Il titolare di un centro estetico ha l’obbligo di chiedere ai propri clienti certificazione medica attestante il proprio stato di salute e, dunque, l’idoneità a sottoporsi ad una lampada abbronzante?

L’attività estetica può rivelarsi attività pericolosa, in ragione dei rischi per l’integrità fisica in cui può incorrere chi vi si sottopone, perciò deve affermarsi che il titolare del cento estetico o il responsabile dell’attività assumono una posizione di garanzia che implica la necessità di porre in atto quanto è possibile per impedire il verificarsi di eventi lesivi.

La vicenda

Nel 2014 il Giudice di Pace di Padova, aveva dichiarato il titolare di un centro estetico, colpevole del reato di cui all’art. 590 cod. pen., condannandolo alla pena di Euro 400,00 di multa.
All’imputato era stato contestato di aver cagionato ad una propria cliente una dermatite allergica da contatto, giudicata guaribile in sedici giorni per aver omesso, quale titolare del predetto salone di bellezza, di adottare le necessarie cautele volte ad accertare la non pericolosità dei prodotti utilizzati nonchè a verificare il regolare funzionamento degli impianti abbronzanti, in particolare facendo utilizzare alla cliente una crema abbronzante e sottoponendola ad un trattamento abbronzante su tutto il corpo.
Il Giudice di Pace era pervenuto alla pronuncia di condanna in capo all’imputata ritenendo che quest’ultima non avesse adottato un comportamento prudente e rispettoso delle necessarie cautele. La persona offesa soffriva già di una forma allergica all’uso di creme abbronzanti, ma in realtà l’imputata non aveva preteso dalla cliente alcuna certificazione medica attestante che la stessa potesse sopportare il trattamento abbronzante e l’uso di creme abbronzanti, né aveva richiesto alla cliente di dichiarare per iscritto di essere esente da impedimenti ad effettuare il trattamento, né si era fatta rilasciare liberatoria dopo aver informato la cliente dei rischi correlati all’uso di creme e lampade solari.
Peraltro, i cartelli presenti nel salone erano generici e non specifici e non davano alcuna certezza in merito alla consapevolezza da parte del cliente dei rischi per la sua salute.

Il ricorso per Cassazione

Con ricorso presentato ai giudici della Cassazione l’imputata impugnava la sentenza di condanna, denunciandone l’illegittimità per contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione; nonché travisamento di prove.
La ricorrente si doleva del fatto che il giudice avesse posto a fondamento della decisione una regola di esperienza manifestamente inaccettabile e contrastante con il “senso della realtà” laddove aveva preteso che ella, quale la titolare di un centro estetico avrebbe dovuto consentire ai propri clienti di sottoporsi ad un trattamento abbronzante solo dopo aver avuto contezza del proprio stato di salute, non essendo plausibile che un cliente si rechi in un centro estetico portando con sè certificazione medica comprovante la sua idoneità a sottoporsi ad una lampada abbronzante o che il titolare del centro rifiuti il servizio in assenza di certificazione medica o di autocertificazione scritta.
Il giudice di merito non aveva tenuto conto di un fatto decisivo per il giudizio ossia che la persona offesa godesse di buono stato di salute e fosse a conoscenza di quali conseguenze potevano derivare da una seduta abbronzante, avendo ammesso di essersi sottoposta in passato a sedute di abbronzatura ed avendo dichiarato di essere consapevole dei rischi connessi al trattamento.

Centri estetici: l’inquadramento normativo

L’attività di estetista è stata disciplinata con L. Statale 4 gennaio 1990, n. 1. Con questa legge ne sono stati fissati la definizione, i requisiti e le modalità di svolgimento. Oltre a definire l’attività di estetista (L’attività di estetista comprende tutte le prestazioni ed i trattamenti eseguiti sulla superficie del corpo umano il cui scopo esclusivo o prevalente sia quello di mantenerlo in perfette condizioni, di migliorarne e proteggerne l’aspetto estetico, modificandolo attraverso l’eliminazione o l’attenuazione degli inestetismi presenti), la legge indica i parametri necessari per la qualificazione professionale, stabilisce le modalità di esercizio e affida alla Regione il compito di emanare norme di programmazione relative all’esercizio dell’attività in questione, oltre che di dettare disposizioni ai Comuni per l’adozione dei Regolamenti attuativi della legge stessa (art. 5). Con D.M. 21 marzo 1994, n. 352 sono state dettate le norme regolamentari per la definizione dei contenuti tecnico-culturali dei programmi, dei corsi e delle prove di esame per conseguire la qualifica professionale di estetista.
A decorrere dall’entrata in vigore del D.L. 31 gennaio 2007, n. 7, conv. con modificazioni dalla L. 2 aprile 2007, n. 40, per svolgere l’attività di estetista non è più necessaria l’autorizzazione comunale, essendo sufficiente la qualificazione professionale e lo svolgimento dell’attività in locali che rispettino sia i requisiti urbanistici che i requisiti igienico-sanitari.

Il quadro normativo inerente l’utilizzo di lampade e apparecchi per l’abbronzatura

Il D.M. 12 maggio 2011, n. 110 ,non ancora in vigore all’epoca del fatto in commento, ha dettato le caratteristiche tecnico-dinamiche ed i meccanismi di regolazione, nonché le modalità di esercizio e di applicazione e le cautele d’uso degli apparecchi abbronzanti.
L’uso di apparecchiature che emettano anche UV-B richiede particolari precauzioni d’uso e la valutazione della dose cumulativa a cui il soggetto è stato esposto.
E’ proibito l’utilizzo delle apparecchiature abbronzanti a: minori di 18 anni; donne in stato di gravidanza; soggetti che soffrono o hanno sofferto di neoplasie della cute; soggetti che non si abbronzano o che si scottano facilmente all’esposizione al sole. L’utilizzo delle apparecchiature è esclusivo per fini estetici e non terapeutici.
Sono inoltre previste specifiche disposizioni in ordine alla manutenzione delle apparecchiature e indicazioni e consigli per l’uso corretto; il tempo massimo per la prima esposizione, per le sedute successive e cosi via.

La posizione di garanzia del titolare del centro estetico

Colui che ha la qualifica professionale di estetista – che quindi gestisce apparecchi elettromeccanici per uso estetico ed utilizza prodotti cosmetici – è titolare di una posizione di garanzia, ai sensi dell’art. 40 c.p., comma 2, a tutela della incolumità di coloro che si sottopongono al trattamento estetico, sia in forza del principio del neminem laedere, sia nella sua qualità di custode delle stesse attrezzature (come tale civilmente responsabile, per il disposto dell’art. 2051 cod. civ. dei danni provocati dalla cosa, fuori dall’ipotesi del caso fortuito), sia, infine, quando l’uso delle attrezzature e dei cosmetici dia luogo ad una attività da qualificarsi pericolosa, ai sensi dell’art. 2050 cod. civ..
Ne discende che l’omessa adozione di accorgimenti e cautele idonei al suddetto scopo, in presenza dei quali un evento lesivo non si sarebbe verificato od avrebbe cagionato un pregiudizio meno grave per l’incolumità fisica dell’utente, costituisce violazione di un obbligo di protezione gravante su tale soggetto.
Posto che l’attività estetica può rivelarsi attività pericolosa, in ragione dei rischi per l’integrità fisica in cui può incorrere chi vi si sottopone, deve in altre parole affermarsi che la posizione di garanzia di cui il titolare o responsabile dell’attività è investito implichi la sicura imposizione di porre in atto quanto è possibile per impedire il verificarsi di eventi lesivi.

Il caso in esame

Nel caso in esame il Giudice di Pace era chiamato ad accertare se l’imputata fosse responsabile delle lesioni riportate dalla persona offesa per aver omesso di adottare le necessarie cautele volte ad accertare la non pericolosità dei prodotti utilizzati ed a verificare il regolare funzionamento degli impianti abbronzanti.
«Qualora il nesso di causalità sia stato accertato in relazione ad una legge scientifica, come nel caso concreto in cui l’insorgenza della dermatite era stata indicata come reazione allergica ad alcuni componenti della crema abbronzante fornita dall’estetista, subentra l’obbligo del giudice di accertare, altresì, la causalità della colpa; (…) tale procedimento logico presuppone che sia accertata la regola cautelare violata e che tale regola sia stata imposta al fine di evitare proprio l’evento in concreto verificatosi (Sez. 4, n. 36857 del 23/04/2009) ».
Ebbene i giudici Ermellini hanno accolto il ricorso dell’imputata, ritenendo la motivazione della sentenza di condanna carente e contraddittoria, per le seguenti ragioni:
a) il giudice di merito non aveva accertato se l’imputata avesse omesso di verificare la non pericolosità dei prodotti utilizzati o di verificare il regolare funzionamento della lampada solare, così come contestatole;
b) aveva indicato come doverose alcune condotte (obbligo di pretendere dalla cliente la certificazione medica o di chiedere la dichiarazione scritta di essere esente da impedimenti al trattamento) che non erano configurabili come tali in base alla normativa vigente, omettendo in ogni caso di sviluppare congrua argomentazione in proposito;
c) argomentazioni illogiche sono state svolte in merito alla prevedibilità ed evitabilità dell’evento, nonché in ordine all’obbligo di garanzia dell’estetista di informare la cliente dei rischi connessi all’uso di creme e lampade solari.
Per tutti questi motivi, la decisione impugnata è stata annullata per vizio di motivazione con rinvio per nuovo esame al Giudice di Pace.

Dott.ssa Sabrina Caporale

 
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