Sinistro stradale causato da un cane randagio: all’automobilista viene negato il risarcimento.

Sinistro stradale causato da un cane randagio: non è possibile addebitare la responsabilità all’Anas proprietaria della strada.

Un cane randagio provoca un sinistro stradale: i Giudici di merito e la Suprema Corte respingono la responsabilità per custodia dell’Anas. (Cass. Civ., sez. VI – 3, Sentenza n. 765 pubblicata il 12 gennaio 2022).  

Secondo la tesi dell’automobilista danneggiato, l’evento è addebitabile all’ANAS in quanto ente proprietario della strada.

Tuttavia, entrambi i gradi di merito respingono la richiesta di risarcimento, adducendo che l’attraversamento del cane sulla sede stradale è valso a integrare gli estremi di un caso fortuito non prevedibile né evitabile dalla società proprietaria della strada.

Con sentenza del 23/9/2020 la Corte d’Appello di Catanzaro confermava la decisione di primo grado e rigettava la domanda proposta nei confronti dell’Anas di risarcimento dei danni subiti dall’attore a seguito di una collisione con un cane di grossa taglia verificatasi allorquando l’attore era in transito sulla strada statale.

Il ricorrente, in Cassazione, censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 2051 c.c., per avere la Corte Territoriale erroneamente omesso di rilevare come l’Anas avesse trascurato la manutenzione della sede stradale e la apposizione di recinzioni.

Le doglianze vengono ritenute infondate.

La responsabilità ex art. 2051 c.c., postula la sussistenza di un rapporto di custodia della cosa e una relazione di fatto tra un soggetto e la cosa stessa, tale da consentire il potere di controllarla, di eliminare le situazioni di pericolo che siano insorte e di escludere i terzi dal contatto con la cosa.

Per integrare tale responsabilità è necessario che il danno sia stato cagionato dalla cosa in custodia, assumendo rilevanza il solo dato oggettivo della derivazione causale del danno dalla cosa, mentre non occorre accertare se il custode sia stato o meno diligente nell’esercizio del suo potere sul bene.

Quanto ai criteri di accertamento del nesso causale, viene richiamato il consolidato orientamento di legittimità secondo cui:

– ai fini dell’apprezzamento della causalità materiale nell’ambito della responsabilità extracontrattuale, va fatta applicazione dei principi penalistici di cui agli artt. 40 e 41 c.p., sicché un evento è da considerare causato da un altro se, ferme restando le altre condizioni, il primo non si sarebbe verificato in assenza del secondo (c.d. teoria della condicio sine qua non);

– tuttavia, il rigore del principio dell’equivalenza delle cause, posto dall’art. 41 c.p. (in base al quale, se la produzione di un evento dannoso è riferibile a più azioni od omissioni, deve riconoscersi ad ognuna di esse efficienza causale), trova il suo temperamento nel principio di causalità efficiente – desumibile dal capoverso della medesima disposizione – in base al quale l’evento dannoso deve essere attribuito esclusivamente all’autore della condotta sopravvenuta ove questa condotta risulti tale da rendere irrilevanti le altre cause preesistenti, ponendosi al di fuori delle normali linee di sviluppo della serie causale già in atto.

Ne deriva che tutto ciò che non è prevedibile oggettivamente, ovvero tutto ciò che rappresenta un’eccezione alla normale sequenza causale, integra il caso fortuito, quale fattore estraneo alla sequenza originaria.

La Corte territoriale ha correttamente escluso l’esistenza di alcun obbligo in capo all’Anas di apporre recinzioni sulla strada ed ha considerato che la presenza di animali lungo il fondo stradale potesse considerarsi quale evento normalmente prevedibile o evitabile.

Inoltre, è da escludersi che la semplice presenza di una rete di contenimento sia idonea a evitare il passaggio di animali.

Pertanto, gli Ermellini confermano che l’invasione di un cane randagio sulla sede stradale costituisce una circostanza idonea a integrare gli estremi del caso fortuito, attesa l’oggettiva imprevedibilità e inevitabilità del fatto.

La redazione giuridica

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