Accolta la pretesa di una donna che chiedeva alla sorella la restituzione del prezzo pagato all’atto di un contratto preliminare di compravendita di un immobile poi ottenuto per donazione
Il prezzo pagato all’atto di un contratto preliminare per un bene poi legittimamente ottenuto per donazione deve essere restituito. Lo ha chiarito, con l’ordinanza n. 1991/2020 la Corte di Cassazione pronunciando si sul contenzioso insorto tra due sorelle.
Una delle donne aveva agito in giudizio nei confronti della congiunta chiedendo la declaratoria di risoluzione del contratto preliminare di compravendita avente ad oggetto la cessione del 50% del bene immobile, provento di successione ereditaria del padre e per il quale aveva versato l’importo di euro 150.000,00. Le donne avevano deciso di sciogliere per mutuo consenso il contratto preliminare avendo convenuto di porre in essere un atto di donazione, ma la convenuta non aveva restituito la somma versata. Quest’ultima si opponeva alla domanda dell’attrice eccependo che le due sorelle avevano posto in essere una donazione simulata, dissimulando una vendita.
In primo grado il Tribunale adito aveva rigettato la domanda attorea.
La sentenza era stata ribaltata in secondo grado. La Corte d’appello aveva ritenuto che il contratto preliminare non contenesse alcun elemento utile a far ritenere che le parti avessero voluto simulare con la donazione una vendita. Da li la decisione di dichiarare la risoluzione del contratto preliminare condannando la convenuta al pagamento della somma di euro 77.469,00 oltre interessi.
Nel ricorrere per cassazione, la parte soccombente eccepiva che la corte territoriale avesse ritenuto sussistente l’obbligo di restituzione a suo carico conseguente al recesso per mutuo consenso del contratto preliminare. Inoltre eccepiva che la parte attrice avesse integralmente corrisposto il prezzo pattuito col preliminare e in sede di stipulazione notarile della donazione non ne avesse richiesto la restituzione.
La Cassazione, tuttavia, ha ritenuto infondate le doglianze della ricorrente.
Per i Giudici Ermellini, la Corte territoriale aveva correttamente argomentato l’infondatezza della tesi della simulazione eccepita dalla convenuta a fondamento della contestazione del diritto dell’attrice, spiegando che il contratto preliminare non poteva essere apprezzato quale controdichiarazione, in quanto si trattava di un contratto a sé stante, privo di riferimento alla successiva donazione.
Rispetto a tali considerazioni appariva irrilevante la deduzione svolta dalla ricorrente circa l’infondatezza della pretesa restitutoria basata sulla obiezione, mai sollevata in precedenza, che la risoluzione per mutuo consenso, fatto asseritamente costitutivo del diritto alla restituzione, non sarebbe stato dimostrato dall’attrice per mancanza di forma scritta del mutuo consenso.
Per la Cassazione, la condanna alla restituzione della somma originariamente versata in esecuzione del preliminare discendeva, nella impugnata sentenza, dall’accertamento del carattere non simulato della donazione intervenuta fra le parti successivamente alla stipula del contratto preliminare e con la quale era stato disposto il trasferimento del medesimo bene immobile oggetto del precedente preliminare.
In altri termini la corte territoriale aveva statuito che le obbligazioni contenute nel preliminare fossero state superate dal successivo contratto di donazione, il quale esprimeva nella forma dell’atto notarile la comune volontà di operare il trasferimento del medesimo bene senza corrispettivo di prezzo, con ciò giustificando la restituzione di quello inizialmente versato.
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