L’uomo, già risarcito dalla Compagnia assicurativa, riteneva la somma liquidata non satisfattiva per il danno subito in conseguenza della distruzione del nucleo familiare

Con l’ordinanza n. 25523/2021 la Cassazione si è pronunciata sul ricorso di un uomo che, in qualità di convivente more uxorio di una donna e della figlia di quest’ultima morte in un incidente stradale, chiedeva la condanna del conducente del veicolo a bordo del quale viaggiavano le due donne quali terze trasportate e delle compagnia assicurativa a risarcirgli i danni patiti. Il ricorrente, cui l’Assicurazione aveva liquidato la somma di € 50.383,75, ritenendo che la stessa non fosse satisfattiva del danno subìto in conseguenza della distruzione del proprio nucleo familiare, chiedeva la condanna dei convenuti a risarcirgli la somma di € 1.215.043,84 al lordo di quanto già ricevuto.

In primo grado il Tribunale aveva rigettato la domanda, ritenendo raggiunta la prova che il rapporto tra l’uomo e la convivente e la di lei figlia si fosse affievolito o fosse cessato del tutto al momento del sinistro e che, conseguentemente, fosse da ritenere congrua la somma già corrisposta dalla compagnia assicurativa.

Anche la Corte di appello aveva confermato la decisione del Tribunale, ritenendo satisfattiva la somma già corrisposta dalla compagnia assicurativa, essendo emersi plurimi elementi di prova e plurimi elementi presuntivi per dubitare della persistenza e dell’attualità del rapporto affettivo tra l’appellante e le due donne.

Nel rivolgersi alla Suprema Corte, il ricorrente deduceva, tra gli altri motivi, violazione degli artt. 2059 e 1226 c.c., in relazione all’applicazione di un criterio liquidativo di pura equità, disancorato da parametri obiettivi e conseguente mancata applicazione delle tabelle di Milano, nonché violazione degli artt. 2, 29 e 30 Cost. laddove non era stato riconosciuto il danno da lesione del rapporto parentale ed affettivo. In particolare si doleva del fatto che l’impugnata sentenza, per un verso, avesse ritenuto congrua, senza peraltro motivare sul punto, la somma di circa € 50.000 versata dall’Assicurazione, e, per altro verso, non avesse liquidato alcunché a titolo di danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c. sulla base delle Tabelle del Tribunale di Milano.

Gli Ermellini, tuttavia, hanno ritenuto infondate le doglianze proposte.

La Corte ha chiarito che, in tema di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli e dei natanti, la comunicazione dell’offerta dell’impresa di assicurazione ai sensi dell’art. 148 d.lgs. n. 209/2005, non accettata dal danneggiato, e il pagamento della somma offerta non esonerano il danneggiato, che agisca in giudizio per il risarcimento dei danni a cose e/o alla persona causati dal medesimo sinistro, dagli oneri di allegazione e di prova che incombono sull’attore. Ebbene, nel caso in esame, il giudice del merito, con valutazione insindacabile in sede di legittimità, ha ritenuto che il ricorrente non avesse assolto agli oneri probatori su di lui incombenti, non essendo riuscito a dedurre e provare l’esistenza dei pregiudizi, patrimoniali e non patrimoniali, di cui chiedeva il risarcimento nonché il nesso causale tra questi ultimi e il sinistro, sicché aveva condivisibilmente rigettato tutte le domande da questi avanzate. Di conseguenza, avendo il giudice del merito accertato l’insussistenza dell’an risarcitorio, l’uomo non poteva dolersi della mancata liquidazione del quantum, né, a fortiori, dell’esiguità della somma versata dalla compagnia assicurativa: essa, infatti, ai sensi dell’art. 148, co. 7, d.lgs. n. 209/2005, si atteggiava alla stregua di un acconto e doveva essere imputata alla liquidazione definitiva del danno, nella specie nulla.

La redazione giuridica

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