Discopatie multiple rachide lombari di derivazione professionale e danno differenziale (Corte appello Milano, sez. lav., dep. 07/06/2022, n.555).

Discopatie multiple rachide lombari derivanti da malattia professionale.

Il Tribunale di Milano ha respinto il ricorso con il quale il lavoratore aveva chiesto di condannare il Comune (suo datore di lavoro) a risarcirgli il danno differenziale patito a causa di malattia professionale consistente in “discopatie multiple rachide lombari”, già riconosciuta tale da INAIL ed insorta a causa della violazione da parte del datore di lavoro dell’art 2087 c.c. e dell’art. 168, 1° comma, del D.lgs. n. 81/2008.

Nello specifico deduce il lavoratore che svolgendo mansioni di esecutore dei servizi tecnici, addetto alla Direzione della Centrale Tecnica e Lavori Pubblici — settore tecnico-infrastrutture — servizio N.U.I.R. (nucleo di intervento rapido), faceva fronte alle richieste di intervento stradale segnalate dalle pattuglie della Polizia Locale e che era tenuto alla movimentazione manuale di pesanti carichi di varie tipologie, senza alcun adeguato ausilio meccanico e spesso con interventi svolti individualmente.

La denuncia di malattia professionale veniva dapprima respinta dall’Inail e poi, a seguito di opposizione, accolta con riconoscimento di una menomazione dell’integrità psico-fisica del 6% e liquidazione, quale indennizzo per danno biologico, dell’importo di euro 3.787,59.

Il Tribunale dava atto  che il nucleo cui era addetto il ricorrente era tenuto ad eseguire una vasta gamma di interventi (ripristino di buche in sede stradale e pedonale, rispristino di pavimentazione in pietra, ripristino sostituzione segnaletica stradale verticale abbattuta, transennatura di stabili pericolanti, recinzione e delimitazione di grate e grigliati, ripristino di staccionate e barriere diverse, ripristino o delimitazione di chiusini stradali diversi, chiusura di porte e finestre di locali sgomberati, circoscrizioni, delimitazioni, segnalazioni di avvallamenti e cedimenti sulla platea stradale, recupero di oggetti preziosi da grate, intercapedini e chiusini, collaborazione e/o supporto agli interventi del N.U.I.R. ambientale) e che non vi fosse prova che le operazioni manuali di movimentazione carichi fossero state eseguite con quotidianità e continuità, non avendo il ricorrente indicato quanto incidesse sulla attività complessiva la movimentazione dei pesi.

Per tali ragioni il ricorso veniva respinto.

In appello, il ricorrente, critica la sentenza per violazione dei principi in tema di onere probatorio, per avere fatto malgoverno delle risultanze istruttorie, trascurando le dichiarazioni confessorie rese, in interrogatorio libero, dal procuratore del Comune, per avere erroneamente escluso la responsabilità dell’Ente, responsabile sia per l’omessa fornitura, sino al 2020, di strumentazione adeguata per movimentare i carichi (furgoni attrezzati con argani), che avrebbero evitato le patite discopatie multiple, oltre che per l’omessa vigilata sull’osservanza delle misure precauzionali da parte dei dipendenti.

Le censure sono fondate considerato che il datore di lavoro deve adottare tutte le misure per la salvaguardia dei lavoratori e, diversamente da quanto affermato in primo grado, il lavoratore ha assolto l’onere di allegare e dimostrare l’esistenza e l’origine professionale della patologia “discopatie multiple rachide-lombari” di cui soffre, mentre l’ente non ha dimostrato di avere correttamente adempiuti agli obblighi di prevenzione di cui all’art. 2087 c.c.

L’ente, pur evidenziando l’assenza di prova della continuatività della movimentazione dei carichi, non ha negato che l’attività del ricorrente richiedesse anche il sollevamento di simili pesi, circostanza questa significativamente confermata in sede di interrogatorio libero anche dal procuratore dell’ente.

Parimenti provato sulla scorta della documentazione medica agli atti e delle conclusioni del CTU nominato in grado drappello che lo svolgimento di simile attività lavorativa sia stata quantomeno concausa della genesi della patologia di cui il lavoratore è affetto, patologia individuata in una “discopatie multiple protusivo/erniaria lombare L3-L4 ed L5-51”.

Per questi motivi,  in riforma della sentenza impugnata, il Comune viene condannato a corrispondere la somma di euro 7226,41 a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale differenziale.  

Avv. Emanuela Foligno

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