La presenza di un tombino sprovvisto di copertura non è elemento sufficiente per affermare la responsabilità del Comune ai sensi dell’art. 2051 c.c.: al contrario, la macroscopica negligenza del danneggiato interrompe il nesso causale tra l’anomalia della cosa in custodia e l’evento

la vicenda

L’attrice citò in giudizio il Comune di Messina chiedendo il risarcimento dei danni da lei patiti in conseguenza della caduta avvenuta su un tombino sprovvisto di copertura, sito in una via del centro cittadino.

Il giudice di primo grado rigettò la domanda e condannò l’attrice al pagamento delle spese di giudizio.

La Corte d’appello di Messina confermò la decisione. Nella specie, la Corte di merito aveva osservato che la situazione dei luoghi era tale, per estensione e visibilità, da dover mettere l’utente della strada «in doverosa allerta e attenzione»; la caduta si era verificata intorno alle 20.15 di una sera di luglio, quindi in condizioni di sufficiente illuminazione diurna, la vittima era una donna di 50 anni, come tale pienamente in grado di percepire il pericolo esistente; inoltre, era emerso dall’istruttoria che ella abitava proprio nei pressi del luogo del sinistro, per cui la situazione di dissesto non poteva non esserle nota.

In altre parole, per i giudici dell’appello la condotta dell’appellante si era caratterizzata per una macroscopica negligenza, tale da interrompere, e quindi escludere, il nesso tra l’anomalia della cosa in custodia e l’evento.

La responsabilità da cose in custodia

Come noto con le ordinanze 1. febbraio 2018, nn. 2480, 2481, 2482 e 2483, la Corte di Cassazione ha stabilito che in tema di responsabilità civile per danni da cose in custodia, la condotta del danneggiato, che entri in interazione con la cosa, si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso, in applicazione, anche ufficiosa, dell’art. 1227, primo comma, cod. civ., richiedendo una valutazione che tenga conto del dovere generale di ragionevole cautela, riconducibile al principio di solidarietà espresso dall’art. 2 della Costituzione.

Ne consegue che, quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando sia da escludere che lo stesso comportamento costituisca un’evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale, connotandosi, invece, per l’esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro.

La decisione

Di tali principi aveva fatto buon governo la Corte d’Appello. Il comportamento «altamente negligente e disattento» della vittima era stato tale da escludere il nesso causale tra cosa in custodia ed evento, “né la presenza di un tombino con un tondino di ferro sospeso al di sopra poteva dirsi sufficiente ad affermare la responsabilità del Comune”.

In definitiva, la Cassazione (Sesta Sezione Civile, ordinanza n. 31217/2019) ha rigettato il ricorso e condannato la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio.

La redazione giuridica

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