La ricorrente impugnava davanti alla Commissione Provinciale di Grosseto gli avvisi di accertamento in rettifica dell’ICI relativi agli anni 2007 e 2008, sul presupposto che l’immobile da essa posseduto non poteva essere qualificato come abitazione principale

L’istanza fu respinta, dal momento che nel corso del giudizio era emerso che già il coniuge della parte ricorrente si era, a sua volta, avvalso di tale beneficio. Ed in particolare, dalla produzione documentale era emerso che la ricorrente aveva residenza in un’abitazione nel grossetano, mentre il proprio coniuge, non legalmente separato, aveva residenza e dimora abituale in Firenze e da tale comune aveva già usufruito dell’agevolazione fiscale in materia di ICI.

Il ricorso in appello

Contro la decisione di primo grado, l’originaria istante presentava appello dinanzi alla commissione tributaria regionale.

Ebbene, quest’ultima riformò la sentenza impugnata, ritenendo che la norma fiscale in questione, non subordinasse il beneficio al requisito della convivenza e che, contrariamente a quanto sostenuto dal giudice di primo grado, ciascuno dei coniugi, anche non separati, avrebbe potuto avere una propria “abitazione principale”.

Cosicché la questione veniva rimessa ai giudici della Cassazione, con ricorso presentato dal comune.

Quest’ultimo lamentava che nella appellata sentenza non si fosse riconosciuto che l’esenzione fiscale, stante anche il carattere eccezionale della deroga, dovesse essere limitata al nucleo familiare nel suo complesso e, quindi, ad unica abitazione principale, ma fosse invece stato affermato l’errato principio per cui il beneficio fiscale in questione potesse essere usufruito disgiuntamente da entrambi i coniugi.

Per i giudici della Cassazione, il motivo è valido.

Ed infatti, ai sensi dell’art. 8 comma 2 del D.Lgs. 504/1992 come modificato dalla l. 296/2006, con decorrenza dal 1 gennaio 2007, perché possa farsi luogo alla detrazione d’imposta occorre che l’unità immobiliare sia adibita ad abitazione principale del soggetto passiva “intendendosi per tale salvo prova contraria, quella di residenza anagrafica”.

Peraltro, nell’ultimo periodo dell’art. 8 del citato decreto n. 504/1992 si precisa che “per abitazione principale si intende quella nella quale il contribuente […] e i suoi familiari dimorano abitualmente”.

L’interpretazione che di tale norma ne ha dato la Cassazione (n. 14389/2010) è la seguente: “in tema di ICI, ai fini della spettanza della detrazione e dell’applicazione dell’aliquota ridotta prevista per le abitazioni principali dall’art. 8 del d.lgs. n. 504/1992, un’unità immobiliare può essere riconosciuta abitazione principale solo se costituisca la dimora abituale non solo del ricorrente, ma anche dei suoi familiari, non potendo sorgere il diritto alla detrazione nell’ipotesi in cui tale requisito sia riscontrabile solo nel ricorrente ed invece difetti nei familiari”.

La sentenza impugnata è stata così cassata, con vittoria per il comune.

La redazione giuridica

 

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