La Corte di Cassazione fa chiarezza sulla possibilità da parte dell’azienda di licenziare l’ apprendista durante il periodo formativo.
È possibile licenziare l’ apprendista durante il periodo formativo? Sul punto la Corte di Cassazione ha fatto chiarezza con la sentenza n. 17373 del 13/07/2017.
È noto che il contratto di apprendistato rappresenta per i più giovani uno dei canali privilegiati di accesso al mondo del lavoro.
Questo contratto ad oggi è disciplinato interamente dagli artt. 41 e ss del D.lgs 15/06/2015, n. 81 (il quale ha provveduto all’abrogazione del D.lgs n. 167/2011 contenente il Testo Unico dell’apprendistato).
Ora, in merito al licenziamento dell’ apprendista, è possibile che il datore di lavoro intenda recedere dal contratto prima che sia terminato il periodo formativo?
In premessa, occorre ricordare alcuni capisaldi normativi.
Come si evince dalla lettura dell’art. 42 del D.lgs 81/2015, la durata del contratto non può essere inferiore a sei mesi.
Mentre quella massima varia a seconda delle diverse tipologie di apprendistato (tre anni o quattro, nel caso in cui la formazione sia funzionale all’ottenimento di un diploma quadriennale regionale).
Il secondo aspetto è quello per cui è pacifica la circostanza in base alla quale, una volta terminato il periodo formativo, ciascuna parte sarà libera di recedere ad nutum ai sensi e per gli effetti dell’art. 2118 c.c..
In sostanza, fermo restando la necessità del preavviso, sia il giovane apprendista che il datore di lavoro possono sciogliersi dal vincolo contrattuale senza necessità di addurre motivazione alcuna.
In terzo luogo, come afferma il comma IV del già citato art. 42, “Se nessuna delle parti recede il rapporto prosegue come ordinario rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato”. Fatte queste premesse, ci sono due aspetti da considerare.
Il primo è che l’apprendistato, fin dalla sua stipula, si pone all’origine di un vero e proprio contratto di lavoro a tempo indeterminato, così come espressamente previsto dall’art. 41 del D.lgs 81/2015.
Il secondo è che, una volta terminato il periodo formativo, se nessuna delle due parti contrattuali recede ex art. 2118 c.c., il contratto si evolve in un ordinario rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
Detto questo, vanno distinti tre momenti all’interno della vicenda negoziale che si innesta da un contratto di apprendistato.
Il primo è quello che va dall’assunzione dell’apprendista fino alla scadenza del termine del periodo formativo. Il secondo, il giorno coincidente con il termine finale del rapporto. Infine il periodo (eventuale, in quanto condizionato al mancato recesso di una delle parti) successivo alla scadenza.
Come già detto, alla fine del periodo formativo ciascuna parte sarà libera di recedere dal rapporto, previa concessione del preavviso.
Laddove invece né il datore di lavoro né l’apprendista manifestano tale volontà, il rapporto si tramuta automaticamente in un ordinario contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
Ne deriva, in quest’ultima ipotesi, che la disciplina applicabile al licenziamento non potrà che essere giocoforza quella ordinaria, la quale richiede la sussistenza di un giustificato motivo oggettivo e/o soggettivo oppure di una giusta causa.
Ancora, alle conseguenze di un’eventuale illegittimità del licenziamento del lavoratore accertata in giudizio, troverà applicazione, a seconda dei casi, la tutela obbligatoria, indennitaria e/o reale a seconda dei livelli occupazionali dell’azienda in cui è stato inserito l’apprendista.
Ma qual è la disciplina che si applica nel caso in cui il datore di lavoro intenda recedere dal contratto in costanza del periodo formativo?
Si tratta, quello in discorso, di un profilo che negli anni è stato molto dibattuto, almeno fin dall’entrata in vigore della vecchia L. 19/01/1955, n. 25.
Questa, fissando la durata massima del contratto de quo, aveva dato adito anche ad interpretazioni che lo qualificavano alla stregua di un vero e proprio contratto a termine.
Tuttavia, con due sentenze additive (la sent. 04/02/1970, n. 14 e sent. 28/11/1973, n. 169), la Corte Costituzionale aveva dichiarato l’illegittimità dell’art. 10 della L. 604/1966.
Solo con il Dlgs 167/2011 tale tipologia contrattuale è stata formalmente qualificata in termini di contratto di lavoro a tempo indeterminato.
Sulla base di questo contesto normativo, la Cassazione, con la sentenza in commento, ha affrontato la questione.
Gli Ermellini hanno quindi ribadito che “al licenziamento intimato all’apprendista in pendenza del periodo di formazione non trova applicazione la disciplina relativa al licenziamento ante tempus nel rapporto di lavoro a termine, bensì l’ordinaria disciplina in materia di licenziamenti (…). Ciò in quanto l’apprendistato deve ritenersi un rapporto di lavoro a tempo indeterminato bifasico, nel quale la prima fase è contraddistinta da una causa mista, mentre la seconda fase – soltanto eventuale, perché condizionata al mancato recesso ex art. 2118 c.c. – rientra nell’ordinario assetto del rapporto di lavoro subordinato”.
In conclusione, il licenziamento intimato dal datore di lavoro nei confronti dell’ apprendista durante il periodo formativo non potrà che essere integralmente regolato dall’ordinaria disciplina in tema di licenziamenti.
E questo con tutto quello che ne deriva in riferimento ai presupposti del recesso, alle forme e, soprattutto, alle conseguenze nel caso in cui venga ritenuto illegittimo.
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