Il procuratore di Avellino, Rosario Cantelmo, tempo fa la paragonò all’Eternit di Casale Monferrato, all’Ilva di Taranto e alla Thyssen Krupp. Stiamo parlando dell’ex “Isochimica” che, sebbene sia stata chiusa da quasi trent’anni, fa ancora parlare di sé. Ogni giorno gli abitanti di Borgo Ferrovia, quartiere popolare di Avellino, respirano fibre di amianto provenienti dall’opificio, dove negli ’80 sono state scoibentate  circa tremila carrozze ferroviarie. Secondo gli operai, in quegli anni, sarebbero state sotterrate nel piazzale antistante la fabbrica circa 20mila tonnellate di amianto mentre altre scorie venivano inserite in cubi di cemento o sistemate in sacchi neri per poi essere sversate nel fiume Sabato o nel mare della costiera amalfitana.

I numeri sono impressionanti: 150 ammalati su 333 dipendenti mentre le morti accertate sarebbero almeno 20. La morte, però, ha raggiunto non solo gli ex operari dello stabilimento di Pianodardine ma ha colpito anche chi lucidava i pavimenti della stazione ferroviaria, come Vittorio Esposito.

Per esemplificare lo stato di salute di quel territorio basterebbe citare i dati dell’Arpac – l’agenzia regionale per l’ambiente della Campania –  che ha accertato che ci sono 27 fibre di amianto per litro d’aria nella zona. “Stando alle raccomandazioni dell’Oms non ce ne dovrebbe essere nemmeno una”.

Indagati e reati contestati

Il maxiprocesso contro Isochimica avrà inizio il 19 Ottobre  (il giorno prima di quello sull’Ilva a Taranto) e si terrà nell’aula magna del centro sociale “Samantha Della Porta”. Sono 29 gli indagati che dovranno rispondere di vari capi di imputazione, mentre sono  237 le parti offese individuate tra gli ex lavoratori dell’indotto.

L’ex proprietario dell’Isochimica ed i responsabili della sicurezza Pasquale De Luca e Vincenzo Izzo sono accusati di disastro doloso, disastro colposo, rimozione ed omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, lesioni personali colpose ed omicidio colposo plurimo.

Per i quattro funzionari delle Ferrovie dello Stato, l’accusa è di disastro ambientale continuato a danni di un “numero indeterminato di soggetti”.

Sotto accusa la giunta comunale del 2005 per aver di fatto destituito l’ente pubblico dall’obbligo della bonifica del sito con la delibera del 23 maggio. Indagati l’allora sindaco Giuseppe Galasso e i suoi assessori, Luca Iandolo, Tony Iermano, Donato Pennetta, Raffaele Pericolo, Antonio Rotondi e Antonio Spina, Sergio Barile, Ivo Capone, Giancarlo Giordano.

Sotto inchiesta i responsabili delle società preposte  alle operazioni di bonifica del sito come l’amministratore delegato dell’Eurokomet srl, Biagio de Lisa, e l’amministratore unico della Geisa Giovanni D’Ambrosio, l’amministratore delegato di Team Ambiente Giovanni Rosti, Francesco Di Filippo amministratore unico della Hge Ambiente srl. Tutti questi soggetti sono accusati di aver omesso di mettere in sicurezza e bonificare l’indotto.

Al “Della Porta” ci saranno anche i due dirigenti comunali, oggi in pensione, Franco Tizzani e Luigi Angelo Cicalese, per aver ostacolato le indagini occultando parte della documentazione relativa al procedimento amministrativo.

Per quanto riguarda l’Asl, risponderà davanti al giudice il funzionario Michele De Piano, accusato di aver dichiarato il falso durante una riunione comunale del 2010 attestando che non sussisteva pericolo per la salute pubblica.

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