La Città di Roma Capitale era stata citata in giudizio da un cittadino danneggiato a seguito di una caduta determinata dalla presenza di brecciolino non segnalato, di colore simile a quello del fondo stradale e particolarmente scivoloso, su un’isola pedonale della città

In primo grado la domanda trovava accoglimento ed infatti il Tribunale di Roma pronunciava sentenza di condanna a carico della convenuta, che avrebbe dovuto segnalare la presenza del brecciolino, al risarcimento del danno in favore della ricorrente, pari a Euro 26.680,27 oltre interessi.

Avverso la citata sentenza proponeva appello la città di Roma.

E l’appello è stato accolto.

A detta dei giudici della corte territoriale, lo stato di disattenzione del danneggiato era stato idoneo ad interrompere il nesso fra la cosa ed il danno (in materia di responsabilità ex art. 2051 c.c.). Questi infatti non si era avveduto, per sua colpa, di una situazione potenzialmente pericolosa, ma ben visibile.

Ed invero, la presenza del brecciolino era percepibile visivamente da chiunque, incidendo così sul nesso eziologico, tanto da escluderlo.

Il processo proseguiva dinanzi ai giudici della Cassazione.

L’originaria ricorrente lamentava che certamente la cosa custodita aveva avuto efficienza causale nella verificazione dell’evento e che la responsabilità disciplinata dall’art. 2051 si fonda sul rapporto oggettivo del custode con la cosa, a prescindere dal carattere insidioso di quest’ultima, ossia dalla imprevedibilità e invisibilità della cosa dannosa.

A ciò aggiungeva anche che il Comune di Roma Capitale non aveva assolto l’onere di provare che il danno ebbe a verificarsi in modo non prevedibile né evitabile in quanto riconducibile ad un uso da parte del danneggiato del tutto improprio della cosa e comunque al di fuori delle regole prescritte.

Non era stata fornita neppure la prova dello stato di disattenzione del danneggiato e comunque, in ogni caso, non è possibile pretendere che il pedone si concentri esclusivamente sul manto stradale.

La decisione

Se il danno sia stato cagionato dalla cosa o dal comportamento della stessa vittima o se vi sia concorso causale tra i due fattori costituisce valutazione squisitamente di merito – affermano gli Ermellini – che non può essere sindacata nella presente sede di legittimità, se non nei limiti della rituale denuncia di vizio motivazionale.

Ma ad ogni modo, il giudice di merito aveva valutato che il danno era stato cagionato dalla stessa vittima la quale, per lo stato di disattenzione in cui versava, non si era avveduta tempestivamente di una situazione potenzialmente pericolosa, percepibile visivamente da chiunque.

Il ricorso è stato perciò rigettato, con conseguente conferma della sentenza di appello: il Comune di Roma non dovrà pagare alcun risarcimento al pedone “distratto”.

La redazione giuridica

 

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