La responsabile del sinistro causato da una manovra di svolta senza segnalazione viene condannata in sede penale alla pena di 2 mesi di reclusione e alla vittima viene attribuito un concorso colposo.
La manovra di svolta senza segnalazione
La mattina del 22 luglio 2016 l’autovettura Nissan di proprietà e condotta dall’imputata urtava il motociclo Piaggio Vespa condotto dalla persona offesa, che terminava la corsa vicino al margine sinistro della carreggiata, rispetto all’originario senso di marcia in direzione Portovenere.
I Vigili Urbani intervenuti sul posto raccoglievano le dichiarazioni di 2 automobilisti presenti che assistevano al fatto. Veniva accertato che l’imputata, che si trovava alla guida della propria autovettura incolonnata in direzione Portovenere, in corrispondenza del varco di accesso al controviale di sinistra, aveva impostato una manovra di svolta a sinistra senza assicurarsi di non creare intralcio o pericolo agli altri utenti della strada e senza attivare la freccia di direzione. Così facendo, collideva con la parte destra del motorino Piaggio che proveniva da dietro, nella stessa direzione dell’autovettura, e che stava effettuando una manovra di sorpasso a sinistra delle auto incolonnate restando all’interno della propria linea di mezzadria.
La ricostruzione della dinamica dell’incidente
Il Tribunale, nell’affermare la responsabilità dell’imputata, ha disatteso la ricostruzione del fatto svolta dal consulente della difesa il quale aveva ritenuto che “l’auto dell’imputata fosse ferma e non avesse ancora iniziato la manovra di svolta a sinistra al momento dell’impatto con il motociclo”.
Tuttavia, i Giudici di appello, pur condividendo la ricostruzione della dinamica del sinistro svolta in primo grado, hanno ritenuto che vi fosse un contributo colposo anche della persona offesa per “guida non rispettosa delle regole poste in materia di circolazione stradale”.
Infatti, viene ritenuto che la manovra di sorpasso delle auto incolonnate posta in essere dal motorino, non solo veniva effettuata a velocità non prudenziale, ma anche in corrispondenza di un’intersezione ove era certamente vietata in violazione dell’art. 148, comma 11, D.Lgs. n. 285 del 1992.
Per queste ragioni la Corte ligure ha riconosciuto la circostanza attenuante di cui al comma 7 dell’art. 590 bis cp, in quanto l’evento dannoso patito dalla motociclista, non era conseguenza esclusiva della condotta tenuta dal veicolo Nissan. E ha condannato l’imputata alla pena di mesi 2 di reclusione in ordine al reato di cui all’art. 590 bis cp, e al risarcimento del danno in solido con la assicurazione per la RCA, riducendo tuttavia l’importo della provvisionale a 5.000 euro.
Il ricorso in Cassazione
Viene lamentata la superficiale valutazione delle dichiarazioni raccolte dai Vigili Urban dei testi presenti in loco, la illogicità della motivazione in relazione all’esclusione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. In altri termini, la Corte ligure, nel negare il riconoscimento del fatto di particolare tenuità, sarebbe stata illogica nel ritenere un concorso di colpa della danneggiata idoneo a incidere sulla valutazione della condotta tenuta dal conducente del veicolo.
Ciò non è fondato. I Giudici di secondo grado anno chiarito che uno dei testimoni, proveniente in direzione opposta a quella delle parti, riferiva che l’automobile Nissan svoltava improvvisamente, e senza freccia, andando a collidere con il motorino Piaggio
Difatti, chi intende effettuare una manovra di svolta a sinistra, oltre a segnalare la propria intenzione, deve comunque prestare attenzione alla eventuale presenza di altri veicoli che seguano, o che stiano sopravvenendo, ed evitare che la propria manovra possa provocare pericolo o intralcio. Tali regole non sono state seguite dal conducente della Nissan, che iniziò la manovra di svolta senza effettuare il dovuto preventivo controllo con la dovuta attenzione. In tale quadro non risulta rilevante il fatto che il veicolo in questione avesse, o meno, azionato la freccia direzionale.
Il ricorso viene dichiarato infondato
Ergo, la decisione impugnata è corretta perché ai fini del riconoscimento (o del diniego) della causa di non punibilità il Giudice deve motivare sulle forme di estrinsecazione del comportamento incriminato, al fine di valutarne la gravità, l’entità del contrasto rispetto alla legge e, conseguentemente, il bisogno di pena.
Nel caso qui all’esame, la Corte ha dato conto delle ragioni per cui l’evento non poteva considerarsi di particolare tenuità con un richiamo stringato, ma pertinente, alla gravità del danno alla salute riportato dalla vittima ed alla notevole entità delle conseguenze lesive, non rilevando alcuna incidenza rispetto a tale valutazione il riconoscimento del concorso di colpa della vittima che ben può coesistere con una condotta macroscopicamente colposa dell’autore del reato.
In conclusione il ricorso viene dichiarato integralmente infondato (Corte di Cassazione, quarta penale, sentenza 13 marzo 2025, n. 10025).
Avv. Emanuela Foligno