Usura psicofisica del lavoratore: negato il risarcimento invocato nei confronti del datore di lavoro per usura causata dai mancati riposi. (Cass. Civ., Sez. lav., Sentenza n. 41889 depositata il 29 dicembre 2021)

Usura psicofisica: La Corte d’Appello di Napoli respingeva l’appello di alcuni lavoratori avverso la sentenza del Giudice di primo grado, proposta nei confronti del Comune di Ercolano, al fine di ottenere il risarcimento del danno da usura psicofisica, derivata dal mancato godimento del riposo dopo sei giorni consecutivi di lavoro.

La Corte territoriale, sulla domanda proposta per usura psicofisica, ha premesso che gli appellanti, entrambi appartenenti al Corpo della Polizia Municipale, avevano prestato attività lavorativa con orario di lavoro articolato in turni, che prevedevano, sostanzialmente una volta ogni quattro settimane, il servizio anche nella giornata di domenica.

Ed ancora, ha precisato che qualora la protrazione della prestazione abbia fondamento normativo non vi è spazio per una pretesa risarcitoria, stante la legittimità dell’orario richiesto dal datore.

I dipendenti comunali ricorrono in Cassazione,  deducendo, tra gli altri, la violazione e falsa applicazione dell’art. 24 CCNL del 14.09.2000 per il personale del comparto Enti Locali e sottolineando come la Corte territoriale non avrebbe colto l’obiettivo dell’azione risarcitoria fondata sulla usura psicofisica derivante da «svolgimento dell’attività lavorativa nel giorno di domenica, destinato al riposo, dopo che la prestazione era già stata resa per sei giorni».

Evidenziano che qualora il riposo settimanale venga differito in un giorno diverso dalla domenica, si genera comunque usura psicofisica e quindi non rileva il godimento o meno del riposo compensativo perché questo interviene quando la fattispecie generatrice del danno è già perfetta. Ribadiscono, pertanto, che in relazione al lavoro prestato nella giornata di domenica dopo sei giorni consecutivi deve essere riconosciuto il risarcimento del danno in ragione della violazione dell’art. 36 Cost. e art. 2109 c.c..

Sostengono, inoltre, che in caso di mancato godimento del riposo, il danno da stress, correlato all’inadempimento del datore di lavoro, deve essere presunto perché pregiudizio, da non confondere con il danno biologico, è in re ipsa e deriva dalla lesione di un diritto inviolabile della personalità che ha diretta copertura costituzionale.

La doglianza è infondata.

La Corte di Cassazione ribadisce che «la speciale disciplina dettata dall’art. 22 CCNL 2000 compensa interamente il disagio che deriva dall’articolazione dell’orario, a condizione che risulti rispettato il limite massimo settimanale, sicchè l’applicazione dell’art. 24 dello stesso contratto, che riguarda l’attività prestata in giorno festivo, resta limitata ai casi in cui si verifichi un’eccedenza rispetto al normale orario di lavoro assegnato al turnista, ossia qualora, in via eccezionale ovvero occasionale, al lavoratore venga richiesto di prestare la propria attività nella giornata di riposo settimanale che gli compete in base al turno assegnato».

Nel caso esaminato, la Corte territoriale ha correttamente richiamato il suddetto orientamento, accertando anche il fatto che ai ricorrenti fosse stata data, da parte del Comune, la maggiorazione prevista dall’art. 22 CCNL.

Qualora la fruizione del risposo avvenga oltre il settimo giorno, ma nel rispetto della disciplina contrattuale e normativa inerente la specifica organizzazione del tempo di lavoro, al lavoratore, ferma la necessità di assicurare il riposo compensativo, per l’attività lavorativa svolta nel settimo giorno sarà dovuta solo la maggiorazione del compenso prevista dalle parti collettive, in ragione della maggiore gravosità del lavoro prestato.

La risarcibilità del danno da usura psicofisica, invece, presuppone che la prestazione nel settimo giorno sia stata resa in assenza di previsioni legittimanti ed in violazione dell’art. 36 Cost. e art. 2109 c.c., perché solo in tal caso la perdita definitiva del riposo settimanale è di per sé produttiva di danno, che può essere liquidato in via equitativa, a prescindere dalla prova del pregiudizio subito.

Questo danno in nessun caso può essere ritenuto presuntivamente sussistente e deve essere dimostrato sia nella sua sussistenza e sia nel suo nesso eziologico, a prescindere dalla presunzione di colpa insita nella responsabilità nascente dall’illecito contrattuale.

Pertanto, nessun rilievo viene mosso nei confronti della Corte territoriale che ha escluso il risarcimento avendo verificato, da un canto, che erano state corrisposte le maggiorazioni contrattualmente spettanti in relazione all’articolazione dei turni su giorni festivi ed al protrarsi del lavoro al settimo giorno con slittamento del riposo compensativo e, dall’altro, avendo constatato che nessuna allegazione e prova era stata fornita dal lavoratore sui danni asseritamente riportati.

La Suprema Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio.

Avv. Emanuela Foligno

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