Giusta la condanna per diffamazione del titolare di una gelateria accusato di aver definito cattivo al gusto il prodotto di un altro avventore
Duecentocinquanta euro di multa e duemila euro di risarcimento del danno alla parte civile. Questa la pena inflitta in sede di merito a un uomo finito a giudizio per diffamazione continuata ai danni del proprietario di una caffetteria gelateria, suo concorrente commerciale, commesso mediante una sistematica e quotidiana attività di pubblica denigrazione della sua produzione di gelato, rivolta a turisti, avventori e abitanti della cittadina. L’imputato era inoltre accusato di essere arrivato a compiere azioni di disturbo invitando per strada i passanti, nella piazza ove insistono i locali gelateria di entrambi, a non fermarsi nella gelateria della parte lesa.
Nell’impugnare la sentenza davanti alla Suprema Corte di Cassazione, il ricorrente deduceva la violazione di legge in relazione alla sua condanna agli effetti civili.
Tra i titolari delle due gelaterie era infatti aperto un contenzioso per concorrenza sleale, sorto in seguito alla denuncia dell’imputato nei confronti del concorrente il quale aveva apposto vicino alla sua gelateria un’insegna recante la scritta in inglese “The best ice cream in the world”, idonea ad ingannare i clienti giunti nel centro per assaggiare invece il proprio prodotto, premiato con il riconoscimento “Gelato campione del Mondo”.
A giudizio del ricorrente, dunque, non vi sarebbe stato danno o sviamento della clientela in quanto gli avventori erano già diretti al suo locale, premiato con un riconoscimento noto ai tour operator che vi indirizzavano per questo i turisti, e venivano invece sviati dalla persona offesa con l’apposizione dell’insegna che ingenerava l’equivoco su quale fosse la gelateria segnalata.
Per i Giudici Ermellini, che si sono pronunciati sul caso con la sentenza n. 13241/2020, il ricorso è infondato, ai limiti dell’inammissibilità, e deve essere rigettato.
La Cassazione evidenzia come la doglianza dell’impugnante chieda di riportare sul fronte penale la vicenda civilistica della concorrenza sleale, per rivendicare come il danno subito sia stato piuttosto dell’imputato-ricorrente che non della persona offesa. “Ma appare evidente – sottolineano dal Palazzaccio – che, data anche la contestazione diffamatoria, riferita alla bontà messa in discussione pesantemente del gelato di produzione della persona offesa (cui il ricorrente ha rivolto apprezzamenti inequivoci di essere un prodotto insoddisfacente e cattivo al gusto), non possono rilevare le rivendicazioni di concorrenza sleale attinenti all’attribuzione ingannevole del titolo di “miglior gelato al mondo” da parte della persona offesa ai danni del ricorrente, le quali, quand’anche risultassero eventualmente fondate all’esito del giudizio civile, non scalfirebbero la portata diffamatoria delle valutazioni diffusamente manifestate dal ricorrente sulla qualità in assoluto del gelato lavorato dalla persona offesa”.
La redazione giuridica
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