e annessiectomia) che si è rivelato, al contempo, inutile e pregiudizievole in relazione alle condizioni di vita della paziente, specialmente sotto il profilo psico-emotivo.”

“Acclarato quanto precede, è necessario precisare, in punto di nesso causale, che le descritte inadempienze non possono essere considerate causa del decesso della paziente, né possono essere considerate alla stregua di fattori che abbiano influito significativamente sull’evoluzione del quadro clinico prodromico al decesso. Alla luce della particolare aggressività della patologia e della dimostrata insensibilità al trattamento chemioterapico nei mesi successivi, il decorso della malattia avrebbe forse potuto essere significativamente diverso solo in caso di operabilità radicale della massa fin dal marzo 2014, essendo la chirurgia il ” gold standard ” terapeutico per questo tipo di patologie. Proprio su questo presupposto, è stato necessario verificare se, nel marzo 2014, il tumore potesse essere rimosso chirurgicamente. Stando alla documentazione relativa all’operazione dell’8.05, risulta che a maggio la massa non era operabile, attesa l’infiltrazione dei vasi circostanti . Quand’anche la diagnosi fosse stata tempestiva, non si sarebbe potuto comunque procedere ad un’exeresi completa della massa tumorale”.

“Alla luce della documentazione medica versata in atti, tra la visita effettuata dal dott. S in data 14.3.2014 e l’esame del 3.05.2014 svolto presso l’Ospedale del Mugello, la massa tumorale non avesse mutato le proprie dimensioni. Quindi, con elevato livello di probabilità, – la difficoltà di asportazione della massa, a causa del rapporto con gli organi circostanti (e, segnatamente, della infiltrazione dei grossi vasi pelvici), fosse già sussistente nel mese di marzo: ergo, già a quell’ epoca, non sarebbe stato possibile procedere con un intervento di chirurgia radicale”.

Per tali ragioni non è possibile ascrivere ai Medici convenuti l’evento morte della paziente, né si può affermare che le omissioni dei Medici abbiano prodotto significativi effetti sul decorso clinico.

Non può, quindi, riconoscersi agli attori il risarcimento dei danni non patrimoniali azionati iure proprio, in relazione alla perdita del rapporto parentale, né i danni patrimoniali azionati, tanto iure proprio, quanto iure hereditatis, in relazione alla perdita di reddito e di capacità lavorativa della vittima.

Tuttavia, le condotte descritte hanno comunque prodotto danni meritevoli di essere risarciti, sia sotto il profilo del danno patrimoniale, che non patrimoniale.

Per il danno patrimoniale è risarcibile quanto sostenuto dalla vittima per le spese sanitarie, per euro 848,00.

Per il danno non patrimoniale, viene fatto riferimento al pregiudizio psicologico sofferto dalla vittima e la lesione del diritto all’autodeterminazione rispetto al trattamento sanitario.

Sotto il primo profilo, la vittima ha patito l’ illusione – e la conseguente delusione – indotta dall’errata indicazione della lesione come benigna.

Egualmente è da tenersi in considerazione la sofferenza derivata dall’intervento di isterectomia posto in essere dal dott. F su indicazione del dott. S: intervento, risultato inutile ai fini della cura della patologia da cui era affetta la paziente e dunque evitabile, come sottolineato anche dai CTU.

Infine, le condotte dei sanitari hanno cagionato una lesione del diritto all’autodeterminazione al trattamento sanitario, nella misura in cui non hanno consentito alla vittima di esprimere un consenso autentico, informato e reale, all’intervento chirurgico.

Difatti, in presenza di un’errata diagnosi, non può ritenersi correttamente formata la volontà del paziente, né il consenso possa dirsi informato, reale e consapevole.

Il Tribunale reputa equo e congruo liquidare tali danni nella misura di euro 50.000,00, oltre interessi e rivalutazione monetaria.

Per quanto riguarda le spese di giudizio, il Tribunale osserva che la domanda attorea è stata accolta solo in parte, e che il quantum richiesto dall’attrice è stato significativamente ridotto rispetto alle richieste iniziali, pertanto, i convenuti vengono condannati a rimborsare agli attori la metà delle spese sostenute.

Invece le spese di CTU e di CTP rimangono definitivamente compensate tra le parti.

Avv. Emanuela Foligno

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