Il danno causalmente riconducibile ai sanitari è quello inerente l’errata scelta di non trasferire il paziente, con ustioni di secondo e terzo grado, presso un centro specializzato (Tribunale di Terni, sentenza n. 30/2021 del 5 gennaio 2021)

Il paziente cita a giudizio l’Azienda Ospedaliera di Terni onde vederne accertata e dichiarata la responsabilità medica per omissione di adeguate e tempestive terapie. In particolare, il paziente deduce che a seguito di infortunio sul lavoro del 20.12.2012, (incendio della tuta da lavoro e degli indumenti sottostanti provocato da una scintilla nel corso di operazioni di saldatura a zinco), riportava ustioni di secondo e terzo grado per circa il 20% dell’intera superficie corporea e veniva trasportato d’urgenza presso il Pronto Soccorso dell’ospedale di Terni. Veniva sottoposto a terapia con analgesici e cristalloidi e ricoverato nel Reparto di Chirurgia Plastica e Ricostruttiva. Nel corso della degenza non veniva sottoposto a idoneo trattamento delle superfici ustionate, e i sanitari ponevano in essere numerose inadempienze: 1) omesse medicazioni locali con pomate chemioterapiche limitandosi ad impiegare nelle medicazioni esclusivamente soluzioni fisiologiche, disinfettanti e garze grasse e normali sterili; 2) ritardato intervento di escarectomia precoce, svolto solo in data 09.01.201 3, a distanza di venti giorni dal ricovero con conseguenze negative sulla rigenerazione tissutale, 3) erronea precoce profilassi antibiotica a largo spettro in assenza di segni clinici di infezione, con conseguente sviluppo di sovrainfezioni batteriche recidivanti della cute lesa e selezione di germi multiresistenti; 4) omesso trasferimento presso un più attrezzato e specializzato Centro Grandi Ustionati.

Si costituisce in giudizio l’Azienda ospedaliera eccependo qualsivoglia responsabilità a proprio carico e deducendo il corretto operato dei Sanitari.

La causa viene istruita con CTU Medico-Legale e il Tribunale ritiene la domanda fondata.

Preliminarmente viene inquadrata la responsabilità ascrivibile alla convenuta alla natura contrattuale.

Il Tribunale prende atto della CTU espletata, cui hanno aderito i CTP dell’attore, salvo lamentare un ulteriore inadempimento della Struttura relativamente alla non corretta tenuta della cartella clinica con particolare riferimento all’omesso inserimento nella stessa delle RX del 28.12.2012 e del 02. 01.2013 e alla mancata tempestiva rilevazione e diagnosi del versamento pleurico emerso da tali esami.

In merito a tale doglianza il Tribunale osserva la mancata allegazione da parte dell’attore di un danno specificamente riconducibile alla dedotta incompletezza della cartella clinica e/o alla lamentata tardiva rilevazione e diagnosi del versamento pleurico.

Lo stesso CTP del paziente ha affermato di non voler “porre in minima discussione il parere specialistico circa la irrilevanza di fatto” della circostanza in questione, ossia il parere del CTU secondo cui, da un lato, le emergenze strumentali delle suddette RX non erano tali da giustificare un differimento dell’escarectomia, e, tuttavia, dall’altro, un più tempestivo intervento di escarectomia “non avrebbe ridotto gli esiti cicatriziali residuati sul paziente.”

Tanto chiarito, la CTU ha rilevato che l’unico danno biologico (differenziale) causalmente riconducibile al colposo operato dei Sanitari è quello inerente l’errata scelta di non trasferire subito il paziente presso un centro regionale o interregionale specializzato nel trattamento dei grandi ustionati.

Al riguardo i Consulenti hanno richiamato le numerose fonti scientifiche in base alle quali, in ragione della percentuale del 20% di superficie corporea ustionata e alla tipologia e gravità delle ustioni presenti , la scelta dei Sanitari di non trasferire il paziente presso un centro specializzato “grandi ustionati” deve ritenersi connotata da negligenza e imprudenza, non potendo ravvisarsi in proposito (in base all’unica pubblicazione scientifica di segno difforme invocata dal CTP della convenuta) una rilevante “difformità di vedute tra specialisti del settore”, e non essendo evidentemente sufficiente replicare che l’intervento è stato eseguito in un ‘unità ospedaliera “che si occupa specificatamente delle ustioni ” da medici che “avevano le competenze, la capacità professionale e lo strumentario idoneo al trattamento di questa ustione in particolare”.

Per tali ragioni, osserva il Tribunale, i CTU hanno correttamente eseguito il calcolo del danno differenziale basandosi sul dato obiettivo relativo al miglior risultato conseguito dal paziente all’esito del trattamento eseguito dai sanitari dell’Ospedale S. Eugenio di Roma a carico delle regioni posteriori degli arti inferiori (rispetto a quello ottenuto dal paziente con l’intervento eseguito dai sanitari dell’Ospedale di Terni sulle “regioni anteriori” dei medesimi arti), dimostrativo delle elevate probabilità che – per una serie di fattori, quali la migliore manualità dei medici operanti presso un centro altamente specializzato , l’applicazione di particolari protocolli, e la sorveglianza e la struttura degli ambienti reperibili presso un tale centro – il paziente avrebbe beneficiato, nelle medesime proporzioni, di un migliore trattamento anche all’esito del primo intervento ove eseguito presso il Centro specializzato romano.

Per tali motivi il danno biologico differenziale viene quantificato in 15 gg di invalidità temporanea assoluta; giorni 20 di invalidità temporanea parziale al 75%; giorni 20 di invalidità temporanea parziale al 50% e maggior invalidità permanente nella misura del 7%.

Per la relativa liquidazione, trattandosi di danno iatrogeno differenziale, viene assunta come percentuale di invalidità quella effettivamente risultante, alla quale viene sottratto quanto indicato in tabella per la percentuale di in validità comunque ineliminabile e perciò non riconducibile alla responsabilità del sanitario.

In altri termini, viene calcolata la differenza tra il valore monetario per l’invalidità complessivamente accertata del 16% e quello corrispondente all’invalidità del 23% preesistente al trattamento del medico e/o indipendente dalla sua condotta colposa.

Vengono applicate le Tabelle milanesi poiché contengono tutte le componenti non patrimoniali del danno, ivi compreso il danno morale e si addiviene all’importo di euro 3.920,00 per l’invalidità temporanea e a euro 41.668,00 per invalidità permanente.
Respinta, invece, la invocata personalizzazione del danno in quanto “non è stata raggiunta la prova (secondo il criterio del “più probabile che non”) che l’esecuzione del primo intervento presso un Centro Grandi Ustionati avrebbe consentito al paziente non solo di ottenere un miglior risultato finale, ma anche di patire minori sofferenze durante l’intervento o dopo lo stesso o di riportare un minor danno estetico.”

In conclusione, il Tribunale condanna l’Azienda ospedaliera al pagamento in favore dell’attore della somma complessiva di euro 45.588,00, oltre spese di lite, di CTU e di CTP.

Lascia un po’ perplessi la decisione qui a commento nella parte motivazionale in cui viene respinta la personalizzazione del danno.

Premesso che non si conosce in che termini il paziente danneggiato abbia argomentato tale posta risarcitoria, la motivazione addotta dal Tribunale pare non cogliere nel segno.

La personalizzazione in aumento del danno non patrimoniale non costituisce un automatismo, ma richiede l’individuazione – appunto da parte del Giudice – di specifiche circostanze peculiari al caso concreto, che valgano a superare le conseguenze ordinarie già compensate dalla liquidazione forfettizzata tabellare.

L’ormai noto intervento della Cassazione (28988/2019) sui presupposti in presenza dei quali deve essere concessa la personalizzazione del danno a seguito di un danno alla salute.

Innanzitutto, la quantificazione del risarcimento come stabilita dalla legge oppure dalle tabelle giurisprudenziali può essere aumentata soltanto se nel caso di specie sussistono delle conseguenze dannose che sono peculiari di quella fattispecie concreta: c.d. personalizzazione del risarcimento. Di converso, quelle conseguenze dannose che rientrano nella normalità e che hanno tutte le persone che subiscono quel tipo di lesione della salute non permettono di aumentare il risarcimento.

Detto in altri termini: nel caso in cui la incapacità di continuare a svolgere le consuete attività di vita o relazionali riguardi soltanto il danneggiato che chiede il risarcimento, il danno biologico dovrà essere aumentato attraverso la sua personalizzazione.

Avv. Emanuela Foligno

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