Interessante e “particolare” il protocollo sui procedimenti in materia di responsabilità medica del tribunale di Verona relativi al ricorso 696bis

Che la legge Gelli sia un provvedimento che obbliga all’interpretazione attenta non ci sono mai stati dubbi, ma che il ricorso 696bis cpc, come previsto dall’art. 8 della legge, debba essere fatto solo per i casi di risarcimento della vittima primaria, sembra decisione e interpretazione alquanto impropria.

Firmatari di tale protocollo (che si allega) sono il presidente del tribunale civile di Verona, il presidente dell’ordine degli avvocati di Verona e il rappresentante dell’associazione Valore Prassi.

I contenuti presentano degli aspetti interessanti che sono condivisibili e che andavano previsti come linee guida per i giudici di merito (un po’ forzate appaiono le conclusioni nella parte relativa ai “RAPPORTI CON IL GIUDIZIO DI MERITO”, art. 13 e succ.). Ci si augura, pertanto, che tale protocollo venga fatto proprio anche negli altri Tribunali.

Ma ciò su cui non si può concordare è il contenuto dell’articolo 1  che si riporta:

1. L’art. 8 trova applicazione solo nel caso in cui il ricorrente intenda esercitare una azione di risarcimento danni da responsabilità sanitaria, e quindi non anche nell’ipotesi in cui intenda esercitare una azione di accertamento, ferma restando l’applicabilità in tal caso dell’art. 5, comma 1 bis, d. lgs. 28/2010. In caso di azione di risarcimento danni che non implichino problemi di natura tecnica (es. risarcimento danni da violazione del consenso informato o da lesione del vincolo parentale) l’unica condizione di procedibilità è la mediazione.

Non si riesce a comprendere l’esclusione del primo capoverso quando si parla di “esercitare un’azione di accertamento”, e ciò per la semplice lettura del codice di procedura all’articolo 696bis: “L’espletamento di una consulenza tecnica, in via preventiva, può essere richiesto anche al di fuori delle condizioni di cui al primo comma dell’articolo 696, ai fini dell’accertamento e della relativa determinazione dei crediti derivanti dalla mancata inesatta esecuzione di obbligazioni contrattuali o da fatto illecito”.

Le intenzioni del legislatore non sono chiare ma “chiarissime”: tale procedimento va fatto anche per accertare oltre che per quantificare i crediti derivanti da fatto illecito. Si vuole qui ricordare come tale novella del 2005 sia stata introdotta dal legislatore col solo scopo di deflazionare i ruoli dei giudici e non per altro.

Quindi l’azione di accertamento non può essere preclusa da un giudice se non per fatti che siano accertabili esclusivamente nel corso di un giudizio di merito (come, ad esempio, quelli relativi all’accertamento della violazione del consenso informato).

Al secondo capoverso dell’art. 1 sopra citato appare evidente l’incongruenza dell’affermazione che il ricorso 696bis non vada fatto per l’accertamento della lesione del vincolo parentale e questo per due motivi:
1) senza l’accertamento della colpa non si può procedere al risarcimento del danno da lesione del tessuto familiare;
2) tale danno (lesione del vincolo parentale) può essere dimostrato per presunzioni e quindi non necessita di un giudizio a piena cognizione per la formazione di tale prova.

Tali prese di posizioni (o interpretazioni, che dir si voglia) fanno comprendere come a volte non si comprendano le finalità del legislatore. Una volta accertato l’an con una consulenza tecnica preventiva come non si può addivenire ad una transazione per lesione da vincolo parentale?

Le parti che non vogliono conciliare cosa pretenderebbero da un giudizio di piena cognizione? D’altro canto, come si può escludere una sofferenza riflessa nella vittima secondaria per la perdita di uno stretto congiunto? Neanche un divorzio lo può escludere e neanche una residenza a 10mila km di distanza!
Meditate giuristi, meditate!

Dr. Carmelo Galipò
Pres. Accademia della Medicina legale

SCARICA QUI IL PROTOCOLLO

 

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