Il ricorrente ha diritto al risarcimento differenziale dei danni subiti a causa dell’inadempienza del datore di lavoro dagli obblighi impostigli dall’art. 2087 c.c. (Tribunale di Trani, Sez. Lavoro, Sentenza n. 1915/2021 del 02/12/2021-RG n. 2386/2016)
Il lavoratore chiede accertarsi che in data 20.6.2008 subiva un infortunio sul lavoro e che, accertata la responsabilità del datore di lavoro, quest’ultimo venga condannato al pagamento della somma di EUR 49.081,69 a titolo di risarcimento differenziale dei danni subiti.
Deduce il ricorrente che, mentre era alle dipendenze in nero del resistente, in data 20.6.2008 subiva un infortunio sul lavoro; che, nello specifico, durante i lavori edili svolti all’interno di un’abitazione privata, alle ore 12,00 circa il collega lo invitava a rilevare la misura della parte di soglia sporgente dal bordo laterale della botola di comunicazione tra il secondo ed il terzo piano dell’appartamento e, mentre saliva con una scala di ferro su un piano di lavoro alto circa 1,70 cm di altezza, costituito da due cavalletti e da una pedana di ferro, non fissata né ancorata alla parete, cadeva; che si era ribaltata la pedana; che era stato trasportato al Pronto soccorso dove veniva diagnosticato “trauma cranico commotivo con focolaio contusivo, trauma facciale con frattura dell’orbita dx, trauma toracico chiuso con focolai contusivi multipli bilaterali, frattura V costa a dx “; che a seguito dell’infortunio aveva subito un periodo di inabilità al lavoro di 164 giorni ed un danno permanente dell’11%; che l’Inail aveva liquidato la somma di EUR 8.639,64; che si era costituito parte civile nel procedimento penale instaurato a carico del datore di lavoro, conclusosi con sentenza di non doversi procedere per intervenuta prescrizione; che dunque aveva diritto al risarcimento del danno biologico non risarcito dall’Istituto.
Il datore di lavoro deduce, invece, che il ricorrente era assunto il giorno dell’infortunio sul lavoro, che aveva a disposizione tutti i dispositivi di protezione individuale; che aveva subito l’infortunio occorso perché aveva avuto un comportamento anomalo, potendo svolgere con un’altra scala la misurazione di cui era stato incaricato; che comunque c’era una sua corresponsabilità nella causazione del sinistro.
Il Tribunale ritiene la domanda parzialmente fondata.
Premessa la domanda azionata per il risarcimento differenziale dei danni, il datore di lavoro è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale del datore di lavoro.
Dall’istruttoria è emerso che l’infortunato, mentre era addetto allo svolgimento di lavori edili in una civile abitazione, dovendo effettuare la misurazione di una soglia, era salito su una scala di ferro appoggiata su un ponteggio costituito da due cavalletti ed una pedana, cadendo rovinosamente al suolo.
Non si trattava di un vero e proprio ponteggio, ma era un’opera provvisoria non conforme ai requisiti prescritti dalla normativa e non era stabile.
Uno dei testi, inoltre, ha riferito di non avere mai ricevuto dal datore di lavoro convenuto dispositivi di sicurezza individuale e che a sua memoria tali dispositivi non vi erano.
Altro teste, invece, ha riferito che il datore di lavoro forniva regolarmente DPI e che i ponteggi erano a norma.
Invero, per quanto riguarda i ponteggi, gli ispettori SPESAL ne hanno accertato la non conformità.
Ciò posto, l’infortunato ha fornito la prova dell’esistenza del rapporto di lavoro, del danno subito e del nesso causale tra danno e prestazione.
E’ superfluo accertare se il ricorrente fosse regolarmente assunto, o meno, nel momento del sinistro, atteso che la responsabilità del datore di lavoro si atteggia in entrambi in casi allo stesso modo.
Il datore di lavoro convenuto, non ha fornito la prova liberatoria a sua discolpa, in particolare non ha provato di aver adottato tutte le misure idonee ad evitare l’evento dannoso; nello specifico non ha provato né che il ponteggio fosse a norma di legge né che l’infortunato avesse compiuto un’azione imprevedibile ed improvvisa tale da interrompere il nesso causale tra attività lavorativa ed evento.
Per tale motivo il ricorrente ha diritto al risarcimento dei danni subiti a causa dell’inadempienza del datore di lavoro dagli obblighi impostigli dall’art. 2087 c.c.
Dal risarcimento devono essere detratte le somme percepite dall’Istituto per l’infortunio sul lavoro poiché quanto risarcito dal datore di lavoro ha natura differenziale, copre cioè il danno non risarcito, purché vi sia responsabilità penale del datore di lavoro o – come ritiene la costante giurisprudenza – vi sia la violazione del datore di lavoro dell’obbligo di garantire la sicurezza dei lavoratori ai sensi dell’art. 2087 c.c., la cui violazione è rilevante sotto il profilo della colpa.
Ebbene, il CTU ha accertato che a seguito del sinistro il ricorrente ha subito un danno da inabilità temporanea assoluta di gg. 30, un danno da inabilità temporanea al 75% fino al 30.11.2008 (dunque di gg. 134) ed un danno biologico permanente del 7%.
Considerate le Tabelle di Milano per l’anno 2008 e la percentuale di invalidità riconosciuta dal CTU al 7%, al ricorrente viene liquidata la somma di EUR 1.261,80 a titolo di ITT, EUR 4.227,03 a ti tolo di ITP, EUR 7.479,14 per danno biologico permanente, per complessivi EUR 12.967,97.
Tale liquidazione viene elevata, in via equitativa, fino ad EUR 15.500,00 in un’ottica di personalizzazione e completezza della liquidazione, delle sofferenze interiori, non sfociate però in conseguenze patologiche, conseguite all’illecito; sofferenze la cui effettiva verificazione è desumibile dal tipo di patologia e dagli accertamenti medici a cui il danneggiato ha dovuto sottoporsi.
Da tale importo va poi detratta la somma erogata dall’Istituto a titolo di indennizzo sia per l’ITT che per il danno biologico.
L’unica voce di danno non coperta dalla liquidazione dell’Inail è il danno morale soggettivo, quantificato in via equitativa in EUR 2.532,03 (pari ad EUR 15.500,00 – EUR 12.967, 97) , che viene riconosciuta al ricorrente a titolo di danno differenziale, valutato all’anno 2008.
Avv. Emanuela Foligno
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