Per il CNF viola il codice deontologico l’avvocato che decide di aderire a convenzioni pubbliche con il Comune che prevedono compensi irrisori

Il Consiglio Nazionale Forense nella sentenza n. 246/2017 ha precisato che l’adesione dell’avvocato a delle convenzioni pubbliche che prevedono compensi irrisori costituisce illecito disciplinare.

Ciò in quanto è lesivo del decoro e della dignità della categoria cui appartiene.

La vicenda

Nel caso di specie, il CNF si è espresso sul ricorso di un avvocato, sanzionato con l’avvertimento per aver tenuto una condotta contraria all’osservanza dei doveri di probità, dignità e decoro e diretta all’acquisizione di rapporti di clientela, con modi non conformi alla correttezza e al decoro.

Secondo il Consiglio, il professionista aveva sottoscritto con il Comune delle convenzioni pubbliche con le quali accettava, per ogni consulenza ante causa e per il patrocinio di cause innanzi al Giudice di pace, un compenso nella misura di 17,00 euro comprensivo di IVA e CPA,.

Un compenso ritenuto irrisorio dal CNF, che in quanto tale mortificava la peculiare funzione della professione forense violando i precetti deontologici.

Nonostante le rimostranze del professionista, il CNF ha ritenuto che il COA abbia motivato in modo logico ed esauriente la propria decisione.

La decisione è integralmente condivisa dal CNF nella parte in cui si ritiene che la sottoscrizione di convenzioni pubbliche ad € 17,00 per ogni affare trattato costituisce “un comportamento gravemente pregiudizievole del decoro e della dignità professionale, mortifica la peculiare funzione della professione forense e costituisce un modo non corretto per l’acquisizione della clientela”.

Non solo.

Per il CNF non si può ritenere che a seguito della prima normativa sulle liberalizzazioni (DL 223/2006) sia venuta meno l’inderogabilità dei minimi tariffari sia comunque consentito usare metodi di acquisizione della clientela che, ledendo il decoro e la dignità della professione hanno un sicuro disvalore deontologico.

Nel caso di specie, l’avvocato, resosi conto che il proprio comportamento non era in linea con i precetti deontologici, ha cercato di rimediare rinunciando al compenso di €17,00 ad affare e invocando a sua discolpa la gratuità della prestazione.

Tuttavia, come correttamente rilevato dal COA, la gratuità della prestazione, intervenuta comunque dopo la sottoscrizione della convenzione, non elimina l’illiceità deontologica del comportamento e la violazione dei precetti contestati all’incolpato.

Inoltre, per quanto concerne la sanzione applicata, quella dell’avvertimento appare del tutto congrua.

Questo tenuto conto che la stessa non appare di rilevante gravità.

 

 

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