È sufficiente ad integrare il reato di abbandono di animali anche il dolo eventuale, che si realizza allorché il proprietario dell’animale, pur consapevole della possibile verificazione dell’evento, lo affida a terzi

Il Tribunale di Napoli – sezione staccata di Ischia – aveva condannato due coniugi alla pena di 800 euro di ammenda ciascuno, per il reato di cui all’art. 727 cod. pen. (abbandono di animali), a loro contestato per aver abbandonato un cane di razza bulldog con microchip di riconoscimento, legandolo ad un palo all’interno della villa comunale.

A proporre ricorso per cassazione era stato il marito della donna, il quale contestava il vizio di motivazione e l’errata applicazione della norma penale alla fattispecie in esame.

Ad avviso del ricorrente, il Tribunale non aveva fatto corretta applicazione del principio di diritto secondo cui “il proprietario, che abbia affidato il cane a un terzo, risponde dell’abbandono solo quando detto abbandono sia concretamente prevedibile”, circostanza in relazione alla quale, il giudice di merito aveva omesso qualsivoglia motivazione, tenuto conto anche del fatto che il cane si trovava nella disponibilità della moglie da quasi due anni.

La Corte di Cassazione (Terza Sezione Penale, sentenza n. 6209/2020) ha rigettato il ricorso perché inammissibile e manifestamente infondato.

Per consolidato orientamento giurisprudenziale integra la contravvenzione di abbandono di animali (art. 727, comma primo, cod. pen.) la condotta di distacco volontario dall’animale (Sez. 3, n. 18892 del 02/02/2011), che consiste nell’interruzione della relazione di custodia e di cura instaurata con l’animale precedentemente detenuto, lasciandolo in un luogo ove non riceverà alcuna cura, a prescindere dalla verificazione di eventi ulteriori conseguenti all’abbandono, quali le sofferenze o la morte dell’animale, eventi che fuoriescono dal perimetro della tipicità disegnato dalla norma incriminatrice.

Quanto all’elemento soggettivo, il reato previsto dall’art. 727, comma 1, cod. pen., modellato come illecito contravvenzionale, può essere indifferentemente realizzato con dolo o con colpa. Nessun ostacolo, perciò si oppone alla configurabilità del dolo nella forma eventuale, che si realizza quando l’agente, nonostante si sia chiaramente rappresentato la verificazione dell’abbandono dell’animale, si sia comunque determinato ad agire, anche a costo del verificarsi dell’evento lesivo.

La decisione

A tali principi si era correttamente attenuto il giudice di primo grado, il quale oltre ad enunciare la penale responsabilità della donna, non ricorrente, quale autrice materiale dell’abbandono, aveva ravvisato in capo all’imputato non la colpa, ma il dolo eventuale, avendo egli accettato il rischio che la consorte, cui aveva affidato la custodia del cane, potesse abbandonarlo: tale previsione era sorretta da solidi elementi di fatto, ben noti all’imputato, quali la circostanza che era stato proprio lui a portare il cane in casa, nonostante il dissenso della moglie, a causa sia del costo dell’animale e, sia soprattutto, del fatto che ella non amasse gli animali, e che fosse esasperata della sua presenza in casa, in quanto “rompeva le sedie e sbavava continuamente.”

Non vi erano dubbi, allora, che l’uomo si fosse rappresentato la circostanza che la moglie, a cui aveva affidato il cane durante il suo periodo di assenza per motivi di lavoro, potesse concretamente abbandonarlo: rappresentazione che, tuttavia, non gli aveva impedito di agire, accettando quindi, la possibile verificazione dell’evento.

Per queste ragioni il ricorso è stato rigettato e confermata, in via definitiva, la pronunzia di merito.

La redazione giuridica

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