Negligenza professionale ed errata valutazione del nesso eziologico

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Intervento di revisione della derivazione spino-midollare provoca paraplegia grave ma non c’è nesso causale tra la somministrazione di eparina prima dell’intervento e la perdita di funzionalità degli arti inferiori. Quindi i Giudici respingono la domanda di risarcimento. La Cassazione rinvia in Appello perché il Giudice ha effettuato una errata valutazione del nesso eziologico relativo al pregiudizio subito alla salute (Cassazione civile, sez. III, 04/07/2024, n.18312).

Il caso

L’ATP evidenziava, in relazione a paraplegia grave conseguente ad intervento chirurgico di revisione della derivazione spino-midollare, la negligenza professionale sia nella mancata sospensione dell’eparina dodici ore prima e dodici ore dopo l’intervento, che nella mancanza del consenso informato in relazione alle complicanze dell’intervento.

Successivamente veniva instaurato giudizio civile, nel corso del quale la paziente decedeva, e, disposta l’integrazione di consulenza tecnica, il Tribunale rigettava la domanda. Con sentenza del 18 maggio 2022 la Corte d’Appello di Firenze rigetta l’appello.

I Giudici di appello hanno osservato che vi era assenza di nesso causale, secondo il criterio del più probabile che non, tra la somministrazione di eparina prima dell’intervento e l’evento dannoso verificatosi. Ovvero la perdita di funzionalità degli arti inferiori, sulla base del seguente chiarimento del CTU: “l’ematoma epidurale sopravvenuto alla paziente, che ha determinato la paraplegia e il disturbo sfinterico, è stato prodotto da un insieme di fattori patologici preesistenti fra i quali i più importanti sicuramente individuabili in patologia vascolare sistemica, in alterazione del canale vertebrale sia su base degenerativo artrosica che congenita quale una stenosi del canale vertebrale a livello dorso-lombare (sede dell’ematoma) e quale attore accessorio dalla mancata sospensione della terapia eparinica a basso peso molecolare, terapia che aveva sostituito da 7 giorni quella con Cardioaspirina, della quale la signora faceva uso a causa della patologia vascolare sistemica e del pregresso ictus … di peso sostanzialmente maggiore risultano la patologia vascolare e la stenosi rachidea delle quali la paziente era portatrice, mentre solo in bassa percentuale (10%) la mancata sospensione del trattamento eparinico”.

La Consulenza Tecnica

Concludono pertanto che, avendo il CTU evidenziato che la somministrazione eparinica aveva nel caso di specie solo aumentato la percentuale di verificazione dell’evento di circa il 10-15%, percentuale comunque molto inferiore al 50%, non poteva ritenersi secondo il criterio del più probabile che non che la condotta alternativa ritenuta doverosa (sospensione terapia eparinica) avrebbe evitato l’evento lesivo verificatosi.

La vicenda approda in Cassazione

Viene contestata la illogicità della sentenza nella parte in cui ha applicato il criterio meramente statistico, e non quello logico-razionale, ritenendo non provato il nesso di causalità tra la condotta omissiva dei sanitari e l’ematoma derivato dalla somministrazione, affermando che “l’aumento di verificazione dell’evento di circa il 10 – 15%” sia una percentuale “comunque molto inferiore al 50%” e che la Corte nell’applicazione del criterio logico-razionale avrebbe dovuto valutare l’ulteriore elemento, ossia che qualora i sanitari si fossero comportati come l’agente modello è più probabile che non che l’incidenza dell’ematoma non sarebbe aumentata di circa 25,2 volte, con conseguente paraplegia e vescica e intestino neurologici.

La censura è fondata

Innanzitutto, sotto il profilo della causalità materiale, i Giudici di secondo grado hanno escluso la ricorrenza del nesso eziologico recependo sul punto la valutazione della CTU, secondo cui l’ematoma epidurale sopravvenuto alla paziente, che ha determinato la paraplegia e il disturbo sfinterico, è stato cagionato da patologie preesistenti, rispetto alle quali ha avuto una funzione accessoria la mancata sospensione della terapia eparinica a basso peso molecolare, per cui di peso sostanzialmente maggiore risultano la patologia vascolare e la stenosi rachidea delle quali la paziente era portatrice, mentre solo in bassa percentuale (10%) ha inciso la mancata sospensione del trattamento eparinico.

Ragionando in tal senso, ed escludendo il nesso eziologico solo perché dotato di efficienza eziologica minore rispetto allo stato patologico pregresso, i Giudici hanno violato il principio di diritto secondo cui qualora l’evento dannoso risulti riconducibile alla concomitanza di una condotta umana e di una causa naturale, tale ultima dovendosi ritenere lo stato patologico non riferibile alla prima, l’autore del fatto illecito risponde in toto dell’evento eziologicamente riconducibile alla sua condotta, in base ai criteri di equivalenza della causalità materiale.

Ciò, ormai, può dirsi del tutto granitico, in quanto è stato dalla giurisprudenza abbondantemente chiarito che l’eventuale efficienza concausale degli eventi naturali rileva esclusivamente sul piano della causalità giuridica, ex art. 1223 c.c., ai fini della liquidazione, in chiave complessivamente equitativa, dei pregiudizi conseguenti, ascrivendo all’autore della condotta un obbligo risarcitorio che non comprenda anche le conseguenze dannose da rapportare, invece, all’autonoma e pregressa situazione patologica del danneggiato.

La valutazione del nesso eziologico

In secondo luogo, la valutazione del nesso eziologico è stata svolta dai Giudici di merito anche in relazione alla domanda risarcitoria avente per oggetto l’evento dannoso costituito dalla perduta chance. Nella valutazione di tale domanda il Giudice ha erroneamente applicato il criterio eziologico relativo al pregiudizio subito alla salute. Evidenziando che la somministrazione eparinica aveva solo aumentato la percentuale di verificazione dell’evento di circa il 10-15%, percentuale comunque molto inferiore al 50%, è stato escluso che, secondo il criterio del più probabile che non, la condotta alternativa ritenuta doverosa (sospensione terapia eparinica) avrebbe evitato l’evento lesivo verificatosi. In tal modo non ha svolto però la valutazione dal punto di vista della chance, posto che l’accertamento del nesso di causa avente ad oggetto la perdita di “chance” di conseguire un risultato utile non richiede anche l’accertamento della concreta probabilità di conseguire il risultato.

In conclusione, il Giudice del merito del rinvio dovrà valutare il nesso eziologico rispetto all’evento del danno alla salute nei termini sopra indicati. Qualora il giudizio di fatto sia sul punto negativo, dovrà procedere all’accertamento di fatto in relazione al diverso evento della perduta chance, debitamente oggetto di domanda.

Avv. Emanuela Foligno

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