Come si fa a dimenticare i figli in macchina? Lo spiega la psicoterapeuta Paola Vinciguerra, presidente di Eurodap e insegnante all’Università Ludes di Lugano

Ieri è successo di nuovo. Una bimba di di 18 mesi è morta per arresto cardiaco dopo essere stata dimenticata in macchina per alcune ore sotto il sole dalla mamma. Stavolta è accaduto a Castelfranco di Sopra, in provincia di Arezzo, ma è una storia già sentita molte, troppe volte.
Secondo la ricostruzione degli inquirenti la madre, 38enne segretaria comunale di Castelfranco-Piandiscò era arrivata a lavoro alle 8.00 e lì aveva parcheggiato l’auto dimenticando dentro la figlia, che nessun passante ha notato. Uscita alle 14.00, ha trovato la bambina morta all’interno e ha lanciato delle urla di dolore e disperazione, che hanno attirato l’attenzione dei passanti che solo allora si sono resi conto dell’accaduto.
Ma come è possibile dimenticare i figli in auto, e che una tale tragedia del genere accada, e con tale frequenza?
La spiegazione, afferma la psicoterapeuta Paola Vinciguerra, presidente di Eurodap, Associazione Europea Disturbi da Attacchi di Panico e docente all’Università Ludes di Lugano, potrebbe risiedere nello stress.
“Lo stress è una condizione che, se non accompagnata da momenti di defatigamento, produce un’alterazione chimica in tutto il nostro corpo creando stati di depressione, ansia e anche malattie fisiche”, spiega Vinciguerra all’Agi. “La donna che ha dimenticato la sua bambina in macchina ha registrato nella sua mente il fatto di aver portato la figlia a scuola come qualcosa di accaduto, anche se in realtà non ha mai eseguito quell’azione. Il tutto avviene in una falsa percezione di azioni compiute perché preventivate; poi il cervello, in uno stato di stress, si sposta sull’azione immediatamente da compiere dopo. Ecco allora che possono verificarsi cose terribili e inaccettabili”.
Cosa può provocare uno stato di stress così alto da dimenticare i figli in macchina?
“Sono fonti di stress cambiamenti importanti della propria vita che richiedono una reazione in breve tempo (come potrebbe essere un lutto), ma anche piccoli e grandi ostacoli quotidiani cioè quegli avvenimenti di tutti i giorni che necessitano di piccoli adattamenti o reazioni”, prosegue la dott.ssa Vinciguerra. “Senza dimenticare quelle situazioni ripetitive che obbligano a cambiamenti prolungati nel tempo come, attualmente, la crisi economica, la precarietà lavorativa: situazioni che vengono vissute come una minaccia diretta, anche quando non lo sono, e che costringendo a vivere in stato di tensione continua. Colpa anche del vivere frenetico e compulsivo, governato oggi dal continuo ricorso alla tecnologia. Si fanno più cose contemporaneamente, si perde il contatto con la realtà, non si ascoltano né l’ambiente circostante ne’ se stessi e le emozioni che si provano”, spiega la psicoterapeuta.
Viviamo una sorta di social jet-lag”, conclude la dott.ssa Vinciguerra,“cioè c’è distanza tra il nostro ritmo di vita e quello che la nostra fisiologia richiederebbe. Il nostro cervello, infatti, è una macchina più lenta di quello che pensiamo, come è lento il ragionamento che ci permette di comprendere e metabolizzare gli eventi, consentendoci di neutralizzarli e proteggendoci dallo stress”.

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