Accolto il ricorso dei familiari che ora attendono risposte dall’interrogatorio dell’autista del bus, unico indagato nel procedimento

Si riapre l’inchiesta sulla morte delle 13 studentesse Erasmus, di cui sette ragazze italiane, decedute lo scorso marzo in Catalogna a causa di un incidente stradale del bus che le stava riportando a Barcellona da Valencia, dove si erano recate in occasione di una festa tradizionale cittadina.
La giustizia spagnola ha accolto il ricorso presentato dai familiari delle vittime nei confronti dell’archiviazione del caso disposta a novembre dal Tribunale di Amposta. Il giudice per le indagini preliminari aveva ritenuto che il conducente del bus non avesse responsabilità tali da richiedere un procedimento penale; il tutto senza che l’uomo venisse mai sentito, nonostante la polizia avesse ritenuto che la causa più probabile dell’incidente fosse stato proprio un colpo di sonno dell’autista e lo stesso guidatore, secondo la stampa locale, avrebbe ammesso di essersi addormentato.
Ad avvalorare l’ipotesi anche la testimonianza di chi è sopravvissuto a quella terribile tragedia, che avrebbe riferito di aver visto più volte l’uomo abbassare il finestrino per prendere aria, come se avesse sonno. L’archiviazione aveva suscitato l’indignazione dei familiari, smuovendo anche l’allora premier Matteo Renzi, che aveva assicurato l’impegno del Governo a sostegno della riapertura delle indagini.
Ora il nuovo giudice istruttore procederà, come primo atto, a valutare le eventuali responsabilità dell’unico indagato tramite quell’interrogatorio che avrebbe dovuto tenersi due giorni dopo la data in cui il procedimento era stato archiviato. Al proposito lo stesso giudice avrebbe ricordato che, secondo la giurisprudenza, la sonnolenza al volante è considerata come ‘guida temeraria’.
L’auspicio dei parenti delle vittime è che si possa far chiarezza, una volta per tutte, sulle responsabilità dell’accaduto. “Non è stata una tragedia casuale – afferma il padre di una delle ragazze – ma nata da un viaggio organizzato in modo demenziale, perché imponeva una tabella di marcia massacrante: in 24 ore lo stesso conducente doveva guidare per 350 km all’andata e 350 km al ritorno”.

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