L’art. 348 del Codice Penale prevede una sanzione per quel soggetto che esercita una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione da parte dello Stato.
L’interesse giuridico tutelato, pertanto, dalla citata norma incriminatrice è quello che determinate professioni, che richiedono particolari requisiti di probità e specifiche competenze tecniche, vengono esercitate soltanto dal soggetto che ha conseguito un espresso titolo abilitativo.
Ne consegue che coloro che esercitano una determinata professione senza aver precedentemente conseguito la propedeutica abilitazione, risultano suscettibili di sanzione penale, ai sensi dell’art. 348 c.p..
Dunque, che accade se un soggetto ha conseguito l’abilitazione in un altro Stato ed esercita, pertanto, la professione in Italia?
La Legislazione italiana prevede che Tizio, abilitato a svolgere una determinata professione in uno Stato estero, per poter esercitare la medesima attività in Italia deve richiedere al competente Ministero una espressa autorizzazione e questo, una volta accertata la regolarità della richiesta, ne darà comunicazione al correlativo Ordine Professionale.
Ebbene, nel caso in esame gli Ermellini si sono pronunciati con specifico riguardo alla figura professionale dell’odontoiatra, condividendo le argomentazioni giuridiche addotte dai Giudici di merito che hanno determinato la condanna dell’imputato.
In particolare, l’orientamento Giurisprudenziale seguito dal Collegio di Legittimità è stato quello oramai pacificamente consolidato in materia, secondo cui si configura l’addebito laddove l’odontoiatra abbia esercitato la professione in Italia, prima tuttavia del perfezionamento della procedura presso il Ministero della Sanità.
Si tratta, invero, come sopra appena riferito, di una Giurisprudenza di Legittimità oramai consolidata, la quale non esclude il reato neppure nell’ipotesi in cui l’odontoiatra eserciti la professione pur avendo depositato la correlativa richiesta di abilitazione presso il Ministero della Sanità ma questi non si sia ancora pronunciato a tal riguardo.
Sul punto, mi permetto riportare in questa sede una massima Giurisprudenziale, a conforto del pacifico e consolidato orientamento della Suprema Corte: “in tema di abusivo esercizio di una professione, lo svolgimento dell’attività di odontoiatra da parte dei cittadini dell’Unione Europea in possesso del diploma rilasciato da uno Stato dell’Unione non configura gli estremi del reato previsto dall’art. 348 cod. pen. solo se l’interessato abbia presentato domanda al Ministero della Sanità e questo, dopo aver accertato la regolarità dell’istanza e della relativa documentazione, abbia trasmesso la stessa all’ordine professionale competente per l’iscrizione” (cfr. sul punto Cassazione Penale, Sezione 6°, n° 47352/2013).
Tale massima è stata pronunciata dalla Suprema Corte all’esito di un processo penale a carico di un odontoiatra, il quale aveva esercitato la professione mentre era in corso la procedura di riconoscimento dei titoli rilasciati da altro paese membro dell’Unione Europea.

In conclusione, in materia ci sono molte pronunce Giurisprudenziali, soprattutto in ragione di frequenti casi di malasanità, ove l’odontotecnico (che è una figura professionale ma non è un medico!!!) espleta attività che rientrano nell’ambito delle competenze dell’odontoiatra, che, per contro, è un medico!

Avv. Aldo Antonio Montella
(Foro di Napoli)

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