Della documentazione presente in atti (alla quale si rimanda per una completa lettura ed al cui insieme si è fatto costantemente riferimento nel corso delle presenti operazioni), vengono riportate – in estrema sintesi per comodità espositiva – le parti salienti ai fini della presente disamina.
22.06.2006 Visita Ginecologica, Dott. A.
…prolasso genitale di III grado C= 0 Aa= +1…
06.07.2006 Cartella Clinica ricovero – Ospedale di A reparto di Ginecologia Ostetricia
…diagnosi di “PROLASSO GENITALE DI TERZO GRADO”.
Visita ginecologica:
…GE e vagina da pluripara. Vagina regolare distrofica. Prolasso genitale POP-Q: Aa +1, Ba -1, C=0, D -1,Ap -1, Bp -2, gh 3, pb 2, TVL 7. Diagnosi clinica prolasso genitale III grado. Orienta- mento terapeutico TVM totale.”
consenso informato:
…Essendo Lei affetta da prolasso vaginale di III grado (secondo la classificazione POP-Q dell’ ICS) sia della vescica che del ret- to, l’intervento previsto dalla nostra UO è il posizionamento di una rete in prolene morbida non assorbibile Gynecare…
Ecografia: Corpo uterino di dimensioni lievemente aumentate ad ecostruttura disomogenea per fibromatosi diffusa. In particolare si segnala la presenza di un mioma della parete laterale dx di 31×24 intramurale sottosieroso con alcune calcificazioni interne. Ecopattern endometriale di spessore sottile ad ecostruttura di- somogenea compatibile con un periodo di post menopausa. Ovaie nella norma per sede dimensioni ed ecostruttura. Non falde fluide nel Douglas….
07.07.2006 dimissione
14.07.2006 Uroflussometria – Ospedale di A
…Curva di flusso di tipo appiattito intermittente, con riduzione del flusso ed aumentati tempi di flusso. Svuotamento completo della vescica “
Studio pressione flusso
…l’esame inizia posizionando tampone vaginale per riduzione del voluminoso cisto-rettocele e posizionando catetere vescicale a 2 vie e sonda rettale 8 fr. Normale sensibilità propriocettiva vescicale con capacita e compliance normali. Detrusore iper- contrattile. VLPP: non fuga di urina a 300 cc di riempimento e PVesc di 70 cm di H20. FD 100 cc. ND 180 cc. Cys cap 400 cc. Residuo post minzionale 230 cc. Ostruzione media se. Blai- vas-Groutz. Si segnala l’uso del torchio addominale in fase minzionale…
20.07.2006 Esame obiettivo ginecologico: (contenuto nella Cartella Clinica relati- va al ricovero del 20.08.2006 presso Ospedale di
…GE e vagina da pluripara. Vagina regolare distrofica. Pro-lasso genitale POP-Q: Aa +1, Ba -1, C=0, D -1, Ap -1, Bp -2, gh 3, pb 2, TVL 7. Diagnosi clinica prolasso genitale III grado. Orien- tamento terapeutico TVM totale….
20.08.2006 Cartella Clinica ricovero – Ospedale di A reparto di
Ginecologia Ostetricia
21.08.2006 Intervento chirurgico
…TVM TOTALE… …Disinfezione dei GE e della vagina. Previa infiltrazione con soluzione ischemizzante si procede a colpotomia longitudinale anteriore, scollamento della vescica dalle pareti vaginale e preparazione degli spazi paravescicali ad identificare le spine ischiatiche e l’arco tendineo della fascia endopelvica bilateralmente. Mediante passaggio transotturatorio doppio bila- terale si procede a posizionamento di protesi tipo TVM anteriore. Colporrafia anteriore previo fissaggio della protesi al collo uterino e alla vescica con punti staccati riassorbibili. Colpotomia posteriore longitudinale previa infiltrazione e preparazione degli spazi pararettali ad identificare bilaterale le spine ischiatiche e il leg sacrospinoso. Posizionamento di TVM posteriore mediante passaggio transgluteo e fissaggio della protesi con punti staccati al collo uterino e alla vagina. Colporrafia in continua e controllo dell’emostasi. Punti staccati sulla cute. Zaffo stipato in vagina e Foley vescicale…
29.10.2006 Cartella Clinica ricovero presso – Ospedale di A. re- parto di Ginecologia Ostetricia
…Patologia prossima
la paziente ha effettuato intervento chirurgico di TVM totale ad Agosto 2006. Da circa 2 mesi riferisce IUS la paziente si rico- vera per le cure e gli accertamenti del caso.
Esame obiettivo ginecologico
GE regolari, cupola vaginale normotrofica, Corpo uterino assente per pregresso intervento chirurgico, campi annessiali non dolenti. Assenza di perdite ematiche in vagina…
30.10.2006 Intervento chirurgico
Incisione retroureterale e preparazione del tramite fino al xxxxxxxxxxxx si procede a posizionamento con aghi di benderel- la retrouretrale Gynevare TVTO. Sutura xxx retrouretrale controllo emostasi
31.10.2006 Dimissione
11.05.2007 Visita Ginecologica, Dott. A – (documento ripotato nella relazione del Dott. C ma non presente in atti)
“…NO IUS, Aa -2, Ab -5, Ap -1, Bp -2, TL 8, C O, D -5, gw 4,
pb 6, controllo in settembre prolasso II grado recidiva…”, con riferita persistenza di incontinenza urinaria….
03.11.2007 Cistografia opaca – Ospedale RA – (documento ripotato nella relazione del Dott. C G ma non presente in atti)
…in stazione eretta il bassofondo vescicale si posiziona 1 cm distalmente rispetto al margine inferiore della sinfisi pubica. Nella manovra di Valsalva si apprezza ulteriore modesta discesa caudale di 1 cm circa in assenza di documentazione di perdita involontaria di mdc. Presenza di modesto residuo dopo minzione. I reperti descritti sono da riferire a cedimento del compartimento anteriore del pavimento pelvico con secondario prolasso vescicale…
05.12.2007 Ecografia addome inferiore – Ospedale RA – (documento riportato nella relazione del Dott. C G. ma non presente in atti)
…il basso fondo vescicale si situa al di sotto del margine superiore della sinfisi pubica…
28.04.2008 Prove urodinamiche – Ospedale RA Indici flussometrici ridotti. Alla cistomanometria vescica normoativa con regolari compliance e capacità cistomanomentri- ca. Normale studio pressione/flussso. Il VLPP mostra IUS di grado moderato
19.06.2008 Certificato Dott R D’A.
…Deve eseguire visita proctologica Dr. A. per incontinenza fecale…
10.10.2008 Manometria anorettale – Ospedale RA
…Tono sfinteriale a riposo ai limiti inferiori della norma; la contrazione volontaria sfinteriale appare caratterizzata da un insufficiente incremento dei valori pressori. Risposta riflessa al- la tosse presente. Riflesso inibitorio retto-anale presente. So- glia di percezione dello stimolo ad evacuare “superiore alla norma (60 ml di aria) come si osserva nei casi di megaretto e/o alterata sensibilità rettale. Mancata inibizione sfinteriale alla manovra del ponzamento; mancata espulsione del pallon- cino manomentrico, disteso con 50 ml di aria, alla manovra della defecazione simulata. CONCLUSIONI: Ipotono sfinteriale a riposo e deficit dello SAE. Alterata soglia di sensibilità allo stimolo ad evacuare. Quadro compatibile con una Sindrome da defecazione ostruita…
15.10.2008 Ecografia endo-anale – Ospedale RA
…1 – sfintere interno: interruzione della continuità a carico della parete anteriore, come per esiti scleroatrofici. 2- sfintere esterno: normoconformato, di spessore ridotto in sede anterio- re. Diffusa ipoecogenicità strutturale, in particolare, a livello del- la parete laterale destra, come esiti traumatici. Non si reperta- no immagini da riferire a fistole e/o ascessi perianali. Si se- gnala interposizione di mucosa rettale al terzo medio e distale del canale anale, in corrispondenza della parete laterale sini- stra, come da prolasso…
14.01.2009 Colpo-cisto-defecografia – Ospedale RA – (documento ripotato nella relazione del Dott. C G. ma non presente in atti)
…La vescica in posizione retta mostra posizionamento del bassofondo 2 cm distalmente rispetto al margine inferiore del- la sinfisi pubica. In valsalva si reperta sostanziale immodifica- zione del reperto in assenza peraltro di perdita involontaria di mdc lodato. Al passaggio tra clino e ortostatismo si rileva perdita involontaria del solfato di bario per via rettale nella sua quasi totalità. Si è comunque riusciti a documentare pre- senza di rettocele anteriore di 2 cm di profondità e di intus- suscezione di tipo basso intra-anale. Conclusioni: cistocele, perineo discesa e discendente; rettocele anteriore; intussusce- zione bassa intra-anale; incontinenza fecale…
23.06.2012 Ecografia dell’Addome
…vescica solo discretamemte discesa, comunque simmetrica, non prolassata nel piccolo bacino, con pareti di normale spessore, esente da formazioni patologiche parietali aggettanti e da calcoli endoluminali. Utero notevolmente prolassato con ecostruttura fibromatosa involutiva. Annessi in involuzione post-menopausale. Douglas libero da versamento…
12.06.2012 Visita Prof. A. G.
06.07.2012 Defecografia – C. B. di Roma – (documento ripotato nella relazione del Dott. C G. ma non presente in atti)
…Conclusioni: alla preliminare esplorazione generale si docu- menta cervicoptosi e prolasso rettale esterno. Verticalizzazione dell’ampolla rettale con abnorme angolo retto-anale (172°), perdita dell’impronta del muscolo pubo-coccigeo e assente mobilità del pavimento pelvico nelle fasi di contrazione e ponzamento. Perdita volontaria di mdc baritato dal retto sia in condizione di base che nelle fasi dinamiche. Il severo pro- lasso rettale esterno, già evidente in condizioni di base, mostra sostanziale stabilità durante la fase evacuativa. Grossola- no diverticolo della cupola vescicale. Perdita involontaria di urina iodata; fase minzionale tuttavia non valutabile per as- sente minzione spontanea. Modesto cistocele posteriore du- rante la spinta massima. Aumento dello spazio retto uretrale già in condizioni di base con ulteriore incremento in evacua- zione; tale reperto, con i limiti derivanti dalla mancata opaciz- zazione delle anse tenuali, potrebbe essere riferibile alla pre- senza di enterocele/elitrocele…
Considerazioni medico – legali
Sulla scorta delle risultanze della visita medica, letti gli atti ed i documenti di causa, sentite le parti e tenuto conto delle osservazioni dei loro consulenti, possiamo avanzare le seguenti considerazioni medico-legali in ordine ai quesiti posti dal Magistrato .
***
Sintesi delle vicenda clinica e medico legale
Risulta in anamnesi, in riferimento ai fatti di interesse, che BA, all’epoca quasi 75enne, aveva avuto tre gravidanze a termine con parto spontaneo, era affetta da ipertensione arteriosa, gastrite, artrosi, era stata già operata per ernia inguinale destra, aveva riportato frattura bilaterale dei polsi nel 1996 ed era in menopausa spontanea dall’età di 60 anni.
Ad una visita del Dott. A. del 22.06.2006 veniva certificato “…prolasso genitale di III grado C= 0 Aa=
+1…”.
Il 07.07.2006 si ricoverava presso il reparto di Ginecologia Ostetricia dell’ Ospedale ove veniva obiettivato “…GE e vagina da pluripara. Vagina regolare distrofica. Prolasso genitale POP-Q: Aa +1, Ba -1, C=0, D -1,Ap -1, Bp -2, gh 3, pb 2, TVL 7. Diagnosi clini- ca prolasso genitale III grado. Orientamento terapeutico
TVM totale…”.
Il 14.07.2006 eseguiva Uroflussometria che evidenziava “…Curva di flusso di tipo appiattito intermittente, con riduzione del flusso ed aumentati tempi di flusso. Svuotamento
completo della vescica…“
STUDIO PRESSIONE FLUSSO: “l’esame inizia posizionando tampone vaginale per riduzione del voluminoso cisto- rettocele e posizionando catetere vescicale a 2 vie e son- da rettale 8 fr. Normale sensibilità propriocettiva vescicale con capacita e compliance normali. Detrusore ipercontratti- le. VLPP: non fuga di urina a 300 cc di riempimento e PVesc di 70 cm di H20. FD 100 cc. ND 180 cc. Cys cap
400 cc. Residuo post minzionale 230 cc. Ostruzione media se. Blaivas-Groutz. Si segnala l’uso del torchio addominale
in fase minzionale…”.
Il 21.08.2006 veniva sottoposta, presso il reparto di Ginecologia Ostetricia dell’Ospedale di A., ad intervento chirurgico di “TVM TOTALE” (TVM= Trans Vaginal Mesh) per prolasso genitale totale.
Seguiva, dal 29.10.2006, nuovo ricovero presso lo stesso reparto di Ginecologia dell’Ospedale di A., ove veniva segnalato “…la paziente ha effettuato intervento
chirurgico di TVM totale ad Agosto 2006. Da circa 2 mesi riferisce IUS…” (IUS= Incontinenza Urinaria da Sforzo),
obiettivando “…GE regolari, cupola vaginale normotrofica, Corpo uterino assente per pregresso intervento chirurgico, campi annessiali non dolenti. Assenza di perdite ematiche in vagina…”.
Il 30.10.2006, la paziente veniva sottoposta ad inter-
vento chirurgico di TVTO (TVT= Tension-free Vaginal Ta- pe).
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Da una certificazione di visita ambulatoriale, che sarebbe stata eseguita dal Dott. A. in data 11.05.2007 emergerebbe una recidiva del prolasso genitale, segnalandosi “…NO IUS…”.
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Ulteriori accertamenti, confermerebbero la recidiva del prolasso genitale ed assenza di incontinenza urinaria (Cistografia opaca del 03.11.2007 ed Ecografia addome inferiore del 05.12.2007).
Nella documentazione clinica in atti, successiva all’intervento del 30.10.2006, emerge primo riferimento ad una incontinenza urinaria solo dalle Prove urodinamiche del 28.04.2008 (“…IUS di grado moderato…”), ad una in- continenza fecale da un certificato del 19.06.2008, altera- zioni della sensibilità rettale e del tono sfinteriale da una Manometria anorettale del 10.10.2008, prolasso genitale (con discesa della vescica e prolasso uterino) da una Ecografia addominale del 23.06.2012.
Nel corso della visita di ATP eseguita il 22.11.2013, la Sig.ra B. ha lamentato difficoltà nella minzione, che avviene con maggior frequenza rispetto alla norma, associata a frequenti perdite di urine (anche dopo minimi sforzi), perdita involontaria di gas e feci dall’ano che la costringono a seguire regimi dietetici specifici, tumefazione anale persistente.
Esame psichico sostanzialmente privo di stimmate psico-patologiche; pensieri ricorrenti di rivendicazione nei confronti dei sanitari ospedalieri che l’ebbero a trattare.
Cistocele che aumenta sotto manovra del Valsalva e che risulta manualmente riducibile; cervice uterina che raggiunge il piano imenale, manualmente riducibile e che non risente della manovra del Valsalva; rettocele che aumenta sotto manovra del Valsalva e che risulta manualmente riducibile; prolasso transanale del retto che aumen- ta sotto manovra del Valsalva e che risulta manualmente
riducibile; scolo involontario di urine sotto i colpi di tosse e durante manovra del Valsalva; non si riesce ad oggettivare perdita di gas e/o feci dall’ano, neanche in corso delle comuni manovre atte ad aumentare la pressione endoaddominale; esiti palpatori di tessuto connettivo cicatri- ziale principalmente ai lati dell’uretra; nulla di significativo a carico degli annessi.
***
Osservazioni delle Parti
Nel ricorso per Consulenza Tecnica Preventiva e Con- ciliativa e nelle Relazioni di Parte, a sintesi delle osservazioni ribadite anche nel corso della presente CTU, per Parte attrice si contestano i seguenti aspetti:
- Imperita valutazione preoperatoria del prolasso
- Imprudente indicazione ad intervento di TVM per sovra- stimato grado di prolasso genitale che ha esposto la Pa- ziente a rischio di incontinenza urinaria da stress, successivamente
- “…mancato consenso informato…”;
- Imperizia nell’esecuzione dell’intervento di TVM nella preparazione degli spazi perirettali con conseguente danno funzionale dell’apparato sfinteriale e rettale.
Parte convenuta osserva che:
- era presente “…prolasso genitale di secondo grado secondo Pop Q System, ma con isterocele di 3°…”;
- la paziente si rivolse al ginecologo “…perché la sua qua- lità di vita era notevolmente peggiorata, la cervice affiora- va alla rima vulvare…”;
- “…la decisione di intervenire chirurgicamente è stata pre-
sa d’accordo con la paziente per la sintomatologia provocata dal prolasso…”;
- “…l’indicazione all’intervento concordato e spiegato alla
signora era giusto…”;
- “…non ci sono state complicanze né intraoperatorie né post, ma solo l’intussuscezione retto anale che non può essere provocata dal posizionamento del TVM posteriore, anzi può migliorarlo, pertanto l’eziopatogenesi è riferibile ad un’alterazione dei fattori responsabili del controllo della defecazione…”;
- “…L’incontinenza fecale anch’essa non ha nessuna relazione in quanto l’apparato sfinteriale anale interno ed esterno non è interessato dall’intervento come descritto dall’atto chirurgico, e tantomeno il m. pubo-rettale…”;
- “…Per l’incontinenza urinaria che è stata trattata in un secondo intervento è la prassi, anch’essa ‘incontinenza potenziale’ slatentizzata dall’intervento e non la causa…”;
- “…non ci sono state complicanze intraoperatorie né post e tantomeno anatomiche ma funzionali che non sono imputabili per le motivazioni descritte all’intervento stesso, ma ad un deficit muscolare e di struttura del connettivo
per la pluriparità della paziente…”.
***
L’esame delle condotte medico-assistenziali
Esaminata attentamente la documentazione sanitaria, considerate le relazioni tecniche di parte ed i pareri dei consulenti tecnici di parte, anche espressi durante la riunione del 22.11.2013, il sottoscritto CTU – coadiuvato dal- lo specialista chirurgo ausiliario, dott. I. B., – è giunto alle seguenti considerazioni.
Riguardo alle condizioni cliniche presentate dalla Sig.ra BA prima dell’intervento chirurgico eseguite in data 21.08.2006, si rileva che a fronte di plurimi riferimenti documentali (visita ambulatoriale, cartelle di Pronto Soccorso, cartelle di ricovero, ecc…) che fanno riferimento ad un Prolasso Genitale III grado, gli stessi parametri richiamati dai curanti avrebbero dovuto far classificare la situazione contingente come Prolasso Genitale II grado e tale valutazione appare esser condivisa dagli stessi CCTTPP della parte convenuta.
Ciò premesso, sempre i CCTTPP della parte convenuta ASL asseriscono che la paziente presentava ‘…prolasso genitale di secondo grado secondo Pop Q Sy- stem, ma con isterocele di 3°…” e si rivolse al ginecologo “…perché la sua qualità di vita era notevolmente peggiorata, la cervice affiorava alla rima vulvare…”.
In realtà, anche se nella documentazione in atti emerge la presenza di un Prolasso Genitale che andava classificato di II grado ed un isterocele di III grado, non viene mai segnalata alcuna sintomatologia correlata a tali entità anatomica (anche del tipo di quella genericamente richiamata da parte convenuta: dolore gravativo, senso di corpo estraneo in vagina, dispareunia, disuria).
Quindi, dagli unici elementi oggettivi desumibili dalla documentazione clinica non può che confermare che vi fu una valutazione preoperatoria del prolasso genitale inadeguata, essendo presente un prolasso genitale di se- condo grado, anche se in presenza di isterocele di III grado, senza alcuna sintomatologia soggettiva.
Ciò premesso, nel modulo di consenso informato sottoscritto dalla paziente, è riportato che “…essendo lei af- fetta da prolasso di III° grado, (secondo classificazione POP Q dell’ICS) sia della vescica che del retto, l’intervento previsto nella nostra U.O. è il posizionamento di una rete in PROLENE* morbida non assorbibile GYNECARE pre-sagomata costituita da filamenti intrecciati polipropilene…”
Da tale descrizione emerge da un lato che presso quella Unità Operativa la procedura chirurgica posta in essere (TVM) veniva adottata solo per gradi di prolasso più gravi di quello in effetti presentato dalla B. e che fosse presente anche un prolasso del retto (anche se nulla risulta descritto in merito al comparto posteriore nei diversi esami obiettivi).
Ne deriva, quindi, confermato il giudizio di cui sopra, vale a DIRE CHE che vi fu “…Imprudente indicazione ad intervento di TVM per sovrastimato grado di prolasso genitale…”.
A tal riguardo, comunque, in letteratura viene riportato che quel tipo di intervento risulta praticato anche nei prolassi genitali di II grado e d’altra parte, non emergono diverse o più gravi complicanze quando la procedure viene applicata in condizioni anatomiche meno avanzate. Tuttavia, come sempre in chirurgia e più in generale in medicina, ogni Unità Operativa deve adattare le singole procedure ai risultati ottenuti ed alle precipue capacità tecniche dei propri sanitari.
Da ciò, se nella Ginecologia dell’Ospedale di A. l’intervento di TVM veniva praticato solo in presenza di prolasso genitale di III grado, è lecito ritenere che il rapporto rischi/benefici risultava favorevole solo in questa categoria di pazienti e pertanto si sarebbe dovuta espressamente informare la paziente, eventualmente, che l’intervento posto in essere presentava un minor <<indice terapeutico>>, anche se la tipologia di eventi avversi/complicanze non differivano qualitativamente da quelli osservabili in pazienti con patologia più avanzata.
Non solo, la stessa parte convenuta asserisce – correttamente – che “…la terapia chirurgica del prolasso genitale consiste nell’intervento di isterectomia vaginale. Questa tecnica garantisce un buon tasso di successi dal punto dl vista della correzione anatomica del prolasso, con una percentuale di recidive stimata intorno al 12%, ma comporta indubbiamente l’asportazione di un organo “sano” (l’utero)…”, quindi – specialmente per quanto sopra riportato in merito all’intervento di TVM ed alla luce dell’età della paziente (quasi 75enne) – andava anche prospettata l’asportazione dell’utero, quale intervento risolutivo della problematica.
Riguardo all’intervento eseguito il 30.10.2006, a seguito della comparsa di incontinenza urinaria, anche se le parti non muovono specifiche critiche, occorre rilevare che lo stesso veniva effettuato senza eseguire alcun accertamento preoperatorio.
Orbene, l’incontinenza urinaria (IU) è un sintomo, cioè una condizione soggettiva che deve essere innanzitutto obiettivata, vale a dire confermata da rilievi clinici e strumentali che ne ribadiscano la presenza, ne rivelino la etiologia e ne chiariscano la patogenesi.
L’inquadramento nosologico dell’incontinenza urinaria è estremamente importante poiché, essendo la perdita involontaria di urina un sintomo, esso può essere l’espressione di un ampio spettro di situazioni anatomico-disfunzionali a varia etiologia.
L’anamnesi accurata circa i momenti e gli eventi della vita del soggetto in esame che precedono o corrispondono o conseguono all’evento “incontinenza” sono per se già un primo elemento di diagnosi differenziale tra i vari tipi di incontinenza.
Esiste, infatti, una incontinenza urinaria (IU) conseguente a disfunzioni della vescica (o, meglio, del detrusore che è la porzione muscolare del viscere) che può spontaneamente contrarsi provocando perdita di urina; tale situazione può essere neurogena o non neurogena e, quest’ultima, può essere idiopatica, comportamentale, psicosomatica, ostruttiva, da cause organiche (conseguente per esempio a flogosi specifica o aspecifica o a cistite interstiziale), etc.
Si riconosce poi una IU conseguente a deficit sfinterico (complesso che si contrappone alla perdita involontaria dell’urina), che comporta una riduzione delle resistenze uretrali per deficit dei meccanismi della continenza (collo vescicale, sfintere uretrale distale intrinseco ed estrinseco); il deficit sfinteriale può essere congenito, post -traumatico, post-chirurgico, neurogeno, etc.
Si può avere, inoltre, una forma di IU mista, sindrome questa che associa moventi patogenetici sia detrusoriali che sfinteriali.
Si tratta quindi, comprensibilmente, di una patologia molto complessa che richiede, per una precisa diagnosi e per poter ritenere giustificati i relativi specifici trattamenti, un’accurata anamnesi, un puntuale esame clinico ed una serie d’accertamenti strumentali. Solo all’esito di tale percorso di studio si potrà stabilire una strategia terapeutica specificamente adeguata, la sola in grado di assicurare il miglior successo del trattamento.
Peraltro, per alcuni tipi di incontinenza urinaria è lecito prendere in considerazione anche specifici trattamenti farmacologici (antibiotici, anti-infiammatori, anticolinergici, antagonisti recettori muscarinici, ecc…) non adottando, quanto meno da subito, tecniche chirurgiche.
La chirurgia dell’incontinenza urinarie femminile deve ancora trovare una standardizzazione della migliore via di accesso per minimizzare le complicanze vascolari e vescicali e, chiaramente, può variare a seconda di eventuali concomitanti condizioni loco-regionali.
Può essere eseguita sia con approccio anteriore (addominale) che inferiore (vaginale).
La chirurgia ricostruttiva addominale (colposospensione secondo Burch, uretropessi secondo Marshall-Marchetti- Krantz) ha un più elevato indice di successo rispetto a quella praticata con approccio per via vaginale (cistorrafia anteriore con eventuale utilizzo di materiale protesico, tecniche colposospensione transvaginale con materiale protesico, infiltrazione periuretrale di agenti iniettabili), con una percentuale di successo dell’84% contro il 64%, co- munque, entrambe le vie di accesso sono accompagnate da diversi tipi di complicanze.
Nonostante gli sviluppi delle diverse tecniche, permane incertezza sul tipo di intervento “ideale” da adottare, anche se la colposospensione secondo Burch (che rappresenta ancor oggi l’intervento di riferimento) e le tecniche di sospensione mininvasiva del collo vescicale mostrano pari efficacia, migliori della semplice colporrafia .
Fra le tecniche di sospensione per via vaginale, oggi sempre più utilizzate per i buoni risultati e la loro minima invasività, ricordiamo la TVT (Tension-free Vaginal Tape) retro-pubica e tran-otturatoria, oltre alla più recente mini- TVT.
Nel caso di specie l’incontinenza veniva indicata come da sforzo, ma non risulta che vennero eseguiti gli accertamenti indispensabili per meglio individuare e classificare il tipo di incontinenza presente. D’altra parte, lo stesso precedente intervento del 21.08.2006 aveva di certo modificato l’anatomia locale e le risposte funzionali rispetto alle condizioni emergenti agli esami del precedente luglio (a tal proposito si segnala che all’esame obiettivo eseguito in occasione del ricovero dell’ottobre 2006 veniva addirittura riportato “…Corpo uterino assente per pregresso intervento chirurgico…”, pur non risultando alcun intervento di isterectomia).
La mancata esecuzione di indagini complete per il raggiungimento di una diagnosi precisa, elemento essenziale per la corretta programmazione terapeutica, si profila come elemento di inadeguatezza della condotta tenuta dai Sanitari che assistettero l’attrice. In tal senso, infatti, l’omissione delle consuete procedure di diagnosi, finalizzate al corretto inquadramento della condizione e al migliore trattamento, rientra negli obblighi della professione sanitaria ed alle norme generali cui il medico dovrebbe attenersi nel rispetto del proprio ruolo allorquando il paziente si rivolge a lui, affidandosi alle sue cure.
Per quanto riguarda l’asserita, da parte attrice,
“…Imperizia nell’esecuzione dell’intervento di TVM nella preparazione degli spazi perirettali con conseguente danno funzionale dell’apparato sfinteriale e rettale…”, dalla descrizione degli interventi eseguiti non si rinvengono elementi di censura nei tecnicismi posti in essere.
***
Il pregiudizio temporaneo e permanente residuato
Richiamando quanto argomentato rispetto alle censure in merito all’intervento eseguito il 21.08.2006, pur se non sia criticabile nei sui risvolti prettamente tecnici, si deve ammettere che esso poteva anche essere evitato o sostituito da altra procedura.
Dalla documentazione risulta che in epoca immediatamente successiva a tale intervento venne a manifestarsi una incontinenza urinaria (non contestata da parte convenuta).
Ulteriori censure si sono mosse alla mancata esecuzione dei dovuti accertamenti prima dell’intervento chirurgico eseguito in data 30.10.2006, per trattare la stessa incontinenza urinaria.
Almeno dal 28.04.2008, ricompariva incontinenza urinaria. Seppure non sia possibile escludere – rispetto al primo intervento chirurgico – che l’incontinenza urinaria si sarebbe potuta manifestare anche a seguito di mancata esecuzione di trattamenti chirurgici (ancorché, eventualmente, in epoca successiva) o di interventi chirurgici alternativi (del tipo isterectomia), è da ritenere che l’esecuzione di idonei e necessari accertamenti prima dell’intervento del 30.10.2006 avrebbe permesso un più accurato trattamento della stessa incontinenza urinaria così da ridurre al minimo i rischi di recidiva.
Tali elementi fanno ritenere, perciò, che l’incontinenza urinaria rientri fra i pregiudizi correlati alle censurate con- dotte medico-chirurgiche.
Nel contempo si ritiene che non siano inquadrabili nei danni da risarcire le diverse alterazioni individuate a livello del comparto posteriore (retto/ano). Queste ultime, nel loro insieme, possono essere ricondotte, almeno con criterio del “più probabile che non”, proprio a quella debolezza delle diverse strutture del pavimento pelvico, condizione patologica preesistente e personale che è alla base dello stesso prolasso genitale e dell’isterocele (anche in conseguenza di precedenti parti per via naturale, in numero di tre nel caso in esame). Oltre che al pregiudizio funzionale, ai fini valutativi, va tenuto conto anche di una quota di danno anatomico.
Non sono emersi pregiudizi diversi correlabili ad inap- propriati trattamenti sanitari, in particolare possono escludersi riflessi psico-patologici direttamente dipendenti dai pregiudizi sopra richiamati (storia clinica, visita medica e reperti documentali escludono che ad oggi sia sussistente un apprezzabile riflesso psicopatologico).
Relativamente ai periodi di invalidità temporanea, si ri- tiene vadano risarciti – con variabile adeguata percentuale di riduzione della validità – i periodi di malattia riconduci- bili ai due interventi chirurgici del 21.08.2006 e 30.10.2006.
In tale fatta, gli stessi possono essere quantificabili come inabilità temporanea assoluta (100%) complessivamente pari a giorni 20 ed inabilità temporanea parziale al 50% pari a complessivi giorni 70.
In ordine al danno biologico permanente la valutazione si presta ad un calcolo molto più complesso in ragione del fatto che devono essere discriminate le condizioni patologiche preesistenti e quelle attese in caso di trattamento adeguato (che non corrisponde sic et simpliciter a quello ottimale, posta l’alea di variabilità che tali trattamenti comportano). Con tale premessa, richiamata la procedura di scorporo presuntivo medico legale, i riferimenti tabellari (Bargagna M. et al., Guida orientativa per la valutazione del danno biologico, Giuffrè Editore, Milano, 2001; Palmieri L. et al., La valutazione medico-legale del danno biologico in responsabilità civile, Giuffrè Ed., Milano 2006; Ronchi E. et al., Guida alla valutazione medico- legale dell’invalidità permanente, Giuffrè Ed., Milano, 2009 ), il maggior pregiudizio sopportato e riconducibile alla censurata condotta sanitaria è valutabile come danno biologico permanente nella misura del 9% (nove percento).
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RISPOSTA AI QUESITI
I CC. TT. UU., letti gli atti ed i documenti di causa, sentite le parti e tenuto conto delle preliminari osservazioni dei loro consulenti, sulla base di quanto già analizzato, hanno elementi per così rispondere ai quesiti posti dal Sig. Giudice
esaminati gli atti, svolti gli opportuni accertamenti, il CTU accerti:
a) l’imperizia nella valutazione preoperatoria del prolasso genitale;
Vi fu un’inadeguata valutazione preoperatoria del prolasso genitale.
b) la negligenza nel mancato consenso informato;
È stato richiesto consenso all’atto chirurgico sulla scorta di un errato inquadramento diagnostico che non necessariamente richiedeva i trattamenti proposti.
c) l’imprudente indicazione da intervento di TVM per sovrastimo grado di prolasso
Vi fu imprudente indicazione ad eseguire l’intervento di TVM per sovrastima del grado di prolasso genitale presente;
- l’imperizia nell’esecuzione dell’intervento di TVM nella fase preoperatoria ed operatoria nonché tipologia ed entità del danno subito e subendo dalla ricorrente qualificando e quantificando lo stesso e tentando, ove possibile, la conciliazione delle parti
Non risulta che vi fu imperizia nell’esecuzione dell’intervento di TVM. Alle sole condotte censurate sono derivati un disturbo funzionale ed anatomico con incontinenza urinaria (dopo sforzi anche modesti), valutabili quale danno biologico permanente nella misura del 9% (nove percento).
Sempre cno diretto riferimento ai trattamenti ritenuti inappropriati può essere individuata un’invalidità temporanea as- soluta (100%) è pari a giorni 20 ed un’invalidità temporanea parziale è pari a giorni 70.
Le lesioni subite non incidono sulla capacità lavorativa generica e specifica in soggetto 83enne.
Tutti gli esiti appaiono ormai stabilizzati e non sono prevedibili future spese mediche o di assistenza.
Il Consulente Tecnico
Dott. PR
Tribunale Civile di V.
NOTE CRITICHE ALLA CONSULENZA TECNICA DI UFFICIO TRASMESSA DAL
P. R. IN DATA 28/6/14 NEL RICORSO EX ART. 696 BIS C.P.C. TRA:
“B. A. c/ AUSL + 1”
La consulenza tecnica d’Ufficio del Dr. R. risulta oggettivamente insoddisfacente mostrando evidenti lacune tecniche e giuridiche che di seguito specificheremo.
L’unico contenuto condivisibile è la rilevazione della grave inadempienza contrattuale nascente dall’evidente “consenso disinformato” che la sig.ra B. ha quindi inconsapevolmente firmato in ordine al quale non esiste ragione di approfondimento in quanto condiviso dal CTU. Ci preme sottolineare come quanto affermato dai convenuti (accordo preso con la paziente) è assolutamente non veritiero come ha riferito la paziente allo scrivente e al CTU in sede di operazioni peritali , ed oltrettutto indimostrato.
Basterebbe solo tale gravissima inadempienza contrattuale (mancanza di valido consenso informato) a far dichiarare la totale responsabilità dei convenuti e l’obbligo al pagamento di tutti i danni conseguenza, ove dimostrato il nesso causale tra le due incontinenze (urinaria e fecale) e l’intervento non adeguato effettuato dai sanitari (sia in senso di inutile che inappropriato), per cui ci sarebbe da chiudere senza note e andare dai convenuti a richiedere il risarcimento.
Ma a parere dello scrivente è proprio l’esclusione, operata dal CTU insieme al suo ausiliario non uro-ginecologo, del nesso causale tra i danni lamentati dall’odierna attrice e l’operato dei sanitari della ASL che ci vede costretti ad osservare criticamente quanto di seguito.
Infatti, il CTU, con evidente superficialità ed imperizia ha escluso il nesso di causa tra l’incontinenza fecale e l’intervento chirurgico con il criterio giuridico del “più probabile che non” compiendo, a parere dello scrivente, un grave errore scientifico e medicolegale.
Procediamo per gradi premettendo, come detto, la condivisione solo del difetto di informazione alla paziente, ritenendo necessaria anche la formulazione di specifici chiarimenti al CTU sulle inaccettabili risposte date ai quesiti, affinchè nelle sue controdeduzioni eviti di essere evasivo ed incongruo.
- A riguardo dell’incontinenza urinaria:
- l’uroflussimetria del 14/7 NON evidenziava incontinenza;
- l’uroflussimetria del 28/4/2008 evidenziava incontinenza urinaria da stress di tipo moderato
- alla visita in corso di operazioni peritali non veniva quantificato il cistocele e non veniva valutato il prolasso in termini di POP-Q.
Pertanto, considerando che la Paziente non era affetta da incontinenza urinaria prima dell’intervento e che la TVM costituisce un intervento chirurgico di sospensione SPECIFICO per prolasso genitale E NON per incontinenza, si chiede al CTU che chiarisca :
- Se è stato evidenziato uretrocele e di che grado
- Se è stato eseguito il q-tip test e se questo risulta essere maggiore o minore di 60°
- Se è stato eseguito il PC test e valutato quantitativamente il tono e la resistenza del muscolo pubo coccigeo
- Se, in base alle valutazioni sopra riportate, unitamente alla sintomatologia riferita ed agli accertamenti eseguiti, la Paziente presenti incontinenza urinaria da urgenza, mista o da stress, e, nel caso in cui la Paziente fosse affetta da IUS se questa sia di tipo I, II o III e di che grado (diagnosi possibile grazie alla valutazione delle evidenze sopra riportate);
- Specificata la diagnosi di tipo e grado di incontinenza, si chiede al ctu di specificare il tipo di procedura medica o chirurgica alla quale la Paziente dovrà ricorrere onde tentare di risolvere il quadro emergente di incontinenza successivo all’intervento chirurgico oggetto di contenzioso e non presente prima dell’intervento stesso, come evidenziato dagli accertamenti pre intervento.
- Specificare se l’incontinenza urinaria fosse latente prima dell’intervento, quindi se l’esame urodinamico del 14/7/08 non sia stato eseguito correttamente delineando in questo caso un profilo di responsabilità dell’esecutore dell’esame urodinamico stesso, o se l’incontinenza urinaria emergente sia da considerare una complicanza dell’intervento chirurgico di TVM con difetto di informazione alla Paziente.
Quanto sopra si è ritenuto necessario da un punto di vista uroginecologico, mentre da un punto di vista valutativo non si comprende come il 9% sia estrapolato in base ai comuni barémé della R.C.
Inoltre si ritiene di dover ricordare al CTU come una EVENTUALE preesistenza anatomica che non ha ripercussioni funzionali sull’apparato/organo non ha incidenza valutativa da un punto di vista medicolegale specie se dobbiamo valutare le sole conseguenze di un fatto illecito (e diremmo la sola funzionalità persa da fatto illecito).
Comunque il maggior danno eventuale va sempre quantificato valutando una eventuale preesistenza di un danno di base e quantificandolo in termini percentualistici o valutando gli esiti ottimali (in quanto questo si deve pretendere da un intervento di routine e non un esito medio!) di un intervento NECESSARIO (e non procrastinabile), altrimenti il sintetico evidenziare di semplici numeretti non permette di far comprendere (a tecnici e non) la motivazione deducente e logica per la quale si giunge proprio a quel numeretto.
Adesso se consideriamo che una incontinenza urinaria totale vale 30 punti% e che “le forme lievi e comunque documentate di incontinenza urinaria da sforzo, da urgenza o iperafflusso possono essere valutate nell’ambito dei valori compresi tra 5-10% (vedi Palmieri Ronchi Bolino a pagina 192, dove viene specificato che tali forme lievi sono caratterizzate da modesta incontinenza o anche da associati disturbi isolati della minzione quali pollachiuria e/o nicturia), che la incontinenza di cui è affetta la signora B. non è di entità lieve ma medio-grave, come può mai valere 9 punti?
A tale riguardo si esige che il CTU dia adeguata risposta motivando se tale arbitraria riduzione sia derivata da una presupposta preesistente incontinenza che in verità non è dimostrata.
- Riguardo all’incontinenza fecale (comparto posteriore):
- Non era presente incontinenza rettale prima dell’intervento.
- La valutazione POP-Q prima dell’intervento evidenziava per il compartimento posteriore Ap-1, Bp-2, Pb2, quindi ASSENZA di prolasso rettale.
- Durante la visita eseguita in corso di operazioni peritali non è stato quantificato il rettocele; non è stata espressa una valutazione dell’angolo anorettale e non è stato riportato l’uso di pannoloni e se questo fosse o meno sporco di materiale fecale prima della visita. Infine non è stata valutata la situazione al passaggio dal clino all’ortostatismo;
- alla valutazione manometrica del 10/10/08 è stata evidenziata un’alterazione della sensibilità rettale e del tono sfinteriale;
- all’ecografia del 15/10/08 è stata evidenziata un’iperecogenicità strumentale in particolare della parete laterale destra come per esiti traumatici;
- alla colpo cisto defecografia del 14/01/09 è stata evidenziata la perdita involontaria quasi totale del contrasto al passaggio dal clino all’ortostatismo;
- alla defecografia del 06/7/12 è stata evidenziato un abnorme angolo retto-anale di 172°
Pertanto, in base a questi dati e valutazioni oggettive si chiede che il ctu chiarisca :
- Se la presenza attuale di prolasso rettale, non presente prima dell’intervento chirurgico avvenuto circa 40 anni dopo l’ultimo parto, fosse o meno presente prima dell’intervento e, in caso contrario, se l’intervento chirurgico abbia slatentizzato una situazione clinica di predisposizione pre-esistente e se tale predisposizione, visti i fattori di rischio riportati (età, prolasso genitale, pluriparità), potesse essere valutata prima dell’intervento mediante tecniche diagnostiche (ecografie transrettali, defecografie, manometrie), fornendo indicazioni diverse all’intervento chirurgico.
- Se l’alterazione della sensibilità rettale e del tono sfinteriale e l’iperecogenicità strumentale in particolare della parete laterale destra come per esiti traumatici, sia da riferire all’intervento chirurgico e se non lo fosse a cosa debba essere allora imputata la documentata incontinenza rettale al passaggio dall’ortostatismo al clinostatismo.
- Di specificare i valori di normalità dell’angolo ano-rettale a riposo e sotto evacuazione e se quelli documentati a carico della paziente siano patologici o meno; se patologici si chiede di esprimere una valutazione in termini logico-probabilistici sulla preesistenza di tale anormalità e correlarla all’assenza di prolasso e di sintomatologia prima dell’intervento chirurgico; se tale anormalità sia correlabile sempre in termini logico-probabilistici, con l’aumento della pressione rettale durante l’evacuazione, se questa abbia determinato il prolasso rettale, se la peristalsi ostruita sia relazionabile con la contemporanea chiusura dell’angolo anorettale in corso di svuotamento e susseguente perdita di materiale fecale dall’ampolla, e, ultimo ma non per importanza, se tale angolo ano rettale abnorme sia conseguenza dell’intervento chirurgico.
- A quale tipo di procedura medica o chirurgica la Paziente debba ricorrere al fine di risolvere il quadro emergente del compartimento posteriore successivo all’intervento chirurgico oggetto di contenzioso e non presente prima dell’intervento stesso, come evidenziato dagli accertamenti pre e post intervento.
Le risposte, secondo scienza e coscienza, ai predetti quesiti, siamo certi conducano alla totale revisione della illogica posizione di esclusione del nesso causale.
In verità è la prima volta che il sottoscritto legge un tale assunto e ciò che più dispiace è che esso deriva da una “deduzione” operata da uno specialista in medicina legale che dovrebbe sempre ricordare che se la regola “del più probabile che non” fosse applicata per accertare le concause esterne escludenti il nesso di causa allora non esisterebbe mai il concetto-diritto della perdita di chance che è patrimonio di ogni individuo!
In verità non è immaginabile di escludere un nesso di causa tra due eventi con una percentuale del 51%, quando ne rimane una contraria del 49% !!!
L’aggravante è che il ctu, aderendo supinamente alle illogiche ed ascientifiche deduzioni dei convenuti (che affermano senza provarlo, che la paziente abbia subito nei tre parti un danno sfinterico con incontinenza urinaria e fecale potenziale – sic!?!?) esclude il nesso di causalità (senza adeguata motivazione scientifica e soprattutto specifica, aderente al caso de quo), concludendo (così si deduce!) che ogni donna dopo tre parti e dopo i 65 anni e anche senza un intervento di TVM debba soffrire di incontinenza urinaria e fecale: noi potremmo dimostrare che così non è!
Dunque, riferendosi a tutti i quesiti che precedono, sembra imprescindibile che il ctu risponda adeguatamente e convincentemente a questi proprio affinchè si comprenda che non è possibile escludere il nesso di causalità tra gli interventi subiti dalla periziata e le conseguenze lamentate dalla stessa.
Infine esiste un ulteriore decisivo elemento che il CTU deve tener presente:
che data la natura contrattuale del rapporto paziente e medico/struttura, la prova dell’esclusione del nesso causale è a totale carico dei convenuti i quali non ne hanno fornito prova. Infatti non hanno mai dato prova:
- dell’adeguata, completa e comprendibile informativa alla paziente;
- del fatto che se la paziente non si fosse operata (e non si doveva operare!) oggi la stessa avrebbe sofferto comunque di incontinenza urinaria e fecale.
Quando il CTU ci avrà fornito i richiesti chiarimenti sull’an debeatur si ritiene che comunque egli debba fare una valutazione del danno biologico relativo alle due incontinenze con adeguata motivazione che tenga conto soprattutto della concorrenza delle lesioni e sul loro grado di incidenza negativa sulla psiche e sulla qualità della vita della signora, che si ricorda, prima dell’intervento non soffriva di alcuna sintomatologia soggettiva incidente sulla qualità di vita.
Tale valutazione, specie del danno psichico, richiesta specificamente e documentata in atti, si ritiene non debba essere ignorata, come sembra fatto dal ctu considerando se una donna senza alcun tipo di incontinenza abbia la stessa serenità psichica di una che, come la B., abbia entrambe le incontinenze. E se tale mancata serenità (sofferenza interiore) possa degenerare in patologia come quella diagnosticata in atti dalla specialista dr.ssa C.
Leggi le note con la risposta alle osservazioni pervenute alla bozza di CTU
Dr. Carmelo Galipò
Ho letto attentamente la risposta del CTU alle note critiche nel link a tergo dell’articolo; ebbene, è questo un caso dove l’Ausiliare del Giudice risponde senza essere supportato da attenti riscontri scientifici MA, in ogni caso, elabora risposte complete ed esaustive su ogni punto osservatogli … del resto la “certezza” scientifica, richiesta da parte attrice, in certi casi è pura “utopia”: al Giudice necessita una “verità giuridica”, desumibile “solo” attraverso documentazione prodotta in atti, più che una “verità scientifica” ricavabile attraverso lo stravolgimento del codice di procedura.
Mi dispiace Marco ma debbo contraddirla! Ha letto frettolosamente sia le note critiche che le risposte del CTU.
Inoltre, la “certezza scientifica”, come Lei la chiama, non si fonda sulle chiacchiere dal CTU ma su dati accertabili e tutto quello che necessitava per accertare la verità era in atti. La “verità giuridica”, altro termine da Lei utilizzato altro non è che la causalità giuridica che è concetto chiaro solo ai giuristi, ai bravi medici legali e non al resto delle professioni.
Mi farebbe un grande piacere un approfondimento del tema se Lei facesse più approfondite e specifiche osservazioni.
La ringrazio per il tempo dedicato a tale piacevole contraddittorio.