di Emanuela Foligno, Carmelo Galipò, Carmelo Marmo – Primo capitolo – segue dalla prima parte

Malattia professionale: il dibattito tra i sostenitori della “causa lavorativa diretta ed esclusiva“ ed i sostenitori della “concausa lavorativa efficiente e determinante“, concetto mutuato dagli articoli 40 e 41 del Codice Penale Italiano (poiché non è dato da ravvisarsi nel Codice Civile un riferimento al nesso causale), non è spento e continua ad animare le controversie nelle aule giudiziarie. Se, infatti, anche l’articolo 10 del Decreto Legislativo n. 38/2000 ha confermato la decisione della Corte Costituzionale 179/1988, anche su sprone della Commissione Bicamerale Smuraglia (relazione del Senato del 1997), e la lettera circolare a firma del Direttore Generale dell’INAIL (Istruzione operativa del 16 febbraio 2006, Prot. n. 7876 Bis “Criteri da seguire per l’accertamento della origine professionale delle malattie denunciate”) hanno individuato una metodologia medico legale rispettosa della sentenza della Corte Costituzionale n. 179/ 1988, continua a manifestarsi un notevole contenzioso che, in parte, è dovuto alla denuncia di casi di tecnopatie la cui origine lavorativa è completamente aleatoria, ed, in parte, è dovuto invece ad una non accettazione, da parte di molti medici legali, che, oggigiorno, scomparse quasi del tutto le patologie tipiche da lavoro (mercurialismo, saturnismo, solfocarbonismo, e via di seguito), gli studi epidemiologici hanno messo in rilievo l’esistenza di patologie più semplici (come quelle, da postura, da movimenti ripetitivi, da movimentazione carichi) e complesse (come i tumori professionali) in cui è ben difficile – diremmo meglio: impossibile – effettuare una netta cesura tra cause (concause) extraprofessionali (siano esse costituzionali, genetiche, ambientali, di stile di vita, etc.) e cause (concause) professionali, ma la cui origine anche lavorativa è altamente probabile, quando non certa. Né è possibile da un punto di vista scientifico identificare, in valori percentuali, la responsabilità di tale o tale altra concausa nel determinismo di una infermità (come iniziò ad effettuare la Magistratura, utilizzando apodittiche conclusioni di consulenti tecnici di ufficio in ambito di responsabilità professionale medica, e come ha anche fatto l’Ente Assicuratore mediante affermazioni circa l’ammissione all’indennizzo qualora la concausa lavorativa superi il cinquanta per cento di probabilità per le malattie da postura e da movimenti ripetitivi degli arti superiori e del cinquantesimo percentile in ambito di ammissione all’indennizzo per i tumori radioindotti secondo l’algoritmo della “probability of causation”).

E questo nostro giudizio di non corretta metodologia dello studio del nesso causale, alla luce dell’assetto normativo e giurisprudenziale, trova poi anche conferma nella biologia, considerando che, nella scienza medica, ogni caso clinico non è mai uguale ad un altro. D’altra parte sussistono due ordini di motivi, fatti propri anche dalla Magistratura Civile del Lavoro, e cioè: il criterio del ragionamento controfattuale (se in assenza di una determinata concausa – qui lavorativa – tale patologia non si sarebbe mai verificata, oppure si sarebbe verificata in epoca successiva) ; il criterio della sussunzione secondo leggi scientifiche che, ovviamente, la giurisprudenza non può ignorare (per cui un evento patologico non deve essere esaminato mai al di fuori delle conoscenze scientifiche ma tenendo presente che i dati statistici – epidemiologici si riferiscono a situazioni di ordine generale e non a casi particolari che si verificano di volta in volta e che devono tenere nel debito conto le situazioni del singolo e concreto caso clinico). E, d’altra parte, la voce ufficiale dell’INAIL, cioè la lettera circolare del 16. 2.2006 a firma del Direttore Generale dell’Ente, sopra citata, così conclude: “Omissis. Sul piano operativo, da quanto sopra consegue che: 1) nel caso in cui risulti accertato che gli agenti patogeni lavorativi siano dotati di idonea efficacia causale rispetto alla malattia diagnosticata, quest’ultima dovrà essere considerata di origine professionale, pur se sia accertata la concorrenza di agenti patogeni extralavorativi (compresi quelli genetici) dotati anch’essi di idonea efficacia causale, senza che sia rilevante la maggiore o minore incidenza nel raffronto tra le concause lavorative ed extralavorative; 2) se gli agenti patogeni lavorativi, non dotati di autonoma efficacia causale sufficiente a causare la malattia, concorrono con fattori extralavorativi, anch’ essi da soli non dotati di efficacia causale adeguata, e operando insieme, con azione sinergica e moltiplicativa, costituiscono causa idonea della patologia diagnosticata, quest’ultima è da ritenere di origine professionale. In questo caso, infatti, l’esposizione a rischio di origine professionale costituisce fattore causale necessario, senza il quale l’evento non avrebbe potuto determinarsi (ad es. tumore del polmone in soggetto fumatore esposto a rischio lavorativo da amianto); 3) quando gli agenti patogeni lavorativi, non dotati di sufficiente efficacia causale, concorrano con fattori extralavorativi dotati, invece, di tale efficacia, è esclusa l’origine professionale della malattia“.

E’ vero che, comunque, in ambito di malattie professionali non da causa diretta ed esclusiva (come abbiamo già scritto: il mercurialismo, il saturnismo, il solfocarbonismo, etc.), ma da concause multiple (professionali, non professionali come concause costituzionali, genetiche, ambientali, di stile di vita, etc.), una volta stabilita l’origine professionali oppure anche professionale di una patologia permangono – e non può essere altrimenti – dubbi che, talvolta, sono molto seri. Angelo Fiori, nella sua lezione magistrale, in occasione del Sesto Convegno di Medicina Legale Previdenziale nel 2006, ha, a questo ultimo riguardo, scritto “I giudizi probabilistici sono prevalenti ma anch’essi gravati da forti incertezze, spesso non esplicitate lealmente dai periti che di frequente scelgono la strada pericolosa di conclusioni apodittiche, fonte di errori giudiziari. Nell’ambito previdenziale la prevalenza del dovere di tutela privilegiata degli assicurati deve lasciare il posto a criteri di maggiore larghezza e di ragionevolezza (in dubio pro misero), gli stessi che molti anni orsono Amedeo Dalla Volta proponeva nel suo insuperato Trattato di Medicina Legale affermando l’elementare principio secondo cui gli esposti ai molteplici rischi di tecnopatia non è giusto paghino il prezzo delle insufficienze della scienza biomedica“.

Siamo partiti, quindi, dalla “causalità lavorativa diretta ed esclusiva“ di una malattia tabellata per pervenire ad una “concausalità lavorativa efficiente e determinante“ anche nell’ambito di patologia “non tabellate“.

Dal punto di vista giuridico, prima di scandagliare le numerose decisioni di legittimità, ordito del diritto vivente, è necessario partire dalla nozione di nesso di causalità e di rischio lavorativo.

In termini generali il nesso di causa rappresenta il legame eziologico tra un dato evento, sia esso originato da un’azione umana, sia esso naturale, ed il prodursi di una determinata conseguenza rilevante per l’ordinamento giuridico.

Per la definizione di rischio lavorativo ci serviamo dell’art. 2, lettera s del D. Lgs. 81/08 che definisce il rischio nel seguente modo: “probabilità di raggiungimento del livello potenziale di danno nelle condizioni di impiego o di esposizione ad un determinato fattore o agente oppure alla loro combinazione”. Si tratta, quindi, di un termine che richiama una nozione probabilistica, in quanto esprime appunto la probabilità che si verifichi un evento in grado di causare un danno alle persone.

Cristallizzate le definizioni dei nostri due concetti chiave, appare interessante riassumere quelli che secondo l’INAIL costituiscono i “Criteri di massima per l’attribuzione del nesso di causa”.

Il Gruppo di lavoro “Formazione del progetto MALPROF” (*) ha cristallizzato in maniera chiara la procedura per l’attribuzione del nesso di causa:

Il Servizio acquisisce la documentazione inerente la malattia professionale attraverso: – il certificato di sospetta malattia professionale od il referto direttamente trasmesso dai medici certificatori (medici di base, specialisti ospedalieri o ambulatoriali, medici competenti, ecc.), dai medici dell’INAIL, dall’Autorità giudiziaria, ecc; – indagini svolte dal Servizio; – iniziative di ricerca attiva, messe direttamente in campo dagli operatori dei Servizi. In seguito alla segnalazione di malattia professionale il Servizio può: – attivare l’indagine di malattia professionale; – non attivare l’indagine. Se non viene attivata l’indagine, il Servizio potrà acquisire gli elementi utili alla definizione del nesso di causa attraverso le informazioni presenti nel certificato o nel referto di malattia professionale, eventualmente integrate da ulteriori informazioni richieste dai medici del Servizio al medico certificatore. Il modello prevede che l’espressione del giudizio di probabilità sul nesso di causa fra esposizione lavorativa ad uno o più fattori di rischio e malattia professionale sia subordinata ad una preliminare valutazione della documentazione (anamnesi lavorativa e accertamenti diagnostici) inerente la malattia professionale acquisita dagli operatori sanitari del Servizio. Solo in seguito alla formulazione di un giudizio complessivo sulla qualità dei dati disponibili potrà essere assegnato il nesso di causa fra la patologia e l’esposizione al rischio lavorativo. Quest’ultimo può essere espresso secondo quattro modalità: altamente probabile, probabile, improbabile o altamente improbabile. L’assegnazione del nesso di causa deriverà dal giudizio qualitativo sull’anamnesi e la diagnosi; si potranno avere tre possibilità: – espressione della valutazione sul nesso di causa secondo quattro modalità (altamente probabile, probabile, improbabile o altamente improbabile);– espressione della valutazione sul nesso di causa secondo due sole modalità (probabile o improbabile); – sospensione del giudizio sul nesso di causa, quando le informazioni disponibili sono molto incomplete. La procedura di attribuzione del nesso di causa può essere distinta in due fasi: I^ fase: verifica della qualità delle informazioni disponibili; II^ fase: assegnazione del nesso di causalità.”

Per quanto qui di stretto interesse, sulla assegnazione del nesso di causalità, il Gruppo di lavoro evidenzia che il giudizio di probabilità del nesso di causalità si fonda su due elementi:

1.l’attività lavorativa svolta dal lavoratore, descritta attraverso l’anamnesi lavorativa, che può essere: – effettivamente correlata alla patologia; – non correlata alla patologia; 2. la diagnosi della patologia, di cui il lavoratore è affetto, che può essere: – positiva: se il medico del Servizio riscontra la diagnosi di malattia; – negativa: se il medico del Servizio non rileva alcuna malattia. Si potranno quindi avere le seguenti possibilità di nesso di causa: 1. Anamnesi completa e correlata, diagnosi affidabile: sono presenti tutti gli elementi anamnestici ritenuti necessari per l’assegnazione del nesso. I dati anamnestici disponibili risultano convergere verso un’effettiva esposizione lavorativa correlata alla patologia lamentata; la diagnosi è affidabile, cioè rispetta il Gold Standard della letteratura scientifica. In tal caso non vi è difficoltà ad assegnare un nesso di causalità altamente probabile. Può essere questo il caso di una ipoacusia da rumore (diagnosticata attraverso un esame audiometrico in cabina silente con il rispetto del risposo acustico e l’esplorazione della via ossea, con eventuale supporto di esame impedenziometrico) in soggetto dalla cui anamnesi lavorativa si desume un’esposizione a rumore superiore a 85 dBA per numerosi anni (attestata mediante il documento di valutazione del rumore), in comparti lavorativi a rischio. Vi può essere il caso, tuttavia, che in presenza degli stessi elementi anamnestici e diagnostici, non si possa esprimere un nesso altamente probabile in quanto i dati disponibili in letteratura riportano delle incertezze riguardo la correlazione della patologia con una determinata attività lavorativa; in questo caso il nesso verrà espresso come probabile. 2. Anamnesi completa e correlata, diagnosi dubbia: anche in questo caso sono presenti tutti gli elementi anamnestici ritenuti necessari per l’assegnazione del nesso e i dati anamnestici disponibili dimostrano una correlazione con la malattia, ma la diagnosi non è di certezza; in questo caso il nesso di causalità assegnato potrà essere probabile. Questo è il caso di un operaio di un salottificio con mansione di tappezziere assemblatore. I dati relativi alla sua esposizione lavorativa sono certi (in quanto supportati ad esempio anche da un’adeguata valutazione dei rischi con il metodo OCRA) e sono indicativi per una esposizione a rischio da movimenti ripetuti degli arti superiori controresistenza. La diagnosi di Sindrome del tunnel carpale però appare dubbia, in quanto non supportata adeguatamente da ecografia o elettromiografia. 3. Anamnesi incompleta, correlata e diagnosi affidabile: gli elementi anamnestici disponibili non possono essere giudicati completi in quanto sono carenti di alcune informazioni ritenute indispensabili. I dati disponibili risultano comunque suggestivi per una correlazione della patologia lamentata con l’esposizione lavorativa. È il caso dello stesso soggetto del punto 1 con ipoacusia da rumore (diagnosticata attraverso un esame audiometrico in cabina silente con il rispetto del risposo acustico e l’esplorazione della via ossea, con eventuale supporto di esame impedenziometrico), che ha lavorato in un comparto e con una mansione a rischio (ad esempio addetto alla sega elettrica in una segheria), ma non si ha la disponibilità di una valutazione del rumore e del periodo di esposizione. In questo caso ci si potrebbe esprimere per un nesso probabile. 4. Anamnesi incompleta, correlata e diagnosi dubbia: analogamente se non fossero presenti tutti gli elementi necessari per una diagnosi affidabile e l’anamnesi lavorativa, pur non completa, fosse comunque suggestiva di una esposizione a rischio, il nesso sarà prudenzialmente espresso come probabile. 5. Anamnesi completa, non correlata e diagnosi affidabile: se l’operaio della segheria, pur in presenza di una diagnosi affidabile di ipoacusia da rumore, dai dati anamnestici completi ed esaustivi a nostra disposizione, non risulta esposto a rumore per la sua specifica mansione lavorativa, si esprimerà una valutazione di nesso altamente improbabile. Vi può essere il caso, tuttavia, che in presenza degli stessi elementi anamnestici e diagnostici, non si possa esprimere un nesso altamente improbabile in quanto i dati disponibili in letteratura riportano un’elevata correlazione della patologia con quella attività lavorativa; in questo caso il nesso verrà espresso come improbabile. 6. Anamnesi completa, non correlata e diagnosi dubbia: questo è il caso di cui sopra, quando anche gli elementi in favore della diagnosi di ipoacusia da rumore sono carenti: il nesso sarà valutato come improbabile. 7. Anamnesi incompleta, non correlata e diagnosi affidabile: gli elementi disponibili non risultano esaustivi rispetto alle informazioni ritenute necessarie. I dati non sono peraltro indicativi per una correlazione della patologia lamentata con l’attività lavorativa. Continuando con lo stesso esempio, il lavoratore in questione, pur operando nella segheria effettua un lavoro di tutt’altra natura (ad esempio si occupa del magazzino prodotti finiti) per il quale non disponiamo della valutazione del rumore e della durata dell’esposizione. Le informazioni a disposizione risultano quindi incomplete e non indicative e, pertanto, il nesso di causalità potrà essere definito come improbabile. 8. Anamnesi incompleta, non correlata e diagnosi dubbia: in questo caso i dati risultano incompleti e non correlati con l’attività lavorativa mentre la diagnosi non è completa di tutti gli elementi necessari. In questo caso, la scarsa disponibilità ed adeguatezza delle informazioni in nostro possesso, non ci consente di attribuire un nesso altamente improbabile, ma solo improbabile. 9. Sintomi e segni: il medico certificatore segnala l’ipotesi che la presenza di sintomi o segni sia correlabile al lavoro (o ad esempio in conseguenza di attività di ricerca attiva messa in atto dal Servizio), come il caso di una lombalgia segnalata in un addetto portuale allo scarico merci. Se le indicazioni anamnestiche sono complete e fortemente correlate all’attività lavorativa, si potrà esprimere un nesso altamente probabile. Queste situazioni possono essere indicate come eventi sentinella, per i quali potrebbe essere opportuno mettere in campo iniziative mirate di prevenzione. Vi può essere il caso, tuttavia, che in presenza delle stesse informazioni, non si possa esprimere un nesso altamente probabile in quanto i dati disponibili in letteratura riportano delle incertezze riguardo la correlazione del sintomo o segno con una determinata attività lavorativa; in questo caso il nesso verrà espresso come probabile. Ad esempio, può essere il caso di una segnalazione di ipertensione arteriosa in un lavoratore esposto a rumore. Quando non abbiamo notizie complete per correlare la lombalgia del portuale sopra richiamato con l’attività lavorativa, ad esempio non siamo in grado di risalire a un dato relativo alla durata della sua attività lavorativa ed al peso dei carichi che vengono movimentati, però l’attività è allo stesso tempo fortemente suggestiva, giudicheremo il nesso probabile. Se i dati anamnestici sono completi ed esaustivi e allo stesso tempo escludono chiaramente l’esposizione al rischio (il nostro portuale svolge saltuariamente l’attività di autista di camion che non si occupa direttamente delle operazioni di carico e scarico del suo mezzo, e per il resto svolge la funzione di operatore al PC in magazzino merci), il nesso sarà altamente improbabile. Vi può essere il caso, tuttavia, che in presenza degli stessi elementi anamnestici e degli stessi sintomi o segni, non si possa esprimere un nesso altamente improbabile in quanto i dati disponibili in letteratura riportano un’elevata correlazione di quest’ultimi con quella attività lavorativa; in questo caso il nesso verrà espresso come improbabile. Infine in caso di una lombalgia per la quale i dati anamnestici a disposizione risultano non correlati, ma allo stesso tempo incompleti, per cui non si può del tutto escludere che gli elementi mancanti potrebbero indicare una maggiore correlazione, ci si esprime prudenzialmente per un nesso improbabile (in attesa di un’ulteriore eventuale approfondimento). 10. Anamnesi inadeguata: nel caso in cui mancano gli elementi diagnostici per potersi esprimere in termini di presenza o assenza del rischio lavorativo, essendo l’anamnesi fortemente carente, il nesso non potrà essere assegnato (nesso sospeso).”

(*) Gruppo di lavoro “Formazione” del Sistema Informativo sulle Malattie Professionali MALPROF Dr. Giuseppe Campo (INAIL Ricerca – DPO) Dr. Adriano Papale (INAIL Ricerca – DPO) Dr. Alberto Baldasseroni (ASF Toscana) Dr.ssa Patrizia Bodo (ASL 2 Perugia) Dr.ssa Antonella Ciani Passeri (ASF Toscana) Dr. Giorgio Di Leone (ASL 3 Bari) Dr. Antonio Di Noia Dr. Rocco Graziano (ASL Napoli 1) Dr.ssa Gabriella Madeo (Regione Umbria) Dr.ssa Maria Grazia Magliocchi Dr. Battista Magna (ASL Città di Milano) Dr. Stefano Mattioli (Università Bologna) Ing. Paolo Montanari (INAIL Ricerca – DPO) Dr.ssa Maria Presto (ASL Roma F).

Cos’è la malattia professionale?

La malattia professionale (spesso definita anche “tecnopatia”) è una patologia che il lavoratore contrae in occasione dello svolgimento dell’attività lavorativa e che è dovuta all’esposizione nel tempo a dei fattori presenti nell’ambiente e nei luoghi in cui opera.

Quando si parla di “occasione di lavoro” si intende che tra lo svolgimento dell’attività lavorativa in un determinato contesto e la patologia deve esserci un rapporto di causa-effetto, quello che viene tecnicamente definito come rapporto eziologico o nesso causale.

L’attuale assetto giurisprudenziale è granitico nel ritenere:

L’accertamento dell’inclusione nelle apposite tabelle sia della lavorazione che della malattia (purché insorta entro il periodo massimo di indennizzabilità) comporta l’applicabilità della presunzione di eziologia professionale della patologia sofferta dall’assicurato, con la conseguente insorgenza a carico dell’INAIL dell’onere di dare la prova di una diversa eziologia della malattia stessa e, in particolare, della dipendenza dell’infermità, nel caso concreto, da una causa extralavorativa oppure del fatto che la lavorazione, cui il lavoratore è stato addetto, non ha avuto idoneità sufficiente a cagionare la malattia, di modo che, per escludere la tutela assicurativa deve risultare rigorosamente ed inequivocabilmente accertato che vi è stato l’intervento di un diverso fattore patogeno, il quale, da solo o in misura prevalente, ha cagionato o concorso a cagionare la tecnopatia (conformi: Cassazione civ., sez. lav., ordinanza 05.09.2017, n. 20769; Cassazione civ., sez. lav., n. 23653 del 21.11.2016).

In altre parole, quando il lavoratore contrae una di queste malattie (tabellate) deve soltanto dimostrare di essere stato adibito ad una lavorazione collegata a quella specifica malattia per potere ottenere le prestazioni INAIL.

Il lavoratore, tuttavia, può contrarre anche altre malattie, non indicate nelle tabelle causate però sempre da fattori di rischio presenti nel luogo in cui questo prestava l’attività lavorative. In questa ipotesi, per poter ottenere le prestazioni INAIL, il lavoratore dovrà dimostrare che la malattia (non compresa nelle tabelle) trova la sua causa da elementi presenti nell’ambiente in cui ha lavorato. In termini tecnici si dice che il lavoratore è onerato della prova del nesso causale tra malattia e condizioni di lavoro (causa lavorativa diretta o efficiente).

Nei successivi Capitoli, che ci accingeremo a presentarvi (dove tratteremo separatamente le malattie professionali “ tabellate” e quelle “ non tabellate“), vedremo in che modo sia opportuno predisporre una istruttoria ed una relazione medico legale di una malattia professionale tabellata e non tabellata, corredate da elementi normativi e giuridici, tecnici, sanitari, bibliografici, di epidemiologia, per evitare la reiezione del caso denunciato e per fornire al legale di parte (paziente assicurato), in eventuale contenzioso, solide argomentazioni se siamo di parte attrice, per evitare inutile contenzioso se siamo dalla parte dell’Istituto Assicuratore, per offrire al Magistrato una ottima consulenza tecnica di ufficio, in qualità di suo ausiliario medico legale.

Leggi anche:

Malattia professionale, nesso di causalità e probabilità qualificata

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