Riconosciuto un risarcimento di circa 300 mila euro ai genitori di una ragazza morta all’età di 35 anni per una cirrosi epatica dovuta a una trasfusione di sangue infetto effettuata a fine anni ‘70

Poco più di 300 mila euro. E’ il risarcimento riconosciuto ai genitori di una donna morta all’età di 35 anni nell’aprile del 2014 a causa di una cirrosi epatica causata da una trasfusione di sangue infetto a cui la vittima era stata sottoposta a fine a ’70, nel reparto di patologia neonatale dell’ospedale Cardarelli di Napoli.

La vicenda è raccontata dalla Voce di Mantova. La donna, che ha trascorso gran parte della propria vita in Lombardia, aveva scoperto la malattia solamente nel 2000. Quindi, nel 2006 aveva intentato una causa civile contro il Ministero della Salute, il cui verdetto era arrivato nel 2018, quando la giovane era già morta da quattro anni. Il Tribunale di Brescia, peraltro, aveva ritenuto di assolvere il dicastero per la mancata tempestività della domanda formulata dall’attrice.

La sentenza è poi stata ribaltata in appello, anche sulla base di una consulenza tecnica che ha riconosciuto il nesso di causalità fra la trasfusione fatta nel capoluogo partenopeo e la malattia costata la vita alla paziente, dopo che questa si era sottoposta a due trapianti.

Il risarcimento, che se la vittima fosse stata ancora in vita sarebbe ammontato a oltre 850 mila euro, è stato invece quantificato in 349.753 euro, da cui sono stati detratti 49 mila euro che la donna aveva ricevuto come indennizzo di invalidità quando era ancora in vita.

Il legale della famiglia, riferisce sempre la Voce di Mantova, dopo la causa civile per i danni che riguardano la vittima principale e che possono trasmettersi in favore degli eredi iure hereditatis, intende intraprendere anche la causa  per il risarcimento dei danni riflessi, incidenti sulle cosiddette “vittime secondarie”, vale a dire le persone “vicine” alla vittima primaria (iure proprio).

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