Riconosciuto a una donna vittima di violenza sessuale il diritto al risarcimento del danno per l’inadempimento statuale all’obbligo di trasposizione tempestiva del diritto dell’Unione europea

Lo Stato italiano è responsabile per la tardiva applicazione della direttiva 2004/80/CE relativa all’indennizzo delle vittime di reati violenti e intenzionali. Lo ha sancito, con la sentenza n. 26758/2020, la Terza sezione civile della Corte di Cassazione che ha riconosciuto “come sussistente il diritto al risarcimento del danno” da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri in favore di una donna vittima di una violenza sessuale avvenuta a Torino nel 2005.

Proprio tale vicenda si era espressa lo scorso luglio la Corte di Giustizia Europea, dando ragione alla donna, che avrebbe dovuto ottenere un risarcimento di 50mila euro dai suoi violentatori, i quali però erano sfuggiti alla giustizia e si erano resi latitanti.

All’indomani della sentenza europea è arrivato dalla Presidenza del Consiglio un indennizzo di 25mila euro, cifra stabilita dal legislatore per questi casi ma ritenuta comunque insufficiente per risarcire il danno subito dalla vittima a causa della mancata attuazione della direttiva europea del 2004, in base alla quale gli Stati membri devono corrispondere un indennizzo “equo e adeguato” alle vittime quando i colpevoli del reato sono ignoti, irreperibili o incapienti.

La Cassazione ha infatti chiarito che la pretesa azionata in giudizio dall’attrice è quella del diritto al risarcimento del danno per l’inadempimento statuale all’obbligo di trasposizione tempestiva del diritto dell’Unione (art. 12, par. 2, della direttiva 2004/80) e non già la pretesa di conseguire, in base al diritto nazionale, l’indennizzo attualmente stabilito a seguito della L. n. 122 del 2016.

Tale diritto va ricondotto allo schema della responsabilità contrattuale per inadempimento dell’obbligazione ex lege dello Stato, di natura indennitaria. Responsabilità che, in ragione della natura antigiuridica del comportamento omissivo dello Stato anche sul piano dell’ordinamento interno, e dovendosi ricondurre ogni obbligazione nell’ambito della ripartizione di cui all’art. 1173 c.c., va inquadrata nella figura della responsabilità “contrattuale”, in quanto nascente non dal fatto illecito di cui all’art. 2043 c.c., bensì da un illecito ex contractu e cioè dall’inadempimento di un rapporto obbligatorio preesistente.

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