Spandimento di cemento osseo nello spazio epidurale e complicanza agli arti inferiori (Tribunale Roma, Sentenza n. 14310/2021 del 10/09/2021).

Spandimento di cemento osseo nello spazio epidurale e responsabilità penale del Chirurgo.

La paziente e il figlio citano a giudizio la Struttura e il Chirurgo, chiedendo i danni patrimoniali e non patrimoniali derivanti dall’intervento chirurgico di vertebroplastica, quantificati in euro 2.083706,12 , oltre al risarcimento nei confronti del figlio per danno riflesso della somma di euro 388.000,00.

Deducono che il Medico, imputato per i reati di cui agli artt. 590 e 583 co. 2 c.p. per avere “nella sua qualità di medico che ebbe ad eseguire sulla paziente un intervento di vertebroplastica, cagionato alla medesima lesioni personali gravissime che hanno determinato l’indebolimento permanente dell’apparato osteoarticolare con localizzazione dorso -vertebrale… per colpa consistita in imperizia ed in particolare nell’aver prodotto lo spandimento in misura non giustificabile del cemento osseo all’interno dello spazio epidurale “, era stato condannato dal Giudice penale, con sentenza passata in giudicato, alla pena di mesi due di reclusione e a risarcire il danno alle parti civili costituitesi nella misura da determinarsi in sede civile, nonchè a versare in favore della paziente una provvisionale di euro 25.000,00.

Gli attori deducono, inoltre, che la riabilitazione a cui era stata sottoposta la donna a seguito degli interventi eseguiti aveva portato solo ad un parziale recupero della mobilità degli arti inferiori, totalmente compromessa a causa dell’evento e che il notevole peggioramento delle condizioni aveva cagionato danni patrimoniali e non patrimoniali. Lo stesso evento lesivo aveva cagionato danni anche al figlio il quale si era privato delle proprie abitudini quotidiane per assistere la madre bisognosa, aveva abbandonato i propri studi e sofferto uno stato depressivo.

Il Giudice dispone CTU Medico-Legale dalla quale emerge:

“la paziente, affetta da crollo del tratto della colonna dorsale D4 -D6 per possibile osteoporosi, aveva consultato il neurochirurgo il quale, dopo averla visitata e confermato tale patologia (evidenziata alla RMN), le aveva proposto un intervento di vertebroplastica. Successivamente, nella stessa giornata, veniva sottoposta all’intervento in questione. Nel corso dell’intervento, il chirurgico, che governava a mano l’irrogazione del materiale cementizio e ne controllava in tempo reale l’espansione mediante apparecchiatura in scopia, pur avendo la completa possibilità di arrestare immediatamente il flusso del suddetto materiale, provocava spandimento di cemento  che invadeva il canale midollare. Per salvaguardare le condizioni della donna divenute critiche, veniva eseguita, sempre nella stessa giornata, una seconda operazione, di decompressione con applicazione di viti e placche metalliche sulla colonna vertebrale, cui seguiva il trasferimento in altra struttura per riabilitazione”.

Il Giudice osserva che la sentenza penale passata in giudicato, infatti, vincola per quanto concerne l’accertamento dei fatti, non quanto alle valutazioni e qualificazioni giuridiche attinenti agli effetti civili della pronuncia, quali sono quelle che attengono all’individuazione delle conseguenze dannose che possono dare luogo a fattispecie di danno risarcibile.

E conclude “la vertebroplastica, ovvero l’operazione chirurgica eseguita sulla paziente, è da considerarsi “trattamento d’elezione ” in presenza di ” fratture vertebrali in senso lato e, nello specifico, ovviamente anche di quelle di natura osteoporotica “, riscontrate nel caso di specie. Si tratta di procedura la cui utilità ” consiste nella rapida remissione della sintomatologia doloroso -disfunzionale, anche in considerazione che l’alternativa terapeutica è il trattamento con presidi farmacologici e contenzione con busto per un periodo di 30 – 60 gg con quasi totale immobilità a letto…….le cause della difettosa esecuzione dell’operazione sono da rinvenirsi nello spandimento di cemento dall’interno del corpo vertebrale da consolidare, cemento che con la pressione impressa all’iniettore si è diretto e localizzato verso la colonna comprimendo la dura madre e provocando di conseguenza una lesione midollare (sia da pressione che termica). Subito dopo, per l’evento avverso causato dalla iniezione del cemento stravasato dalla sede prevista, si è reso necessario un secondo intervento di decompressione midollare che ha portato solo ad una attenuazione dei danni……… Il I° intervento ha causato dei postumi assolutamente non compatibili con un intervento di Vertebroplastica correttamente eseguito che può avere come esito una sintomatologia doloroso -disfunzionale ma certamente non una importante paraparesi con S. della Cauda ……. l’operato dei sanitari è causa (unica e diretta) per l’insorgenza della patologia finale oggi presente “.

Viene quindi ritenuto che alla donna sia residuato un danno biologico permanente complessivamente valutabile nella misura del 32%, detraendo dalla riscontrata paraparesi -valutata nella misura del 55% – la preesistenza del 23%, e con esclusione del 20% connesso alla vescica neurologica e del 10% relativo all’artrodesi.

A titolo di danno biologico il Giudice liquida l’importo di euro 115.828,57 e a titolo di personalizzazione l’importo di euro 35.000,00.

Riguardo il danno riflesso lamentato dal figlio, pacifico l’affectio familiaris con la vittima primaria di lesioni, viene ravvisata l’esistenza di un pregiudizio di natura morale-interiore liquidato con l’importo di euro 20.000,00.

Concludendo, quindi, i convenuti Casa di Cura e Chirurgo vengono condannati in solido al pagamento dell’importo di euro 149.757,50 in favore dell’attrice, e di euro 20.000,00 in favore del figlio, oltre a spese di lite liquidate in euro 13.430,00.

§§

La decisione a commento, a parere di chi scrive, risulta debole laddove non viene considerato che la domanda degli attori, in punto di quantum, è risultata notevolmente ridimensionata.

L’attrice ha richiesto l’importo di euro 2.083706,12 , oltre al risarcimento nei confronti del figlio per danno riflesso di euro 388.000,00.

I titoli di condanna, invece, sono stati di euro 149.757,50 per la donna ed euro 20.000,00 per il figlio.

Ebbene, tale importante divario, avrebbe dovuto quantomeno indurre a una parziale compensazione delle spese di giudizio.

Avv. Emanuela Foligno

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