Termini di revisione della rendita per infortunio sul lavoro

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rendita ai supersititi

Accolto il ricorso dell’Inail contro la sentenza che riconosceva a una donna la rivalutazione, nella misura del 70% di inabilità, della rendita per infortunio sul lavoro

Il termine di complessivi dieci anni, per la revisione della rendita per infortunio sul lavoro, previsto dal D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 83 (Testo unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), non è di prescrizione, né di decadenza, ma delimita soltanto l’ambito temporale di rilevanza dell’aggravamento o del miglioramento delle condizioni dell’assicurato, che fa sorgere il diritto alla revisione; pertanto è ammissibile la proposizione della domanda di revisione oltre il decennio, a condizione che la parte interessata provi che la variazione (in meglio od in peggio) si sia verificata entro il decennio, e purché, se la revisione è richiesta dall’INAIL, l’Istituto, entro un anno dalla data di scadenza del decennio dalla costituzione della rendita, comunichi all’interessato l’inizio del relativo procedimento. Lo ha chiarito la Cassazione con l’ordinanza n. 32159/2021 pronunciandosi sul ricorso dell’INAIL contro la sentenza di merito che aveva dichiarato il diritto di una cittadina alla rivalutazione, nella misura del 70% di inabilità sin dal 30.3.2007, della rendita conseguente all’infortunio sul lavoro occorsole in data 16.12.1995 e di cui fruiva dal 15 giugno 1996.

La Corte territoriale aveva rilevato che le conclusioni del C.t.u. officiato in secondo grado davano atto che i postumi derivanti dall’infortunio sul lavoro subito dalla donna fossero in effetti quantificabili nella misura e con la decorrenza sopra indicata e che, dalla stessa ricostruzione dell’iter amministrativo relativo alla revisione, si evinceva che l’attrice aveva esercitato correttamente il proprio diritto secondo le previsioni dell’art. 83 T.U. n. 1124 del 1965, anche in considerazione del fatto che l’INAIL nella comunicazione del 5 dicembre 2002, nel riconoscere la misura del 40% di inabilità, aveva stabilito la revisione al settimo anno, così implicitamente indicando un termine di rilevanza della possibile revisione sino all’anno 2009.

Nel ricorrere per cassazione l’INAIL si doleva della violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 83, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 nonché della violazione dell’art. 113 c.p.c. osservando che la domanda accolta sia in primo che in secondo grado era intesa ad ottenere la rivalutazione per aggravamento della rendita decorrente dal 15.6.1996, per l’inabilità conseguente ad infortunio sul lavoro del 16.12.1995, rendita affermata nella misura del 60% in sede di ultima revisione dall’INAIL dal 1.3.2005; tuttavia – sottolineava l’Istituto – a norma del T.U. del 1965, art. 83, rileva solo i mutamenti delle condizioni di salute del titolare della rendita intervenuti entro i dieci anni dalla data di decorrenza della stessa, aggiungendo che tale periodo assume significato ai finì della delimitazione dell’ambito temporale di rilevanza dell’aggravamento o del miglioramento delle condizioni dell’assicurato; sicché, la proposizione della domanda di revisione oltre il decennio – od il quindicennio, per la malattia professionale – o la visita medica disposta dall’istituto sono ammesse a condizione che le stesse abbiano per oggetto l’accertamento di un aggravamento o di un miglioramento verificatosi entro il decennio o quindicennio dalla costituzione della rendita ed entro lo stesso periodo il lavoratore dichiarato guarito con postumi non indennizzabili può chiedere l’aggravamento degli stessi; poiché, nella specie, i fatti non risultavano contestati quanto alle date di avvenuta revisione della rendita e tutto ciò risultava anche dalla documentazione amministrativa, il ricorrente sosteneva che il peggioramento delle condizioni di salute intervenute nel marzo 2007, ben oltre dopo la scadenza del detto termine decennale, doveva indurre a ritenere stabilizzati i postumi, come tali inidonei alla rivalutazione della rendita; del tutto irrilevante, infine, sarebbe risultata, ad avviso del ricorrente, la considerazione svolta dalla sentenza circa i contenuti della comunicazione rilasciata dallo stesso Istituto ricorrente.

La Suprema Corte ha ritenuto di accogliere il ricorso, in quanto fondato.

Secondo il costante insegnamento della Corte legittimità, infatti, il termine decennale dalla data di costituzione della rendita per infortunio di cui al D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 83, entro il quale si può procedere, a domanda dell’assicurato o per disposizione dell’istituto, alla revisione della rendita da infortunio sul lavoro, non è di prescrizione, e neppure di decadenza – non incidendo sull’esercizio ma sull’esistenza del diritto – ma serve semplicemente a delimitare l’ambito temporale di rilevanza dell’aggravamento o del miglioramento delle condizioni dell’assicurato, poiché la legge collega al trascorrere del tempo una presunzione assoluta per effetto della quale devono ritenersi definitivamente stabilizzate le condizioni fisiche.

Ne discende che l’attivazione del procedimento di revisione e l’accertamento medico legale possono aver anche luogo oltre il suddetto termine di dieci anni, purché le modificazioni delle condizioni fisiche dell’assicurato siano avvenute entro il suddetto limite temporale; è stato, altresì, chiarito che la data di costituzione della rendita cui si riferisce il citato articolo non è l’atto formale che costituisce il diritto, atto che ha natura meramente dichiarativa e risulta fissato casualmente in relazione alle vicende della sua formazione per via amministrativa o giudiziale, né la data dell’evento materiale che determina la nascita del diritto, ma coincide con la data in cui il diritto stesso decorre; coerentemente con i suddetti principi deve ritenersi che, nel caso in cui entro il termine decennale suddetto si proceda alla revisione della rendita per infortunio sul lavoro e questa accerti la sussistenza di un miglioramento dell’attitudine al lavoro che conduca la relativa riduzione in uno spazio di giuridica irrilevanza, ed in tale spazio si conservi alla scadenza del decennio, si determina l’irreversibile estinzione del diritto.

Conseguentemente, ove dopo il decennio l’attitudine al lavoro si riduca raggiungendo nuovamente una misura astrattamente rilevante, emerge una nuova situazione materiale, estranea al preesistente diritto.

Nel caso di specie era pacifico che l’infortunio sul lavoro si era verificato il 16.12.1995 e che era stata costituita una rendita INAIL commisurata ad una invalidità del 34% con decorrenza dal 15 giugno 1996. Era pacifico, altresì, che, a seguito di visita medica di revisione in data 5 dicembre 2002, era stata riconosciuta una rendita pari al 40% dal 7 gennaio 2003. Ancora, a seguito di visita medica collegiale del 19 maggio 2003, la percentuale di inabilità era stata riconosciuta pari al 60% dal primo febbraio 2003; orbene, poiché la sentenza impugnata aveva accertato, sulla base di una consulenza tecnica d’ufficio, la sussistenza di un aggravamento delle conseguenze relative all’infortunio sopra indicato che avevano determinato una percentuale di invalidità pari al 70% a decorrere dal marzo 2007, e quindi dopo la scadenza del 16 giugno 2006, scadenza del decennio previsto dal D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 83, doveva ritenersi, in applicazione dei principi sopra enunciati, che il diritto alla suddetta rendita si era già estinto, come correttamente sostenuto dall’Istituto ricorrente.

La redazione giuridica

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