Il gestore del maneggio risponde ai sensi degli artt. 2050 e 2052 c.c. per la caduta da cavallo dell’allievo, a seconda del livello di quest’ultimo, se principiante, oppure esperto (Tribunale di Cosenza, Sez. II, Sentenza n. 1301/2021 del 06/06/2021- RG n. 2113/2018)

La danneggiata cita a giudizio l’Associazione Sportiva Dilettantistica al fine di ottenere il ristoro dei danni sofferti per una caduta da cavallo in data 20/9/2011, allorquando la stessa, tesserata con la Federazione Italiana Sport Equestri, si trovava presso la struttura in uso all’Associazione Dilettantistica per una lezione di equitazione.

In particolare, durante la lezione, alla presenza dell’istruttore, il cavallo si imbizzarriva e la disarcionava, facendola cadere rovinosamente per terra e cagionandole delle lesioni, poi fonte di postumi invalidanti permanenti.

La causa viene istruita attraverso audizioni testimoniali e CTU Medico-Legale.

Preliminarmente il Tribunale dà atto del titolo di responsabilità della convenuta e conseguenti oneri probatori.

L’attrice invoca l’applicabilità dell’art. 2052 c.c., ma l’impostazione non è corretta.

Il gestore del maneggio risponde quale esercente di attività pericolosa, ai sensi dell’art. 2050 c.c., dei danni riportati dai soggetti partecipanti, qualora gli allievi siano cavallerizzi principianti o inesperti; nel caso di allievi esperti, l’attività equestre è soggetta, invece, alla presunzione di responsabilità di cui all’art. 2052 c.c.

La danneggiata, all’epoca dei fatti era sedicenne e tesserata con la Federazione Italiana Sport Equestri solo da pochi mesi, per pratica ludico-addestrativa e non agonistica, prendeva lezioni alla presenza di un istruttore, conseguentemente è da applicarsi la disciplina di cui all’art. 2050 c.c.

In tale ottica, il danneggiato ha l’onere di provare l’esistenza del nesso eziologico tra l’esercizio dell’attività e l’evento dannoso; il danneggiante ha l’onere di provare di avere adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno.

Non è rilevante, sottolinea il Tribunale, la semplice prova dell’imprevedibilità del danno – legata, ad esempio, all’imbizzarrimento del cavallo, atteso che l’imprevedibilità costituisce una caratteristica ontologica di ogni essere privo di raziocinio dovendosi, invece, dimostrare che il danno stesso non si sarebbe potuto evitare mediante l’adozione delle misure di prevenzione che le leggi dell’arte o la comune diligenza imponevano.

Ciò posto, il gestore del maneggio non ha fornito nessuna prova liberatoria, neppure la prova per testi ha offerto elementi a favore dello stesso.

Anzi, i testi escussi hanno evidenziato che il cavallo montato dalla danneggiata già nei momenti precedenti la caduta appariva non rispondere ai comandi, probabilmente perché innervosito dalla presenza di pozze di fango sul terreno, ma l’istruttrice riteneva, comunque, di non interrompere la lezione, malgrado la richiesta rivoltale dalla mamma dell’attrice.

Il CTU, ha concluso per la presenza di postumi invalidanti permanenti nella misura del 5% costituenti danno biologico, in quanto oramai inemendabili e consistenti negli esiti della “frattura scomposta del III medio della clavicola refertata nell’immediatezza del fatto, consolidata con callo osseo esuberante e correlata menomazione della efficienza estetica (regrediva, invece, senza esiti la cervicalgia post -traumatica, pure refertata nell’immediatezza dei fatti presso il Pronto Soccorso di Cosenza), con Un periodo di inabilità temporanea assoluta di giorni 10; Un periodo di inabilità temporanea parziale al 75% di giorni 10; Un periodo di inabilità temporanea parziale al 50% di giorni 20; Un periodo di inabilità temporanea parziale al 25% di giorni 20”.

Pur trattandosi di un danno micropermanente, il Giudice ritiene di applicare le Tabelle milanesi addivenendosi all’importo di euro 6.930,00 per danno biologico da inabilità permanente; euro 990,00 per invalidità temporanea totale; euro 742,50 per invalidità temporanea parziale al 75%: euro 990,00 per invalidità temporanea parziale al 50%; euro 495,00 per invalidità temporanea parziale al 25%, per un totale di euro 10.147,50.

Non vi sono elementi per procedere alla personalizzazione del danno non avendo l’attrice articolato capitoli di prova finalizzati a consentire una personalizzazione dell’ammontare risarcitorio, con riferimento alle ripercussioni del sinistro, ad esempio, sulla vita di relazione o nello svolgimento delle attività quotidiane.

Egualmente non sussistono i presupposti per il riconoscimento del danno morale, considerando che lo stesso non può automaticamente individuarsi in una frazione del danno biologico e deve essere allegato e provato dall’attore nella sua ontologica esistenza anche quando derivante da fatto astrattamente costituente reato, non potendosi ammettere l’esistenza di un danno “in re ipsa”.

Oltretutto, l’attrice non ha allegato in cosa il danno morale sarebbe consistito, neppure ne ha chiesto il risarcimento nell’atto introduttivo.

Per quanto riguarda il danno patrimoniale, il CTU ha considerato congruo l’importo di euro 343,16 documentato dalla danneggiata, ma tale importo non viene riconosciuto in quanto l’attrice non ne ha chiesto specificamente il ristoro.

Le spese di lite e quelle di CTU seguono la regola della soccombenza.

Il Tribunale di Cosenza, quindi, dichiara la responsabilità della Associazione Dilettantistica e la condanna al pagamento in favore dell’attrice della somma di euro 10.147,50 , a titolo di danno non patrimoniale sofferto, oltre interessi; condanna la convenuta alla rifusione, in favore di parte attrice delle spese del giudizio liquidate in euro 2.423,45 , oltre spese generali e accessori; pone a carico della convenuta le spese di CTU Medico-Legale.

Avv. Emanuela Foligno

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