Il caso riguarda la domanda risarcitoria proposta nei confronti della società LIDL Italia in relazione ai danni subiti in conseguenza di una caduta nel supermercato avvenuta il 27/4/2015.
La Cassazione: “in materia di responsabilità ex art. 2051 c.c., a carico del soggetto danneggiato sussiste l’onere di provare soltanto la derivazione del danno dalla cosa e la custodia della stessa da parte del preteso responsabile, non pure la propria assenza di colpa nel relazionarsi con essa” (Corte di Cassazione, III civile, ordinanza 8 luglio 2024, n. 18528).
I giudizi di merito
Tribunale e Corte di Appello di Venezia respingono la domanda risarcitoria della vittima caduta nel supermercato. Il Giudice di prime cure rigettava la domanda, ritenendo che la condotta dell’attrice fosse stata imprudente, anche in presenza di adeguati presidi, posti in essere dalla Lidl per evitare cadute, quali il posizionamento di un tappeto tra le due porte di ingresso al supermercato. Anche il Giudice di appello dà atto che la presenza dell’acqua sul pavimento, a causa della pioggia in corso, fosse percepibile e prevedibile da parte della danneggiata e che la stessa non avrebbe provato di avere adottato la cautela esigibile in relazione al caso concreto.
Il vaglio della Cassazione
La ricorrente deduce errato l’aver ritenuto interrotto il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno sul presupposto della mera prevedibilità della situazione di pericolo rappresentata dal pavimento bagnato e dalla pioggia in atto. In particolare, censura la sentenza impugnata dove afferma che lo stato dei luoghi era “sufficientemente percepibile per le conosciute condizioni di maltempo e di pioggia battente presenti in loco, che certamente imponevano all’appellante la massima cautela per la presenza di acqua sulla pavimentazione di ingresso del supermercato dovuta dalla pioggia trasportata all’interno da scarpe ed a indumenti bagnati degli avventori”.
In sostanza, il ragionamento dei Giudici di appello è basato sulla percepibilità delle condizioni metereologiche e dei luoghi dell’esercizio commerciale… “in un contesto siffatto, era perfettamente prevedibile per la vittima porre in essere quelle necessarie ed indispensabili cautele per accedere al supermercato”.
Così facendo, tuttavia, la Corte veneziana avrebbe ristretto il perimetro della responsabilità delineata dall’art. 2051 c.c. alle sole ipotesi di un’insidia o della pericolosità occulta della res, senza “avvedersi” che l’onere in capo al danneggiato di provare un’insidia o un pericolo non visibile e non avvertibile con la media diligenza è principio pertinente al criterio di imputazione colposo elaborato nell’ambito dell’art. 2043 c.c.“.
Violati i principi in tema di riparto dell’onere di prova
Inoltre, la Corte veneziana avrebbe violato i principi in tema di riparto dell’onere della prova nell’ambito della responsabilità oggettiva ex art. 2051 c.c., in quanto accolla alla danneggiata, oltre all’onere di provare il nesso di causa tra la cosa in custodia e l’evento dannoso, anche quello di dimostrare di avere tenuto una condotta non improvvida”, mentre “incombe sul custode l’onere di provare il caso fortuito, che può essere rappresentato anche dal fatto del danneggiato”.
Quest’ultima censura è fondata.
La Cassazione richiama l’ormai pacifico presupposto secondo cui la responsabilità di cui all’art. 2051 c.c. è di natura oggettiva e che vi è una altrettanto pacifica distinzione tra fatto del danneggiato e caso fortuito.
Ergo, affermare che la responsabilità per custodia ha natura oggettiva equivale a dire che si prescinde da ogni connotato di colpa, sia pure presunta, talché è sufficiente, per la sua configurazione, la dimostrazione da parte dell’attore della derivazione del danno dalla cosa, nonché del rapporto di fatto custodiale tra la cosa medesima e il soggetto individuato come responsabile.
L’errore dei giudici di Appello
Quindi, ha sbagliato la Corte di Appello ad affermare che la presunzione di colpa prevista dall’art. 2051 c.c. presuppone che il danneggiato dimostri l’esistenza del nesso causale tra la cosa in custodia e il fatto dannoso, dimostrando che la sua improvvida condotta non abbia dato luogo all’evento dannoso, perché in tal caso il custode non ne risponde.
La causa viene rinviata alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione, per la decisione sul merito, in applicazione del seguente principio di diritto:
“In materia di responsabilità ex art. 2051 c.c., a carico del soggetto danneggiato sussiste l’onere di provare soltanto la derivazione del danno dalla cosa e la custodia della stessa da parte del preteso responsabile, non pure la propria assenza di colpa nel relazionarsi con essa” (Corte di Cassazione, III civile, ordinanza 8 luglio 2024, n. 18528).
Avv. Emanuela Foligno