Un’indagine condotta dalle Fiamme Gialle sul caporalato in provincia di Verona ha portato all’esecuzione di sei misure di custodia cautelare

La Guardia di Finanza di Verona ha eseguito 6 misure cautelari coercitive nell’ambito di un’indagine sull’intermediazione illecita e lo sfruttamento di manodopera, il cosiddetto caporalato. Le ipotesi di reato, contestate sono corruzione, falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici e truffa aggravata ai danni dello Stato.

Tra i destinatari del provvedimento, emesso dal gip su richiesta della Procura, figura anche un medico legale competente in medicina del lavoro e due suoi collaboratori. Con loro anche due impiegati dell’Inps di Verona e un finanziere.

L’indagine è scaturita da un grave incidente stradale occorso nel novembre 2017 nel ferrarese. Il sinistro ha coinvolto dodici lavoratori residenti nel veronese e impiegati in cooperative della provincia. Gli inquirenti hanno subito sospettato che si potesse trattare di una forma di sfruttamento.

I Finanzieri della Compagnia di Soave hanno avviato un’attività investigativa su alcune società cooperative riconducibili a un soggetto di origine marocchina regolarmente residente in Italia.

Dalle indagini è effettivamente emerso un articolato sistema di sfruttamento dei lavoratori.

Questi sono prevalentemente soggetti di origine africana, quasi tutti privi di documenti d’identità e permesso di soggiorno. Ma vi sono anche alcuni italiani assunti in nero.

Gli accertamenti hanno permesso di scoprire un complesso meccanismo finalizzato a fare apparire regolari i lavoratori impiegati. Il “caporale” riusciva infatti a far dichiarare “abili” lavoratori che non si erano mai presentati alle visite mediche e che erano irregolari in Italia. Il tutto attraverso la connivenza di un medico specializzato in medicina del lavoro, competente per le visite di idoneità sanitaria sui lavoratori delle cooperative.

Il camice bianco rilasciava i certificati di idoneità anche nei confronti di soggetti privi dei requisiti sanitari necessari o, addirittura, di validi documenti d’identità. Riceveva un compenso fisso per ogni persona “certificata” favorevolmente.

Per il caporale è stato disposto il giudizio immediato.

Gli inquirenti si sono poi concentrati sull’attività del medico e di due collaboratori, scoprendo che il professionista intratteneva rapporti con alcuni funzionari dell’Inps di Verona. Questi erano impiegati nell’ambito della procedura prevista per l’assegnazione dei punteggi di invalidità e la concessione delle relative pensioni e indennità accessorie.
Le indagini hanno portato a riscontrare, anche in tale settore, gravi illeciti.

Il medico legale, in particolare, avrebbe prodotto documentazione sanitaria attestante false patologie invalidanti. In tal modo avrebbe consentito a circa 50 soggetti di ottenere pensioni di invalidità e/o indennità di accompagnamento non dovute.

L’indagato, secondo le ipotesi accusatorie, avrebbe istruito i suoi pazienti sul comportamento da adottare davanti alla Commissione di Verifica per le invalidità Civili dell’Inps. L’obiettivo era quello di indurre in errore i medici competenti e procurare agli interessati il riconoscimento delle erogazioni non spettanti.

Il disegno criminoso si completava con l’opera dei due funzionari dell’Inps. Questi “seguivano” le pratiche dei pazienti segnalati, apportando agli atti adottati dalla Commissione modifiche tali da far figurare ottenute indennità ovvero pensioni di invalidità in difetto dei presupposti di legge. Anche loro ricevevano per ogni paziente un compenso in denaro o “altra utilità”. L’inchiesta vede attualmente indagati 42 soggetti percettori illegittimi delle varie assistenze erogate dall’Inps.

Nell’ambito delle indagini, infine, è stato evidenziato un datato e duraturo rapporto di amicizia tra il medico indagato e un finanziere. Quest’ultimo avrebbe beneficiato di almeno due certificati falsi di attestazione di patologie che gli avrebbero – se veritiere – consentito di assentarsi legittimamente dal lavoro.

 

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