La Cassazione fa il punto in merito all’ amministrazione negligente e alla possibilità per il cittadino di rivalersi laddove ottenga informazioni inesatte allo sportello

Con l’ordinanza numero 23163/2018 la Corte di cassazione ha fornito chiarimenti importanti in merito all’ amministrazione negligente. Ovvero: in che modo può tutelarsi il cittadino laddove riceva informazioni carenti allo sportello? Nel caso in esame si parlava in particolare dell’Agenzia delle Entrate.

L’amministrazione, ricorda la Cassazione, deve ottemperare adeguatamente al proprio dovere di informativa nei confronti dei contribuenti, tenendo conto delle peculiarità delle diverse situazioni che le vengono prospettate.

Per tale ragione, il cittadino che si reca presso gli uffici dell’Agenzia delle entrate per avere delucidazioni sulla propria posizione contributiva e viene consigliato male dall’operatore dello sportello ha diritto a un risarcimento. Questo poiché se si è verificato un danno la responsabilità è di chi allo sportello lo ha mal consigliato.

Una buona notizia per chi ha avuto a che fare con l’ amministrazione negligente di qualche ente. I cittadini, infatti, sono più tutelati alla luce di tale pronuncia.

La vicenda

Nel caso di specie, dichiarando inammissibile il ricorso proposto dall’Agenzia delle entrate, la Corte ha confermato la condanna al risarcimento del danno ingiusto causato dalla condotta di una amministrazione negligente nei confronti di un cittadino.

L’amministrazione, in particolare, non aveva considerato le peculiarità del caso prospettatole dal contribuente. Nello specifico, il dipendente aveva omesso del tutto il proprio dovere di informativa.

Ciò aveva ingenerato nel suo interlocutore la convinzione che, una volta ammesso alla tassazione favorevole per la propria attività di coltivatore diretto senza l’adeguata documentazione, non fosse necessario altro adempimento per evitare di perdere il beneficio.

Il contribuente si era recato in un ufficio dell’Agenzia delle entrate per registrare una scrittura privata.

Nel farlo, aveva documentato la propria qualità di coltivatore diretto attraverso la relativa certificazione Inps.

Il direttore dell’Agenzia gli aveva chiesto di apporre sulla scrittura privata una dichiarazione contenente l’indicazione del valore della vendita.

Dopo due mesi, aveva ricevuto l’avviso di liquidazione della maggiore tassazione applicata in forza del valore dichiarato in calce all’atto.

Il tutto, però, senza essere stato avvisato della necessità di dotarsi di ulteriore documentazione.

Per questi motivi, all’uomo è stato riconosciuto il risarcimento del danno pari a e 39.538,43 euro.

 

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