Il Tribunale di Verbania lo aveva condannato alla pena di sei mesi di reclusione in relazione al reato di stalking (di cui all’art. 612-bis cod. pen.), rilevando che il reato doveva intendersi aggravato dalla circostanza dell’uso del mezzo informatico, in ragione cioè dell’impiego di WhatsApp

Ed infatti, l’imputato era stato accusato (e quindi condannato) di aver inviato messaggi WhatsApp a raffica alla persona offesa.

Nel suo interesse veniva proposto ricorso per Cassazione contestando l’esistenza di tale circostanza.

Ma i giudici della Cassazione hanno confermato la sentenza impugnata affermando che l’impiego dell’uso della messaggistica WhatsApp configura circostanza aggravante del reato.

Di recente la Suprema Corte di Cassazione ha ribadito che, indipendentemente dall’incontro fisico tra vittima e imputato, il reato di stalking si configura nel momento in cui la condotta minacciosa del reo destabilizzi l’equilibrio psichico della persona offesa.

Ebbene anche l’invio ripetuto di messaggi (come nel caso di specie, attraverso il social di messaggistica più famoso) può assurgere a elemento costituivo del reato, laddove la condotta dell’agente costituisca “intrusione illecita” nella vita della persona offesa.

Non soltanto. Deve anche tenersi a mente che ai fini della rilevanza penale della condotta posta in essere dallo stalker, quello che conta non è tanto il numero o l’arco temporale nel quale i messaggi siano stati inviati, quanto piuttosto l’intensità del loro contenuto.

A tal proposito è necessario che il giudice accerti, caso per caso, il significato di tali comunicazioni al fine di stabilire se ad esse possa essere attribuito carattere minaccioso o intimidatorio.

Il reato di stalking

Il reato di atti persecutori o stalking richiede infatti che le condotte siano reiterate, anche in tempi e contesti differenti (e in tal senso, si distingue dal reato di minaccia o molestia), e che siano idonee a cagionare alla vittima, alternativamente, un perdurante e grave stato di ansia o di paura, oppure un fondato timore per l’incolumità propria, di un prossimo congiunto o di persona ad essa legata da una relazione affettiva, o ancora l’alterazione delle sue abitudini di vita.

Si tratta di principi che sempre più spesso si leggono nelle sentenze dei Tribunali.

Interessante, invece, è la sentenza in commento che in maniera netta compie un passo in avanti affermando che l’utilizzo di sistemi di messaggistica quali, WhatsApp, rendono il reato di stalking “più grave”. Ciò giustifica una sanzione proporzionalmente più severa.

La redazione giuridica

 

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