La Cassazione ha confermato la condanna, per interferenza illecita nella vita privata, di un uomo che aveva filmato la moglie nuda intenta a prendersi cura del proprio corpo
Riprendere la moglie, nuda o seminuda, intenta a prendersi cura della sua persona o all’igiene del corpo costituisce interferenza illecita nella vita privata. Il reato non è infatti escluso dalla qualità di coniuge, ovvero di soggetto generalmente coinvolto nella vita privata della donna.
E’ quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, quinta sezione penale, nella sentenza n. 36109/2018. I Giudici del Palazzaccio si sono pronunciati sul ricorso presentato da un uomo condannato ai sensi dell’art. 615 bis del codice penale.
A detta dell’impugnante, il reato contestato si configurerebbe solamente in caso di condotta intrusiva da parte di terzi estranei alla vita privata della persona ripresa. Viceversa non vi sarebbe alcun illecito laddove la condotta sia posta in essere da un soggetto ammesso a farne parte, come il coniuge convivente.
Nel in questione, secondo il ricorrente, non poteva ravvisarsi alcuna indebita intrusione, in quanto la ripresa riguardava attimi della vita quotidiana condivisa con la famiglia.
La Cassazione, tuttavia, non ha ritenuto di condividere le argomentazioni proposte, respingendo l’impugnazione in quanto infondata.
Gli Ermellini hanno infatti chiarito che l’oggetto giuridico del reato in esame è rappresentato dalla riservatezza domiciliare. In tal senso, ai fini della rilevanza penale della condotta non risulta decisivo che il fatto avvenga nell’abitazione di chi ne sia autore.
Risponde del reato, infatti, anche chi predispone mezzi di captazione visiva o sonora nella propria dimora carpendo immagini o notizie attinenti alla vita privata degli altri soggetti che vi si trovino, siano essi stabili conviventi od occasionali ospiti.
L’illecito, precisa la Cassazione, può configurarsi anche a carico del dominus loci. A tal fine è necessario che egli non compaia nelle registrazioni e che risulti, anche momentaneamente, escluso dal luogo ripreso a beneficio della riservatezza altrui.
Nel caso esaminato, tali condizioni ricorrevano entrambe. Il ricorrente, infatti, aveva ammesso di aver filmato la propria moglie senza che la donna risultasse in alcun modo voler condividere con lui tali momenti di intimità.
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