Cari lettori, nell’epoca della tecnologia la Giurisprudenza è intervenuta con una importante sentenza, pronunciata dalla Sezione 5° Penale ed individuata dal n° 54946/2016, al fine di specificare quando sussiste la responsabilità penale del gestore di un sito internet.
Come sempre, ripercorrerò brevemente il fatto storico!
Tizio, gestore di un sito internet, viene ritenuto responsabile del reato di diffamazione, previsto e punito dall’art. 595 c.p., consumato ai danni del Presidente della Lega Nazionale Dilettanti della F.I.G.C., in ragione di un commento offensivo dell’onore e del decoro del citato Presidente, postato da un utente del sito, il quale allegava peraltro anche il certificato penale del predetto.
Ebbene, la Suprema Corte, nella sentenza oggetto di questa mia breve disamina, ha evidenziato le circostanze fattuali che devono sussistere, affinché possa essere affermata la penale responsabilità del gestore del sito.
Occorre innanzitutto precisare – in via del tutto generale – che in materia di diffamazione consumata a mezzo stampa, sussiste sia la responsabilità penale dell’autore dell’articolo offensivo, sia del direttore del quotidiano ove il pezzo viene pubblicato: quest’ultimo, in particolare, ne risponderà a titolo di colpa, ai sensi dell’art. 57 c.p., in ragione della omissione del controllo sul contenuto dell’articolo, pubblicato sul periodico da lui diretto.
Tale principio, poi, con il progredire della tecnologia ed in particolar modo di internet, è stato trasfuso anche ai gestori dei siti internet (ad eccezione del social network Facebook, per il quale sussiste una particolare disciplina), per i quali, tuttavia, sussistono delle limitazioni.
Infatti, la condotta colposa ascritta al direttore di un giornale ai sensi dell’art. 57 c.p., non può trovare sempre applicazione anche nei riguardi del gestore di un sito internet, in quanto gli utenti che possono postare sul web sono in numero indefinito e sarebbe concretamente impossibile per il gestore dello spazio telematico controllare tutti gli utenti, atteso che su internet è possibile postare h24!
Pertanto, anche laddove l’amministratore di un sito internet non avesse predisposto un sistema di filtri, con lo scopo appunto di vagliare tutti i commenti degli utenti, egli sarà considerato penalmente responsabile solo nell’ipotesi in cui non si sia attivato per cancellare dallo spazio web le frasi lesive dell’onore e del decoro di una persona, appunto postate da un utente !
Ebbene, con espresso riferimento alla sentenza in esame, la Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione ha ritenuto che, nella fattispecie de qua, la condotta del gestore del sito ha assunto rilievi penali, in quanto innanzitutto risultava comprovato che egli avesse ricevuto sulla propria casella di posta elettronica un messaggio privato da parte dell’utente, con il quale gli veniva trasmesso il certificato penale del Presidente della Lega Nazionale Dilettanti della F.I.G.C..
Inoltre, hanno affermato gli Ermellini che il dominus della community non ha volontariamente rimosso l’articolo, il quale veniva eliminato solo nel momento in cui la polizia giudiziaria eseguiva il sequestro preventivo del sito web, consentendo, pertanto, che il commento dell’utente espletasse in toto la sua efficacia diffamatoria.
In conclusione, ha espressamente asserito la Suprema Corte, che laddove il gestore del sito (Tizio) si fosse adoperato per cancellare anche successivamente il commento offensivo ed in carenza di una preventiva comunicazione da parte dell’utente sulla propria casella di posta elettronica, la sua condotta non avrebbe assunto connotati penalmente rilevanti.

Avv. Aldo Antonio Montella

(Foro di Napoli)

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1 commento

  1. E’ evidente, dunque, che il ragionamento dei giudici della Suprema Corte sembra adottare una linea argomentativa che non si discosta, almeno a grandi linee, dalla precedente giurisprudenza poiché non si conferisce in capo al gestore del sito alcuna posizione di garanzia.

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