È possibile scomputare dalle somme spettanti al coniuge, secondo quanto stabilito dalla sentenza di separazione o divorzio, gli assegni familiari direttamente versati dal datore di lavoro?

La questione è stata risolta con una recente pronuncia della Cassazione (n. 12012/2019) contenente il seguente principio di diritto: “Ove gli accordi tra i coniugi o le statuizioni del giudice nei processi di separazione personale e divorzio non abbiano espressamente tenuto conto dell’ammontare degli assegni familiari corrisposti per i figli dal datore di lavoro al coniuge non affidatario, siffatte voci non compongono la base delle entrate su cui calcolare il concorso dei coniugi al mantenimento dei figli”.

La vicenda

Con decreto provvisoriamente esecutivo, il Tribunale di Roma aveva ingiunto un uomo, padre e coniuge della ricorrente, al pagamento della somma di 37.655,48 Euro a titolo di differenze, interessi e rivalutazione monetaria sugli assegni di mantenimento e divorzili fissati in favore del coniuge e del figlio nel periodo 1996-2004, dalle sentenze di separazione e divorzio.
L’uomo aveva scomputato dalle maggiori somme indicate nelle sentenze, gli importi all’ex coniuge direttamente corrisposti dal proprio datore di lavoro, il Parlamento Europeo, a titolo di “assegno capo famiglia”, di “assegno figlio a carico” e di altre indennità.
Nel giudizio dinanzi al Tribunale di Roma, tuttavia, l’opposizione veniva rigettata e confermato, il decreto ingiuntivo, avendo il giudice di merito ritenuta infondata sia l’eccezione di prescrizione del credito sollevata dall’opponente, sia la non sovrapponibilità delle indennità riconosciute direttamente all’ex coniuge dal Parlamento Europeo, agli assegni di separazione e divorzio.
Stesso esito anche in appello, ove il ricorrente aveva dedotto la violazione dello Statuto del Parlamento Europeo, adottato con Regolamento CEE n. 31, 11 (C.E.E.A.) del 1 gennaio 1962 e direttamente applicabile negli Stati membri, in materia di assegni familiari ed indennità varie spettanti al funzionario coniugato o separato legalmente o divorziato o vedovo che abbia uno o più figli a carico, direttamente corrisposti al coniuge affidatario per disposizione giudiziale, “per conto e a nome del funzionario”.
A sua detta, il Tribunale avrebbe dovuto ritenerli compresi nell’ammontare dell’assegno per il mantenimento del figlio minore e pertanto correttamente scomputati ad opera dell’appellante dalle somme da corrispondere al coniuge.
Ma per la corte territoriale la questione addotta dall’appellante era priva di pregio. E tale decisione è stata confermata anche dai giudici della Suprema Corte di Cassazione.
La Corte d’appello con motivazione coerente e immune da vizi aveva deciso conformandosi al solido indirizzo della Corte di legittimità che, affermatosi in materia di determinazione, in sede di separazione consensuale omologata, dell’assegno di contribuito al mantenimento di figlio minore gravante sul coniuge che sia lavoratore dipendente, ed estendendone in via analogica la portata, nella identità di ratio, alle distinte ipotesi in cui l’assegno venga fissato dal giudice in sede di separazione giudiziale e da giudice e parti in sede di divorzio, ha affermato il seguente principio di diritto: “in materia di determinazione del contributo al mantenimento del figlio minore ove gli accordi tra i coniugi o le statuizioni del giudice nei processi di separazione personale e divorzio non abbiano espressamente tenuto conto dell’ammontare degli assegni familiari corrisposti per i figli dal datore di lavoro al coniuge non affidatario, siffatte voci non compongono la base delle entrate su cui calcolare il concorso dei coniugi al mantenimento dei figli, restando nella facoltà del giudice e nella disponibilità delle parti la scelta di ricomprenderle o meno al fine di stabilire eque modalità di contributo al mantenimento”.

La decisione

Partendo da questa premessa, la Corte di merito aveva poi, scrutinato i titoli formatisi tra le parti, ormai toccati dal giudicato e cioè le sentenze di separazione e divorzio e le correlate statuizioni in punto di quantificazione dell’assegno di contributo al mantenimento dei figli da parte del coniuge titolare dell’assegno familiare, per poi escludere che i primi comprendessero anche la posta in questione; ed ha affermato che la disciplina degli assegni familiari da corrispondersi dal datore di lavoro al proprio dipendente qualunque ne sia la fonte di previsione, sia essa nazionale L. n. 151 del 1975, ex art. 211 o comunitaria ex Regolamento C.E.E. n. 31 del 1962, è destinata a confluire nella materia degli assegni fissati nei giudizio di separazione e divorzio a titolo di contributo per il mantenimento del figlio minore, veicolata dagli accordi delle parti o le determinazioni del giudice.
In definitiva, la corte di merito ha affermato che la natura degli assegni familiari riconosciuti al funzionario del Parlamento Europeo per fonte regolamentare è questione che, pur distinta, entra a comporre la misura dell’assegno di contributo del coniuge non affidatario per il mantenimento del figlio minore quale suo presupposto.
Il ricorso è stato, perciò respinto con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

La redazione giuridica

 
Leggi anche:
CONDOTTA COLPOSA DEL DIPENDENTE E RESPONSABILITA’ DEL DATORE DI LAVORO

- Annuncio pubblicitario -

LASCIA UN COMMENTO O RACCONTACI LA TUA STORIA

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui