Gli eredi della vittima lamentano che il Giudice ha decurtato dal risarcimento del danno non patrimoniale quanto corrispostogli da INAIL ai sensi degli articoli 66, 68 e 74 D.P.R. 1124/1965. La Corte di Cassazione dà ragione ai ricorrenti perché l’indennizzo di rendita per inabilità permanente non comprende una quota volta a risarcire il danno biologico (Corte di Cassazione, III civile, ordinanza 11 marzo 2025, n. 6451).
La Corte d’appello di Caltanissetta, quale Giudice di rinvio a seguito di Cass. n. 1146/2015, ha accolto domanda di risarcimento di danni da infortunio sul lavoro proposta dalla vittima, condannando Eni Spa a corrispondergli, detratto quanto dalla stessa già versato per ordinanza ex articolo 186-quater c.p.c. emessa dal Tribunale di Gela il 25 settembre 2001 (cioè 85.362,06 euro oltre accessori) e quanto versatogli da INAIL (cioè 107.675,24 euro), la residua somma di 81.310,29 euro oltre accessori; condannava inoltre Eni a pagare per surroga a INAIL la somma di 107.675,24 euro oltre interessi.
Hanno presentato ricorso in Cassazione gli eredi del lavoratore deceduto.
Gli stessi lamentano la decurtazione, applicata dal Giudice di rinvio, dal risarcimento del danno non patrimoniale di quanto corrispostogli da INAIL ai sensi degli articoli 66, 68 e 74 D.P.R. 1124/1965.
Cumulo tra rendita per inabilità permanente e risarcimento del danno derivante da infortunio sul lavoro
Difatti, la Corte siciliana ha escluso che il lavoratore danneggiato possa cumulare le due voci di risarcimento, per cui ha ritenuto occorrente la detrazione (invocando in tal senso S.U. 12566/2018) sul risarcimento di 274.347,59 euro riconosciuto per danno non patrimoniale e spese vive.
Invero, secondo la tesi dei familiari, quanto liquidato da INAIL e quanto liquidato dalla stessa Corte territoriale “hanno titoli diversi”, essendo quello corrisposto da INAIL riguardante il danno patrimoniale per essersi l’infortunio verificato il 19 maggio 1992, con conseguente applicazione dell’articolo 66, nn. 1 e 2, D.P.R. 1124/1965 e che solo dall’entrata in vigore il 25 luglio 2000 del D.Lgs. 28/2000, INAIL indennizza ai lavoratori incorsi in infortunio anche il danno non patrimoniale.
La cumpensatio lucri cum damno
Ergo, detto in altri termini, qui non opererebbe il principio della compensatio lucri cum damno, perché l’indennità di INAIL riguarda “pregiudizi ulteriori e diversi da quello di cui il L. ha chiesto il risarcimento al responsabile Eni”.
La censura viene accolta.
La Cassazione afferma che quanto lamentato è fondato. Al riguardo richiama S.U. 12566/2018 affermante che “l’importo della rendita per inabilità permanente corrisposta da INAIL va detratto del risarcimento dovuto per lo stesso titolo dal responsabile del fatto illecito nei confronti del danneggiato, e ha precisato di applicare, nella fattispecie che aveva in esame, il principio per l’indennizzo da parte dell’Inail del danno patrimoniale, non essendo ancora applicabile ratione temporis l’articolo 13 D.Lgs. 38/2000, il quale, al secondo comma, stabilisce: “In caso di danno biologico, i danni conseguenti ad infortuni sui lavoro… verificatisi o denunciati a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto ministeriale di cui al comma 3, l’Inail…, in luogo della prestazione di cui all’articolo 66, primo comma, numero 2), del testo unico, eroga l’indennizzo previsto e regolato dalle seguenti disposizioni…”.
La giurisprudenza giuslavoristica di legittimità sviluppatasi ha poi affermato che la copertura assicurativa dell’INAIL alla componente risarcitoria del danno biologico è stata istituita dell’articolo 13 D.Lgs. 38/2000 (Cass. 6306/2017), anteriormente non coprendo l’INAIL nel suo ambito di indennizzo il danno biologico, bensì soltanto l’attitudine al lavoro dell’assicurato e quindi concerneva la sua specifica menomazione.
L’indennizzo dell’INAIL non comprende il risarcimento del danno biologico
Altre pronunzie, sempre di legittimità, hanno chiarito che, in base alla disciplina del D.P.R. 1124/1965, applicabile anteriormente all’entrata in vigore del D.Lgs. 38/2000 – che all’articolo 13 “ha inserito il danno biologico nella copertura assicurativa pubblica” -, “l’indennizzo elargito da INAIL riguarda solo la “riduzione della capacità lavorativa” e, anche in forza della interpretazione della Consulta (sentenze nn. 319/1989, 356 e 485/1991), non comprende una quota volta a risarcire il danno biologico“.
Quanto sopra significa che “va escluso che parte del danno biologico risulti coperta dalla rendita corrisposta dall’INAIL per la riduzione della capacità di lavoro generica” in quanto le indennità INAIL “sono collegate e commisurate” unicamente ai riflessi che la menomazione psicofisica riversa “sull’attitudine al lavoro dell’assicurato”, nessun rilievo hanno “gli svantaggi, le privazioni e gli ostacoli che la menomazione comporta con riferimento agli ambiti diversi da quelli riconducibili all’attitudine al lavoro, benché in tali ambiti resti compresa la stessa capacità di lavoro, ma in relazione a considerazioni ed effetti assolutamente differenti”.
Pertanto, dal risarcimento del danno biologico non deve essere decurtato quanto percepito dalla vittima da INAIL, prima del 9 agosto 2000, indennizzo della lesione dell’attitudine al lavoro ex articolo 74 D.P.R. 1124/1965.
Conclusivamente la decisione siciliana viene cassata.
Avv. Emanuela Foligno