Accolto il ricorso di un uomo contro la decisione della Corte di appello di porre a suo carico un assegno divorzile di 400 euro in favore della moglie convivente con un altro compagno
Con la sentenza n. 22604/2020 la Cassazione si è pronunciata sul ricorso di un uomo a carico del quale la Corte d’appello aveva posto l’obbligo di corrispondere alla ex moglie, ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, un assegno divorzile di 400 euro, da corrispondersi entro i primi cinque giorni di ogni mese e annualmente rivalutabile secondo gli indici Istat.
Nel rivolgersi alla Suprema Corte, il ricorrente denunciava l’assenza o apparenza, nonché l’illogicità e contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata, per avere il Giudice di secondo grado, pur esaminando lo stesso materiale probatorio del Tribunale, espresso un convincimento opposto, in ordine alla sussistenza dei connotati di stabilità e continuità della convivenza more uxorio tra l’ex moglie e un altro uomo, senza spiegarne le ragioni fattuali e giuridiche e operando mero e apodittico richiamo alla giurisprudenza di legittimità in tema di rilevanza della cd. famiglia di fatto.
Gli Ermellini hanno ritenuto effettivamente di accogliere la doglianza proposta.
La Corte d’appello, dopo aver richiamato la giurisprudenza di legittimità in tema di famiglia di fatto, aveva dato atto che fosse stato provato il rapporto sentimentale pluriennale e consolidato tra la ex moglie e il nuovo partner, pure caratterizzato da ufficialità, nonché fondato sulla quotidiana frequentazione con periodi più o meno lunghi di piena ed effettiva convivenza, così ricostruendo la vicenda fattuale di rilevanza in modo conforme a quanto accertato dal Tribunale, secondo cui i suddetti fatti integravano in concreto la fattispecie della cd. famiglia di fatto.
Il Collegio, tuttavia, aveva ritenuto che quella relazione non potesse “per ciò solo dirsi connotata da quei caratteri di continuità e stabilità che probabilmente rappresenterebbero il primo stadio necessario, ma- come detto- nemmeno sufficiente, per ipotizzare la creazione tra gli stessi di quella nuova famiglia di fatto secondo il valore ed il significato attribuiti al concetto dalla migliore giurisprudenza”.
Il suddetto percorso argomentativo, a detta dei Giudici del Palazzaccio – non consentiva “di individuare in che modo e su quali basi si fosse formato il convincimento della Corte d’appello, in assenza di richiami ad elementi fattuali idonei a giustificare le ragioni della ritenuta assenza di continuità e stabilità della relazione sentimentale, pur ricostruita dalla stessa Corte territoriale, in base all’istruttoria espletata in primo grado, come pluriennale, consolidata, ufficializzata, di quotidiana frequentazione e caratterizzata da periodi più o meno lunghi di piena ed effettiva convivenza”. Neppure consentiva “di rendere percepibile il ragionamento seguito l’apodittico riferimento al concetto di famiglia di fatto in base alla giurisprudenza di questa Corte, in mancanza di ulteriori adeguate indicazioni fattuali rispetto a quelle di cui si è detto”.
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