I congiunti di un uomo deceduto convenivano in giudizio l’Asl di Cosenza e il Medico onde vedere acclarata la loro responsabilità per i ritardati accertamenti strumentali e terapeutici

Gli attori deducevano che il paziente veniva ricoverato alle ore 4,00 a seguito di un malore con perdita di coscienza; il Medico di turno -convenuto a giudizio -, considerato che il paziente riprendeva conoscenza, lo inviava presso il reparto di Neurologia con diagnosi di crisi convulsive.

Il trasferimento presso la Neurologia avveniva verso le ore 5,00 e al momento non era presente personale medico. Dopo mezz’ora le condizioni del paziente peggioravano e il personale infermieristico chiamava il Medico di un altro reparto che constatava le gravi condizioni dell’uomo.

Veniva pratica un massaggio cardiaco e constatato il decesso dell’uomo.

Nel diario clinico veniva riportato  “decesso per collasso cardiocircolatorio acuto da aritmia cardiaca in paziente con pregresso infarto al miocardio, avuto circa 12 anni prima.

Il Tribunale rigettava la domanda per difetto di nesso eziologico considerata l’impossibilità di confermare l’indicazione di arresto da aritmia cardiaca in assenza di referti ed esami strumentali  e in mancanza dell’esame autoptico.

La decisione viene impugna e la Corte d’Appello, nel confermare la sentenza di prime cure, osservava:

“- l’eccezione di giudicato sollevata dagli appellati per decorrenza del termine c.d. breve ad appellare, da parametrare alla comunicazione dell’ordinanza con cui questa Corte aveva deciso il regolamento di competenza previamente proposto dagli appellanti, G.G. e D.M.M., era infondata atteso che il termine in parola, stante la sospensione prevista dall’art. 43 c.p.c., comma 3, era da ritenere quello c.d. lungo;

– nel merito, la mancata specificazione, nella cartella clinica, di interventi medici non voleva dire che non ne fosse stato posto in essere alcuno, e infatti la diagnosi di “crisi convulsive” indicava che il paziente era stato visitato dal medico di turno che, dopo aver raccolto l’anamnesi dei familiari presenti, aveva disposto l’invio in Neurologia secondo la prassi organizzativa nell’ospedale, che non disponeva di mezzi per eseguire accertamenti strumentali in Pronto Soccorso;

– non avrebbe potuto pretendersi che il Medico di pronto soccorso seguisse il paziente, giunto di nuovo vigile, sino alla presa in carico da parte di altro Medico nel reparto di destinazione, per le altre incombenze urgenti che aveva dovuto fronteggiare al contempo;

– i tempi strettissimi dell’accaduto non consentivano di ritenere violato, nel descritto contesto, lo “standard” di correttezza richiedibile all’azienda ospedaliera;

– non era comunque emersa prova del nesso causale, per quanto osservato dal Tribunale, e tenuto altresì conto che i familiari avevano rifiutato l’esame autoptico;

– le cause proprie del malore del deceduto avrebbero potuto ricollegarsi all’assunzione dei farmaci per le aritmie cardiache e le cardiopatie ischemiche, ma anche ad eventi patogeni come l’emorragia cerebrale o la crisi vagale o un focus epilettogeno, un nuovo infarto al miocardio oppure una brachicardia con ipoperfusione cerebrale: tutto ciò, e altro ancora, era compatibile con l’esito di ritmo idioventricolare terminale attestato dall’ECG finale;

– difettava la prova che il comportamento alternativo corretto avrebbe scongiurato o ridotto le probabilità di verificazione dell’evento letale.”

La vicenda approda in Cassazione (sez. III, sentenza n. 26427 del 20 novembre 2020).

Viene lamentato, da parte dei congiunti, errore da parte della Corte d’Appello che non avrebbe considerato quanto riportato dal certificato di morte che indicava la causa iniziale di cardiopatia ischemica, quella intermedia in crisi convulsive e quella terminale di collasso cardiocircolatorio e aritmia.

E che la circostanza che il collasso cardiocircolatorio, quale causa del decesso, non poteva avallarsi per mancata esecuzione di esami strumentali, o autoptici, contrasta con il principio secondo cui “l’impossibilità di verificare la sequenza causale non può riflettersi a vantaggio del soggetto responsabile anche della corretta tenuta della cartella clinica”.

Secondo i ricorrenti, le incompletezze della cartella clinica -che non riportava terapie né diagnosi-, dovevano indurre la Corte d’Appello a utilizzare il regime legale delle presunzioni e a riconoscere il nesso causale provocato dai comportamenti lamentati.

Inoltre i ricorrenti evidenziano che la Corte territoriale non teneva in debita considerazione la circostanza che il pronto soccorso fosse privo dei mezzi necessari alla diagnosi e terapia d’urgenza quali defibrillatore e apparecchio elettrocardiografo.

Con ricorso incidentale viene invece prospettato l’errore della Corte d’Appello per non aver considerato che con la proposizione del regolamento di competenza avverso la sentenza del Tribunale, gli appellanti avevano palesato la conoscenza legale della decisione, equipollente alla notifica, sicchè il termine che aveva preso a decorrere dopo la comunicazione della decisione sul regolamento, era quello c.d. breve, già decorso al momento della proposizione dell’appello.

Gli Ermellini considerano il ricorso incidentale fondato, con conseguenti riflessi su quello principale.

Al riguardo viene ribadito che la notificazione di un’impugnazione equivale, sia per la parte notificante che per la parte destinataria, alla notificazione della sentenza stessa ai fini della decorrenza del termine breve per proporre altro tipo d’impugnazione, la cui tempestività va accertata non soltanto con riguardo al termine di un anno dal deposito della pronuncia impugnata, ma anche con riferimento a quello di cui all’art. 325 c.p.c., salva l’ipotesi di sospensione del termine di impugnazione, ove prevista dalla legge.

Sul punto, pertanto, la Corte d’Appello ha errato.

Difatti è pacifica la natura di mezzo impugnatorio del regolamento di competenza in quanto vi è equipollenza tra la proposizione di un gravame e la conoscenza legale del provvedimento gravato determinata dalla sua notifica, che abbrevia i tempi di valutazione in ordine alla eventuale reazione.

Nel regolamento facoltativo di competenza è espressamente prevista la sua idoneità alla decorrenza del termine breve.

Ne discende che la decorrenza inizierà a decorrere dalla notifica del regolamento di competenza, conseguentemente l’appello di cui si discute doveva essere declarato tardivo.

In accoglimento del ricorso incidentale, la sentenza di Appello viene cassata senza rinvio, con riverbero sulla posizione processuale dell’Azienda Sanitaria convenuta e dell’Assicurazione.

L’’obbligazione solidale passiva, di regola, non dà luogo a litisconsorzio necessario, nemmeno in sede d’impugnazione, in quanto non fa sorgere un rapporto unico e inscindibile, neppure sotto il profilo della dipendenza di cause, bensì rapporti giuridici distinti, anche se fra loro connessi, in virtù dei quali è sempre possibile la scissione del rapporto processuale, potendo il creditore ripetere da ciascuno dei condebitori l’intero suo credito.

Tale regola trova deroga – venendo a configurarsi una situazione di inscindibilità di cause e, quindi, di litisconsorzio processuale necessario – quando le cause siano tra loro dipendenti.

Ne consegue l’infrazionabilità del giudicato e dell’estensione degli effetti dell’impugnazione del litisconsorte necessario processuale al soggetto già coinvolto in lite e nella medesima posizione processuale.

Ebbene, l’imputazione della responsabilità in capo all’Azienda Sanitaria dipendeva dall’attribuzione di responsabilità al Medico di guardia, che:

i) avrebbe omesso di riportare in cartella clinica diagnosi e terapie, determinando lacune della documentazione medica che avrebbero impedito ai danneggiati di provare, come loro indiscusso onere, il nesso causale presupposto dalla responsabilità;

ii) avrebbe omesso di procedere ad esami strumentali urgenti sul paziente, smistandolo, in ogni caso erroneamente attesa la stessa visita e l’anamnesi familiare raccolta, in Neurologia invece che in Cardiologia, dove il paziente avrebbe potuto ricevere esami e terapie utili.

Tuttavia, gli Ermellini non considerano incompleta la cartella clinica poiché riportava quanto accaduto e, conseguentemente, non coglie nel segno la giurisprudenza invocata dai ricorrenti secondo cui “l’incompletezza della cartella clinica è circostanza di fatto che il giudice può utilizzare per ritenere dimostrata l’esistenza di un valido nesso causale tra l’operato del medico e il danno patito dal paziente, quando, logicamente, proprio tale incompletezza abbia reso impossibile l’accertamento del relativo legame eziologico, e il professionista abbia comunque posto in essere una condotta astrattamente idonea a provocare il danno.”

Riguardo l’assenza di idonea strumentazione d’urgenza presso il Pronto Soccorso il Collegio evidenzia, per contro, che la prassi aziendale prevedeva lo smistamento immediato dei pazienti ai reparti specialistici e che, ad ogni modo, il trasferimento del paziente nel reparto di Cardiologia avrebbe potuto evitare l’esito infausto.

Per tali ragioni il Collegio dichiara che sussiste la dipendenza che impone l’effetto estensivo dell’impugnazione incidentale.

In accoglimento del ricorso incidentale, cassa senza rinvio la decisione impugnata per tardività dell’appello.

Avv. Emanuela Foligno

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