È consentito al datore di lavoro dipendente esercitare il diritto di recesso per fatti (“minori”) non contestati nella lettera di licenziamento?
È quanto accaduto ad un lavoratore dipendente, sorpreso dal proprio direttore di stabilimento mentre violava le disposizioni di sicurezza relative al proprio impiego di guardiano notturno; lo stesso dopo esser stato richiamato dal proprio superiore gerarchico, si rivolgeva a lui con espressioni offensive.
I fatti, inizialmente, non gli furono contestati. Eppure dopo qualche tempo al guardiano, gli veniva fatto recapitare il provvedimento di licenziamento, concernente proprio quegli episodi.
Di qui l’impugnazione e il ricorso in Cassazione (ord. n. 3204/2018).
Secondo in giudici della Suprema Corte, per giustificare un licenziamento disciplinare, i fatti addebitati devono rivestire il carattere di grave violazione degli obblighi del rapporto di lavoro, tale da lederne irrimediabilmente l’elemento fiduciario.
La relativa valutazione deve essere operata con riferimento agli aspetti concreti afferenti alla natura e alla qualità del singolo rapporto, alla posizione delle parti, al grado di affidamento richiesto dalle specifiche mansioni del dipendente, al nocumento eventualmente arrecato, alla portata soggettiva dei fatti stessi, ossia alle circostanze del loro verificarsi, ai motivi e all’intensità dell’elemento intenzionale o di quello colposo (cfr., per tutte, Cass. n. 1595/2016, 25608/2014 e 7394/2000).
Ebbene, nell’ambito di tale valutazione, la condotta anteatta (quale, quella contestata al guardiano notturno), ben può apportare elementi di valutazione significativi, sia a favore che a danno del dipendente; senza in questo modo violare il principio di immutabilità della contestazione, che, secondo quanto già chiarito da questa Corte, preclude al datore di lavoro di licenziare per motivi diversi da quelli contestati, ma non vieta di considerare fatti non contestati e situati a distanza anche superiore ai due anni dal recesso, quali circostanze confermative della significatività degli addebiti posti a base del licenziamento, al fine della valutazione della complessiva gravità, sotto il profilo psicologico, delle inadempienze del lavoratore e della proporzionalità o meno del correlativo provvedimento sanzionatorio (così Cass. n. 1145 del 19/01/2011).
Sicché, nel caso in esame, la natura di insubordinazione della condotta realizzata dal dipendente, avvalorata dalla personalità volutamente inottemperante alle disposizioni aziendali già manifestata in relazione al precedente addebito, non poteva che giustificare il provvedimento di licenziamento.
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