Scorretta esecuzione della manovra di Credè (Cassazione civile, sez. III, 23/02/2023, n.5632).

Scorretta esecuzione della manovra di Credè e inversione uterina.

I coniugi citano a giudizio l’Azienda Sanitaria e 2 Medici chiedendo la loro condanna al risarcimento dei danni causati alla donna in occasione del parto, all’esito del quale la stessa era stata sottoposta a isterectomia.  

Viene dedotta l’inesatta prestazione professionale del Medico che, con scorretta esecuzione della manovra di Crede’, aveva determinato l’inversione uterina, mentre con l’intervento in successivo aiuto del primario, non erano stati attuati gli accorgimenti possibili e necessari per un tempestivo riposizionamento dell’utero.

Il Tribunale rigettava la domanda osservando che la scorretta esecuzione della manovra di Crede’ era stata fattore concausale dell’inversione uterina, mentre era stato corretto l’intervento successivo del secondo Medico, ma, non essendo possibile individuare la percentuale d’incidenza della prima manovra sulla conclusiva isterectomia, avuto riguardo in specie alle pregresse condizioni della donna connotate da “tendenza ipotonica dell’utero e dalla presenza di un leiomioma sul fondo”, non era possibile affermare la fondatezza della domanda.

La Corte di Appello di Catanzaro rigettava il gravame sulla base delle stesse ragioni,  osservando che la cartella clinica non riportava i dati inerenti alle perdite ematiche, necessari per stabilire la discussa percentuale incidente, ma non vi era alcuna censura sul fatto che fosse stata operata una misurazione in tal senso e che di essa non fosse stata fatta menzione, mentre dalla CTU pareva ipotizzabile una solo teorica possibilità in tal senso ricostruttivo qualora quei dati fossero stati evincibili.

La questione finisce in Cassazione dove viene lamentato che la Corte di appello avrebbe errato nell’escludere il nesso di causa per essere rimasta ignota la percentuale d’incidenza, sull’isterectomia, della scorretta esecuzione della modalità di Crede’, in particolare a causa della difettosa tenuta della cartella clinica ad opera degli stessi sanitari responsabili e che dunque non potevano per ciò solo andare esenti, tenuto comunque conto della relazione peritale da cui era pacificamente emerso che le pregresse condizioni della deducente puerpera necessitavano pur sempre di un fattore eziologico scatenante, che nel caso era stato proprio l’errore nella menzionata manovra.

La censura è fondata, con assorbimento delle ulteriori doglianze.

la Corte territoriale ha accertato che:

-la manovra di Crede’ era stata scorrettamente eseguita dal primo Medico, e costituiva condizione concorrente generativa della situazione patologica che aveva determinato il danno;

– sussisteva altro fattore concorrente, costituito dalle pregresse condizioni della donna, in particolare di ipoatonia dell’utero;

– l’isterectomia subtotale era stata determinata dall’inversione uterina, a sua volta determinata dall’errata manovra di Crede’, e dalla condizione ipotonica uterina, “condizioni che entrambe producono imponenti emorragie”;

– la cartella clinica non riportava i dati sui flussi di perdita ematica, sicché non era possibile stabilire la percentuale d’incidenza causale dell’un fattore, quello certamente colposo, rispetto all’altro, quello esterno rispetto alla condotta e naturale.

La Suprema Corte osserva il fatto che la misura dell’apporto certamente causale dell’errore nell’intervento medico sia rimasta ignota rispetto a quella riferibile alle condizioni pregresse della puerpera, significa che non si conosce se la concausa esterna a quella consistente nella condotta (colposa) sia stata o meno da sola sufficiente a determinare l’evento lesivo, interrompendo il nesso eziologico imputabile e superando il principio di equivalenza delle concause sotteso all’affermazione dell’eziologia materiale.

Ciò chiarito, il nesso di causalità materiale che il creditore della prestazione professionale deve provare è quello fra intervento del sanitario e danno evento in termini di aggravamento della situazione patologica o d’insorgenza di nuove patologie; il nesso eziologico che invece spetta al debitore di provare, dopo che il creditore abbia assolto il suo onere probatorio, è quello fra causa esterna, imprevedibile e inevitabile alla stregua dell’ordinaria diligenza.

Nella fattispecie, una volta accertata la portata concausale dell’errore medico, spettava a quest’ultimo e alla struttura dimostrare la natura assorbente, e non meramente concorrente, della causa esterna, da qualificare al contempo imprevedibile e inevitabile, e nel caso consistente nelle condizioni pregresse richiamate, sicché la circostanza che resti ignota la suddetta portata eziologicamente assorbente fa sì che le conseguenze debbano ricadere sul debitore della prestazione.

In altri termini, essendo incerta la misura dell’apporto concausale naturale, la responsabilità di tutte le conseguenze individuate in base alla causalità giuridica sarà interamente imputata sull’autore della condotta certamente concausale umana.

Ne deriva la cassazione in relazione della decisione di appello, con la precisazione per cui la posizione del secondo Medico non è incisa, non essendo stata specificatamente censurata la statuizione inerente all’estraneità e correttezza della successiva sua condotta medica.

Avv. Emanuela Foligno

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