di Emanuela Foligno, Carmelo Galipò, Carmelo Marmo – Primo capitolo

L’argomento che tratteremo, il cui percorso progettuale vi abbiamo presentato in precedenza, riguarda il tema dello studio del nesso causale delle malattie professionali, la cui criteriologia si è evoluta nel tempo, a seguito di modifiche ed integrazioni normative e del lavorìo giurisprudenziale, sempre con maggiore apertura all’indennizzo, fino alla emanazione della Sentenza della Corte Costituzionale n. 179 del 1988, che ha aperto la possibilità di ammissione all’indennizzo non solo per le infermità direttamente ed esclusivamente causate dalla attività lavorativa ma anche per quelle concausate, cioè dove, nel determinismo della tecnopatia, siano intervenute concause extralavorative, oltre le concause di ordine professionale, purché le concause di ordine professionale abbiano avuto un ruolo efficiente e determinante nell’insorgenza della infermità.

Nei successivi capitoli individueremo più precisi modelli interpretativi in questo settore della medicina legale previdenziale dove, il dibattito tra medici legali e giuristi, talvolta anche aspro e serrato, iniziato già prima della sentenza della Corte Costituzionale n. 179 del 1988, continua ancora oggi, anche a giudicare dal numeroso contenzioso giudiziario che sussiste in questo ambito.

Oggi in Italia vige il “sistema “misto“: cioè la coesistenza di tecnopatie “tabellate“, con presunzione legale di origine professionale e malattie “non tabellate“, senza “presunzione di origine professionale“.

Dobbiamo ricordare che l’assicurazione contro le malattie professionali è sorta anni dopo quella contro gli infortuni sul lavoro. Infatti, la Legge n. 80 del 1898 stabilì l’obbligo dell’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro. E l’Istituto Assicurativo fu organizzato in modo ben strutturato con il R.D. n. 264 del 1933 in pieno regime fascista con il nome di INFAIL. La tutela delle malattie professionali nacque più tardi rispetto all’assicurazione anti infortunistica. Il sistema della protezione assicurativa mediante “lista“ (tabella) storicamente venne introdotto in Germania nel 1910, adottato in Portogallo nel 1919 e, infine, recepito nella Convenzione OIL n. 18 del 1925 (l’O.I.L. è l’Ufficio Internazionale del Lavoro, conosciuto anche come BIT) che comprendeva solo tre malattie (un numero inferiore a quelle previste dalla normativa italiana del R.D. 928 del 1929 e cioè: intossicazione da piombo, intossicazione da mercurio, infezione carbonchiosa). Questo sistema “di lista“ fu introdotto nello stato italiano con il R.D. 928 del 1929, attuato con Regio Decreto n. 1565 del 5.10.1933 (però entrato in vigore solo il 1.1.1934 ed, agli effetti dell’indennizzo, dal 1.7.1934, in G.U. n. 279 del 2.12.1933) e comprendeva al suo esordio solo sei malattie quali intossicazioni croniche: da piombo, leghe e composti; da mercurio, amalgame e composti; da derivati aminici degli idrocarburi benzenici; l’anchylostomiasi (che era una parassitosi, l’unica malattia infettiva non considerata nel regime degli infortuni sul lavoro ma considerata malattia professionale fino a tutt’oggi con le più recenti Tabelle). Il sistema della lista, in modo automatico, quindi prevedeva una causa lavorativa diretta ed esclusiva. E d’altra parte, le patologie inizialmente facenti parte della lista erano dotate di caratteri clinici ed anatomo patologici caratteristici e dove non potevano sorgere molti dubbi sull’agente causale. Questo sistema “di lista“ fu introdotto nello stato italiano con il R.D. 928 del 1929, attuato con Regio Decreto n. 1565 del 5.10.1933 (però entrato in vigore solo il 1.1.1934 ed, agli effetti dell’indennizzo, dal 1.7.1934, in G.U. n. 279 del 2.12.1933) e comprendeva al suo esordio solo sei malattie quali intossicazioni croniche: da piombo, leghe e composti; da mercurio, amalgame e composti; da derivati aminici degli idrocarburi benzenici; l’anchylostomiasi (che era una parassitosi, l’unica malattia infettiva non considerata nel regime degli infortuni sul lavoro ma considerata malattia professionale fino a tutt’oggi con le più recenti Tabelle). La tabella indicava per ciascuna voce l’elenco delle lavorazioni nocive e, per l’anchilostomiasi, l’indicazione dei lavori pericolosi;erano poi indicati, per ciascuna voce, il periodo massimo di indennizzabilità e l’elenco delle manifestazioni morbose. Il R. D. n. 1565 del 5.10.1933 all’articolo 4 specifica che: “La manifestazione della malattia si considera verificata nel primo giorno di completa astensione dal lavoro a causa della malattia. Se la malattia si manifesta dopo che l’operaio ha cessato di prestare la sua opera nelle lavorazioni comprese nell’obbligo di assicurazione, essa si considera verificata nel giorno in cui viene presentato all’istituto assicuratore il certificato di cui all’articolo 12”. L’articolo 12 specificava che il certificato medico di cui all’articolo 4 doveva essere presentato dal medico curante dell’operaio o dal medico all’uopo incaricato dal datore di lavoro a visitare l’operaio e doveva contenere una relazione particolareggiata della sintomatologia accusata dall’operaio e di quella rilevata dal medico certificante. Le malattie professionali erano le seguenti, elencate in una prima colonna (malattia) a cui corrispondeva una seconda colonna (manifestazioni morbose). E così le elenchiamo collocando in primis la malattia (corrispondente alla prima colonna della tabella) e successivamente tra parentesi le manifestazioni morbose relative (corrispondenti alla seconda colonna della tabella): 1) Intossicazione da piombo, sue leghe e composti, con le conseguenze dirette di tale intossicazione (anemia saturnina, arteriosclerosi, cardiopatie, di origine saturnina; colica saturnina; encefalopatie saturnine; lesioni oculari di origine saturnina; mialgie, artralgie, gotta, di origine saturnina; nefrite saturnina; paralisi saturnine); 2) Intossicazione da mercurio, sue amalgame e composti, con le conseguenze dirette di tale intossicazione (anemia mercuriale, stomatite, gastroenterite, di origine mercuriale; tremori, paralisi, psicosi, di origine mercuriale); 3) Intossicazione da fosforo bianco (giallo), con le conseguenze dirette di tale intossicazione (fosforismo generale con disturbi dell’apparato digerente, con anemia, da intossicazione generale da fosforo; necrosi fosforica del mascellare altre affezioni fosforiche delle ossa); 4) Intossicazione da solfuro di carbonio, con le conseguenze dirette di tale intossicazione (anemia da solfocarbonismo; psicosi, nevriti, paralisi, da solfocarbonismo); 5) Intossicazione da benzolo e omologhi, da derivati nitrati e clorati del benzolo e omologhi, con le conseguenze dirette di tale intossicazione (anemia da benzolo e omologhi; anemia da derivati nitrati e clorati del benzolo e omologhi; emorragie cutanee, mucose, parenchimatose – metrorragie nelle donne – da benzolo e omologhi; nevriti da benzolo e derivati nitrati e clorati e omologhi); 6) Anchilostomiasi (anemia da anchilostomiasi; turbe gastrointestinali da anchilostomiasi). Quindi in totale si trattava di sei malattie professionali. Il 21 giugno 1934 l’O.I.L. adottò la Convenzione n. 42, con la quale venne sottoposta a revisione la lista delle malattie professionali proposte per la tutela obbligatoria, che venivano elevate a dieci (la silicosi anche associata a tubercolosi, il fosforismo, intossicazioni croniche: da piombo, leghe e composti; da mercurio, amalgame e composti; da benzolo ed omologhi, loro derivati nitrati ed aminici; da derivati alogenati degli idrocarburi alifatici; carbonchio; malattie da radium e sostanze radioattive e da raggi X; epitelioma primitivo della pelle da catrame, bitume, degli olii minerali, della paraffina o dei composti, prodotti o residui di essi). Il medico legale Lorenzo Borri, in occasione del quinto congresso di medicina del lavoro, che si svolse nel 1922, aveva sostenuto la tesi che la “causa virulenta“ si identificasse con la “causa violenta“ e quindi le malattie infettive (come il carbonchio, considerato malattia professionale in altre legislazioni) furono considerate (con l’eccezione che abbiamo già ricordato dell’anchylostomiasi) infortuni sul lavoro. E pertanto con la Legge n. 1305 del 2.8.1952 l’Italia ratificava la suddetta Convenzione n. 42 del 21.8.1934 dell’O.I.L. che all’articolo 2 reca il nuovo elenco delle malattie professionali dell’industria. Pertanto le Tabelle delle Malattie Professionali relative all’Industria erano così costituite, ad eccezione della presenza in esse dell’infezione carbonchiosa (sempre con strutturazione di due colonne: nella prima colonna l’elenco delle malattie e delle sostanze tossiche, nella seconda colonna l’elenco delle professioni, industrie o procedimenti lavorativi corrispondenti, che noi nella sequenza riporteremo tra parentesi). E così: 1) Intossicazione da piombo, suoi amalgami o suoi composti, con le conseguenze dirette di questa intossicazione (trattamento dei minerali contenenti piombo, ivi comprese le ceneri di piombo mischiate a zinco; fusione dello zinco vecchio e del piombo “en saumon”; fabbricazione di oggetti piombo fuso o in amalgame piombifere; industrie poligrafiche; fabbricazione dei composti del piombo; fabbricazione e riparazione di accumulatori; preparazione ed uso di “ emaux “ contenenti piombo; pulizia a mezzo di limatura di piombo o di polveri piombifere; lavorazioni di verniciatura comportanti la preparazione o la manipolazione di intonaci, mastici o tinte contenenti pigmenti di piombo); 2) Intossicazione da mercurio, sue amalgame e suoi composti, con le conseguenze dirette di questa intossicazione (trattamento dei minerali di mercurio; fabbricazione di composti del mercurio; fabbricazione di apparecchi di misura o di laboratori; preparazione di materie prime per la cappelleria; doratura a fuoco; uso di pompe a mercurio per la fabbricazione di lampade a incandescenza; fabbricazione di denotatori per esplosivi a mercurio); 3) Infezione carbonchiosa (operazioni a contatto con animali affetti da carbonchio; manipolazione di carcasse di animali; carico, scarico o trasporto di merci); 4) Silicosi con o senza tubercolosi polmonare, purchè la silicosi sia una causa determinante dell’invalidità o della morte (le industrie o i procedimenti riconosciuti dalla legislazione nazionale come comportanti l’esposizione al rischio di silicosi); 5) Intossicazione da fosforo o dai suoi composti con le conseguenze dirette di questa intossicazione (tutti i procedimenti comportanti la produzione, la liberazione, l’utilizzazione di fosforo o dei suoi composti); 6) Intossicazione da arsenico o dei suoi composti con le conseguenze dirette di questa intossicazione (tutti i processi comportanti la produzione, la liberazione o l’utilizzazione dell’arsenico o dei suoi composti); 7) Intossicazione da benzene o dai suoi omologhi, loro derivati nitrati e amine con le conseguenze dirette di questa intossicazione (tutti i processi comportanti la produzione, la liberazione o l’utilizzazione del benzene o dei suoi omologhi derivati nitrati e amine); 8) Intossicazioni dai derivati alogenati degli idrocarburi della serie grassa (tutti i processi comportanti la produzione, la liberazione o l’utilizzazione dei derivati alogenati degli idrocarburi della serie grassa, indicati dalla legislazione nazionale); 9) Affezioni patologiche dovute a: a) a radium ed alle altre sostanze radioattive; b) alle radiazioni ionizzanti (tutti i processi che espongono all’azione del radio, delle sostanze radioattive o delle radiazioni ionizzanti); 10) Epitelioma primitivo della pelle (tutti i processi comportanti la manipolazione o l’uso di catrame, di pece, di bitume, di olii minerali, di paraffina o dei composti, prodotti o residui di queste sostanze). Come può vedersi scomparivano dalla Tabella le manifestazioni cliniche causate dagli agenti patogeni.

Con la legge n. 455 del 12 aprile 1943 furono varati provvedimenti relativi alla silicosi ed all’asbestosi.

Con legge n. 1967 del 15 novembre 1952 fu integrata la tabella delle malattie professionali nell’industria nello Stato italiano.

Nel frattempo con Raccomandazione del 23 luglio 1962 della C.E.E. veniva compilata una lista europea delle malattie professionali. L’O.I.L., con Convenzione e Raccomandazione n. 121 del 17 giugno 1964, ha poi aggiornato la lista delle malattie professionali da sottoporre a tutela da parte dei Paesi membri. Per inciso va anche ricordato che con Raccomandazione del 27 luglio la C.E.E. ha dettato indicazioni sulla prevenzione delle malattie professionali inserite nella lista europea delle malattie professionali redatta, come detto sopra, con Raccomandazione del 23 luglio 1962. L’O.I.L. successivamente, il 3 giugno 1981, con Convenzione e Raccomandazione n. 164, dettava direttive concernenti l’igiene del lavoro e l’aggiornamento delle malattie professionali da sottoporre a tutela nei Paesi membri. La tutela delle malattie professionali relative all’Agricoltura si attua più tardivamente in Italia, con la Legge 21.3.1958 n. 313 (G.U. n. 91 del 15.4.1958) e con il D.P.R. 28.4.1959, n. 471. Infatti con la Legge 21 marzo 1958, n. 313, veniva applicato la prima lista delle malattie professionali nell’Agricoltura che erano in totale 7. La lista era suddivisa in tre colonne: nella prima colonna erano elencate le malattie, nella seconda colonna erano elencate le lavorazioni e nella terza colonna era riportato il periodo massimo di indennizzabilità dalla cessazione del lavoro. Quindi la Tabella delle malattie professionali dell’agricoltura nasceva direttamente senza l’elencazione delle manifestazioni cliniche come invece era accaduto per la Tabella delle malattie professionali dell’industria. Si espone di seguito la lista delle sette malattie riportando tra parentesi le lavorazioni e quindi il periodo di massima indennizzabilità dalla cessazione dal lavoro. E così: 1) Anchilostomiasi, con le sue conseguenze dirette (lavoro in terreni irrigui ed argillosi – un anno); 2) Malattie causate da arsenico e composti, con le loro conseguenze dirette (manipolazione ed impiego come parassiticida della piante e dei prodotti agricoli – un anno); 3) Malattie causate da composti del mercurio, con le loro conseguenze dirette (idem – un anno); 4) Malattie causate da solfuro di carbonio, con le loro conseguenze dirette (idem – un anno); 5) Malattie causate da fosforo e composti, con le loro conseguenze dirette (idem – un anno); 6) Malattie causate da derivati clorurati degli idrocarburi (idem – un anno); 7) Malattie causate da fenoli e cresoli (idem – un anno). Frattanto in Italia il 30 giugno 1965 era stato approvato il D.P.R. n.1124 (Testo Unico per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro e le Malattie Professionali) che comprendeva due Tabelle per le malattie professionali (una relativa all’Industria con 40 voci ed una relativa all’agricoltura con 7 voci) organizzate in tre colonne. Nella prima colonna erano indicate le “Malattie causate da …….. , con le loro conseguenze dirette“; nella seconda colonna erano indicate “Le lavorazioni che espongono all’azione di …….. ); nella terza colonna era indicato il “Periodo massimo di indennizzabilità dalla cessazione del lavoro“. Successivamente, con il D.P.R. n. 482 del 9 giugno 1975, l’elenco delle malattie professionali obbligatoriamente protette in Italia si è adeguato alla lista europea delle malattie professionali, comprendendo 49 malattie professionali per l’industria e 21 malattie professionali per l’agricoltura. La struttura dell’impianto tabellare è rimasto il medesimo (tre colonne, come sopra). Già in quest’ultima versione tabellare compariva in terza colonna, relativamente al “Periodo massimo di indennizzabilità dalla cessazione del lavoro“ il termine di 30 anni in caso di manifestazioni neoplastiche, che nella versione precedente, era limitato a 10 anni. In coerenza con la dicitura di cui alla prima colonna delle Tabelle delle malattie professionali “…., con le loro conseguenze dirette“, che noi, anche sopra, abbiamo evidenziato, l’articolo 133 del Testo Unico ( D.P.R. n. 124 del 30.6.1965 ) recitava: “La tutela assicurativa contro le malattie professionali non comprende le conseguenze non direttamente connesse alle malattie stesse“.

Abbiamo introdotto l’argomento con questo escursus storico delle malattie professionali ai fini di verificare in che modo l’assicurazione previdenziale è partita da presupposti di “causalità diretta ed esclusiva“, delle “malattie tabellate“ per approdare, anche in considerazione di un notevole contenzioso giudiziario, al concetto di “concausa efficiente e determinante“, introdotto dalla interpretazione della Sentenza n. 179 /1988 della Corte Costituzionale e dalle numerose sentenze giurisprudenziali, anche della Corte di Cassazione Civile Sezione Lavoro, che si sono succedute nel tempo tali da indurre, in epoca successiva, il legislatore ad introdurre all’articolo 10 del Decreto Legislativo n. 38 /2000, al quarto comma, questa dicitura: “Fermo restando che sono considerate malattie professionali anche quelle non comprese nelle tabelle di cui al comma 3 delle quali il lavoratore dimostri l’origine professionale, l’elenco delle malattie di cui all’articolo 139 del testo unico conterrà anche liste di malattie di probabile e di possibile origine lavorativa, da tenere sotto osservazione ai fini della revisione delle tabelle delle malattie professionali di cui agli articoli 3 e 211 del testo unico. Gli aggiornamenti dell’elenco sono effettuati con cadenza annuale con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale su proposta della commissione di cui al comma 1. La trasmissione della copia della denuncia di cui all’articolo 139, comma 2, del testo unico e successive modificazioni e integrazioni, è effettuata, oltre che alla azienda sanitaria locale, anche alla sede dell’istituto assicuratore competente per territorio“.

Leggi qui la seconda parte

Leggi anche:

Malattia professionale, nesso di causalità e probabilità qualificata

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