Infondata la doglianza del datore relativa all’abnormità della condotta del lavoratore deceduto, in virtù delle criticità del sistema di sicurezza approntato
E’ orientamento costante, in materia di infortuni sul lavoro, quello in base al quale la condotta colposa del lavoratore infortunato non possa assurgere a causa sopravvenuta, da sola sufficiente a produrre l’evento, quando sia comunque riconducibile all’area di rischio propria della lavorazione svolta: in tal senso il datore di lavoro è esonerato da responsabilità solo quando il comportamento del lavoratore presenti i caratteri dell’eccezionalità, dell’abnormità e dell’esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive di organizzazione ricevute. A ciò deve aggiungersi che la condotta imprudente o negligente del lavoratore, in presenza di evidenti criticità del sistema di sicurezza approntato dal datore di lavoro, non potrà mai spiegare alcuna efficacia esimente in favore del soggetti destinatari degli obblighi di sicurezza. Ciò in quanto tali disposizioni, secondo orientamento conforme della giurisprudenza di legittimità, sono dirette a tutelare il lavoratore anche in ordine ad incidenti che possano derivare da sua colpa, dovendo il datore di lavoro prevedere ed evitare prassi di lavoro non corrette e foriere di eventuali pericoli.
Lo ha chiarito la Cassazione con la sentenza n. 23138/2021 pronunciandosi sul ricorso presentato dal datore di lavoro di un operaio morto in seguito alle gravissime lesioni riportate a causa di un infortunio sul lavoro e che avevano interessato tutto il corpo, in particolar modo la teca cranica. In base a quanto accertato tali lesioni erano compatibili con l’investimento del corpo del lavoratore da parte di un tronco d’albero, conseguente all’attività del taglio boschivo a cui era addetto.
I Giudici del merito avevano condannato l’imputato per il delitto di omicidio colposo, ravviando gravi violazioni della normativa antinfortunistica e riconoscendo che l’imputato aveva omesso di provvedere alla formazione del lavoratore in relazione all’attività da compiersi, certamente rischiosa, nonché dì vigilare sulle modalità operative.
Nel rivolgersi alla Suprema Corte, il ricorrente deduceva, tra gli altri motivi, che, in caso di condotta esorbitante del lavoratore, deve essere esclusa la responsabilità del datore di lavoro sottolineando che la colpa si configura quando la cautela richiesta, rimasta inosservata, avrebbe avuto significative probabilità di successo, determinando il mancato verificarsi dell’evento. Nel caso in esame, a detta del datore, nulla di certo sarebbe emerso in ordine alla ricostruzione dell’infortunio, in quanto non si era potuta accertare la modalità del decesso.
Gli Ermellini, pur dichiarando l’avvenuta prescrizione del reato, hanno comunque evidenziato come nel caso in esame, benché non si fosse potuto accertare nei dettagli la dinamica dell’infortunio mortale, la Corte di merito avesse comunque offerto una logica spiegazione in ordine alle cause del decesso, mettendo in rilievo, sulla base degli elementi acquisiti, come le lesioni accertate sul lavoratore fossero compatibili con la circostanza che il corpo del lavoratore venne travolto da un albero tagliato, che lo colpì dapprima all’ovoide cranico e dopo lo schiacciò.
Il Giudice di secondo grado aveva evidenziato che il datore di lavoro aveva incaricato della rischiosa operazione di disboscamento un lavoratore inesperto e assolutamente non formato; l’operazione, peraltro, doveva svolgersi con una motosega in luogo isolato, lontano dagli altri dipendenti che avrebbero potuto supportare la vittima nel compimento dell’attività; le scarne informazioni ricevute dal lavoratore circa le modalità operative del taglio degli alberi erano state del tutto inadeguate: i momenti formativi erano consistiti nella lettura di alcuni documenti in materia di sicurezza, senza tener conto, peraltro, della difficoltà di comprensione della lingua italiana del dipendente e delle sue particolari condizioni fisiche, essendo egli privo di alcune falangi ad una mano in conseguenza di un precedente infortunio. Tali circostanze avrebbero dovuto indurre l’imputato a desistere dall’adibire il lavoratore al compimento di tale attività, ponendosi come antecedente causale dell’infortunio.
La redazione giuridica
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