Com’è chiara «l’indispensabilità» del buon medico legale

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Anche in questa occasione debbo invitare i lettori di «Responsabile Civile» a rileggersi l’articolo di “Io Polemico” del 6 ottobre scorso. Valutato quell’articolo si dovrà procedere alla lettura della relazione definitiva che si allega in calce al presente e quindi fare insieme le considerazioni del caso.

Bisogna fare dapprima delle premesse.

  • Il CTU molto responsabilmente ha meditato sulle osservazioni fatte dal sottoscritto ed ha aggiustato il “tiro” anche se parzialmente in quanto in certi punti ha troppo sorvolato sulle precise richieste;
  • La competenza giuridica del medico legale deve fare la differenza con quella di un ctu non specialista come il collega neurochirurgo. Questo concetto è fondamentale per svolgere adeguatamente l’incarico conferito dal Giudice e per essere a quest’ultimo utile nel dedurre le conclusioni di sua esclusiva competenza.

Se leggiamo attentamente la relazione definitiva del ctu si può notare come esso conferma senza alcun dubbio una responsabilità dei sanitari sul versante della “informazione” ma nega una errata indicazione all’intervento e quella specifica esecuzione giustificando che un prolungamento dell’artrodesi poteva essere fatto in due tempi: insomma il ctu se la canta e se la suona da solo.

Questo fa comprendere come la cultura medico legale in un giudizio di responsabilità sanitaria è assai importante in quanto una cultura specifica porterebbe a dare un peso giuridico alle conclusioni a cui si giunge o comunque alle considerazioni che si fanno.

Spesso nelle perizie si leggono (come in questo caso) degli excursus logici completamente slegati al caso di cui si parla, ossia si ragiona ex post cercando di giustificare l’operato dei sanitari senza mai considerare il caso concreto e come il sanitario avrebbe dovuto ragionare (e quindi anche informare) ex ante difronte ad una situazione patologica da risolvere ove ciò fosse possibile.

L’indicazione ad un intervento nasce dall’attenta disamina del paziente e della sua storia clinica. In questo caso la paziente aveva subito un intervento chirurgico oncologico e una serie di chemioterapie. Ma ha mai pensato il neurochirurgo all’influenza negativa neurologica della chemio? Ha valutato nella precisa realtà se il quadro radiologico accertato giustificasse la sintomatologia in atto sulla paziente: NO!

Nel caso della perizianda DD essa aveva una sofferenza EMGrafica della radice L5-S1 e una lieve instabilità che non era causa della claudicatio. Aveva invece una ernia L4-L5 che poteva giustificare una claudicatio.  Ossia non esisteva una vera instabilità né una stenosi significativa eppure il chirurgo ha operato come se esistesse una sera stenosi e una sera instabilità.

Il CTU non si è mai soffermato su questo punto: ha valutato congrua l’indicazione e ha “precisato” che la fusione di un solo livello poteva non essere sufficiente e che però l’allungamento della fusione poteva essere fatto in un secondo tempo. Ma veramente si tratta solo di una disinformazione come affermato dal ctu e non, invece, di una errata indicazione? Ma se fosse come dice il ctu, è un “giochino” fare un intervento “maggiore” ad un paziente per vedere se va bene (perché non si può dire altro se la mancata fusione era prevedibile) per poi rifarne un altro con maggiore pericolosità e maggior rischio di complicanze? Mi sembra una vera follia!

Ritornando alla perizia definitiva, il ctu ribadisce come deve essere tenuto in considerazione lo stato preesistente per valutare le modificazioni del post operatorio e che questo ha giustificato l’intervento poiché ha evitato una possibile complicanza futura (sindrome della cauda equina). Afferma l’esistenza di una vera spondilolistesi e di una stenosi che dunque dovevano essere corrette chirurgicamente con una stabilizzazione e una laminectomia, ma che tali procedure avrebbero dovuto seguire una discectomia del livello L4-L5 per favorire la fusione e poi afferma che il maggior danno non dipende dai sanitari.

MA UN OTTIMO MEDICO LEGALE AVREBBE DETTO TUTTE QUESTE “INESATTEZZE” E “CONTRADDIZIONI”?

E poi ne parliamo dei “numeri valutativi”? Nella bozza il ctu parlava di una situazione clinica attuale della perizianda che  poteva essere valutata secondo i “criteri orientativi del SIMLA” nella misura del 30%: senza parlare di maggior danno. Nella perizia definitiva parla di una valutazione complessiva del 60% di cui solo il 20% è legata alla responsabilità omissiva dei sanitari a motivo della disinformazione: insomma cacio e pepe sulla “medicina legale valutativa”.

Tale affermazione vuol significare quanto segue:

  • Che il ctu non ha ben compreso il concetto del “risultato atteso” di una terapia chirurgica;
  • Che il ctu dovrebbe specializzarsi in medicina legale per saper valutare il danno alla salute.
  • Che il ctu non comprende le conseguenze di una disinformazione: quale diritto sia stato leso, quale risarcimento va valutato a favore del leso disinformato, quali le conseguenze risarcibili di un danno alla salute a seguito di una disinformazione.

Insomma, il sottoscritto si appella non solo al legislatore di legiferare presto a riguardo della necessità di affidare incarichi peritali ad un collegio di periti con necessaria presenza di un medico legale COLTO, ma anche ai Giudici i quali devono di essere prudenti nell’affidare incarichi a veri esperti medico legali e a vigilare sul loro comportamento con grande severità e attenzione.

Dr. Carmelo Galipò

Scarica il pdf:

CTU D.D. definitiva

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