Si pubblica di seguito una lettera di una collega ortopedica che a quanto pare non è tanto convinta delle decisioni del legislatore e dei Giudici. Questo “sfogo” in parte è condivisibile, ma in parte si rigetta completamente perché si è sempre pensato che la verità è solo una e non due o tre!
Se esistono due controparti è prevedibile che, sentite le stesse, si vuol far passare il concetto che tutte hanno ragione e che quindi esistono due verità, ma così non è!
Ecco che cosa si condivide delle affermazioni della collega:
- I medici devono essere tutelati dalle strutture per le quali lavorano e queste devono prendersi carico di eventuali errori dei propri dipendenti/ausiliari;
- Il legislatore deve difendere il medico obbligando la struttura ad assicurarsi e le assicurazioni ad assicurare ogni forma di colpa;
- Le compagnie non possono disdettare una polizza dopo la sola denuncia di sinistro ma, eventualmente, dopo due o più condanne in primo grado del medico e/o della struttura;
- Che il miglior medico è quello che sbaglia di meno!
- La lite temeraria ha delle caratteristiche giuridiche ben precise e quindi ove si rinvengono gli estremi, sia i pazienti che i loro difensori medici debbono risarcire i danni.
Ecco, invece, cosa non si condivide delle affermazioni della collega:
- Il medico non è una vittima, ma vittima è chi subisce una danno ingiusto (quindi tutti possono essere vittime!);
- Chi procura un danno ingiusto deve risarcire la vittima del danno;
- Un medico è uguale a qualsiasi professionista, per cui non debbono esserci privilegi, ma tutele per una serenità lavorativa maggiore; quindi tutti i professionisti (medici, avvocati, giudici, ingegneri, architetti, etc) devono essere posti allo stesso livello giuridico senza differenze;
- Non appare logica la depenalizzazione per colpa lieve senza valutare il danno conseguenza: immaginate quale potrebbe essere la consolazione di un parente di un defunto morto per colpa lieve e non per colpa grave di un medico! Andate a spiegare a questo parente che il medico ha causato la morte del congiunto per una “fesseria” e non per un fatto grave. Beh, non vorrei essere al posto del medico che si deve giustificare!
Di seguito pubblichiamo per esteso la lettera della Dr.ssa Mirka Cocconcelli, chirurgo ortopedico.
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Gentile Direttore,
leggo con attenzione gli interventi di politici ed economisti che la medicina la conoscono solo attraverso i media e non si sono mai “sporcati le mani” sul campo, come noi chirurghi e poco ne sanno di management ed organizzazione ospedaliere! E’ ora che gli amministratori pubblici abbiano il coraggio di dire che non sarà più possibile mantenere un sistema di tutela della salute equo, universalistico, solidale e di qualità. Ciò che era assicurato gratuitamente ai nostri genitori, non sarà più concesso a noi ed ai nostri figli, Politici ed economisti hanno sempre visto la sanità come un costo, quando invece è ricerca, è innovazione, è studio, è prevenzione: per ogni euro investito in prevenzione se ne risparmiano 6 in terapie.
Nell’ambito della nostra categoria serpeggia molta rabbia, impotenza e frustrazione, come hanno più volte ribadito i presidenti delle tre maggiori specialità chirurgiche (ortopedia, chirurgia e ginecologia: Sic, Siot,Sigo e Acoi). Noi chirurghi vogliamo tornare ad essere i protagonisti e non semplici spettatori della riforma del SSN, sottolineando il concetto che la professione medica è la soluzione ai problemi e non la causa degli stessi, come sembrerebbe emergere dall’ultima manovra sulla sanità. Ad ogni nuovo congresso che frequentiamo ormai non parliamo più di tecniche chirurgiche innovative, ma ci aggiorniamo sul numero di denunce ricevute.
Noi medici-chirurghi siamo accerchiati da una società “Law-satured”, una società strapiena di diritto, di regole giuridiche, di linee guida dalle provenienze più diverse, con un diritto invadente in troppi settori medici e, tuttavia assente, laddove sarebbe indispensabile.
Io, chirurgo ortopedico, assisto ad una “giuridicizzazione” della medicina, ad una spinta eccessiva alla proceduralizzazione della cura che mi soffoca e mi impedisce di curare adeguatamente il malato, che voi politici, voi economisti chiamate utente, distruggendo completamente il rapporto medico-paziente! Ci costringete ad una cultura medica ed assistenziale orientata in termini economicisti-difensivistici e particolarmente attenta alla pre-costituzione di cause giustificative del nostro operato per avvalercene in corso di futuri contenziosi.
Io chirurgo ortopedico mi trovo accerchiato da sei “avversari”:
1) il paziente che è preda della sindrome risarcitoria e/o da indennizzo e mi utilizza come proprio ammortizzatore sociale;
2) l’amministrazione ospedaliera che fa i suoi interessi e difende se stessa, scaricando sul chirurgo gli oneri giudiziari, legati alle carenze organizzative, strutturali e di organico che sono presenti in quasi tutti i nosocomi. Noi medici non siamo più disposti a mettere la faccia dietro scelte sciagurate (UO lasciate senza primario, dotazioni organiche non garantite, macchinari obsoleti o mancanti, straordinari non pagati, turni lavorativi massacranti, etc…) e da oggi in avanti chiedo a tutti i colleghi di segnalare alla Procura Generale della Repubblica ed alla Corte dei Conti tutte le consulenze sospette, tutti gli sprechi e tutti gli elementi di disorganizzazione contro cui dobbiamo combattere quotidianamente;
3) la Corte dei Conti che ci condanna a pagare per danno erariale (siamo alla beffa!!);
4) le nostre RC professionali, le assicurazioni, che non ci tutelano; infatti, se conviene transare, transano, indipendentemente dal fatto che il chirurgo sia colpevole o meno. Inoltre, le assicurazioni considerano e conteggiano come sinistri anche le semplici richieste di risarcimento, le informazioni di garanzia e le denunce senza alcun seguito, facendo così lievitare i costi delle RC professionali;
5) i media, che non vedono l’ora di trovare il capro espiatorio e di sbattere il “mostro-medico” in prima pagina, enfatizzando il vittimismo dei pazienti e dei loro congiunti, prima ancora di sapere come si sono svolti i fatti;
6) la magistratura, che considera il paziente, sempre e comunque, l’anello debole della catena, quando così non è.
Mi chiedo perché noi medici dobbiamo risarcire personalmente i danni ai cittadini e per i magistrati questa regola non valga e debba pagare lo Stato, cioè i cittadini stessi. È indispensabile depenalizzare l’atto medico. L’atto medico persegue il bene dell’individuo e non è esente da rischi, quindi se il chirurgo deve operare in serenità, deve avere le stesse tutele e garanzie che ha il magistrato quando giudica. Noi chirurghi siamo stanchi nel fisico e nella psiche e viviamo un profondo disagio, che nasce da un equivoco di fondo: curare non significa guarire, mentre oggi si vuole negare l’idea stessa della complicanza e della morte, insita nella malattia stessa. Da sempre negli ospedali si nasce, ci si ammala e si muore per cause del tutto naturali o per complicanze insite nella patologia stessa.
La medicina non è una scienza esatta, non poggia su basi di solido granito, ma su ben più traballanti palafitte. Non voglio giustificare l’errore che, quando c’è ed è comprovato, va perseguito nelle sedi opportune, ma continua, purtroppo, a non essere recepita nell’opinione pubblica la differenza fra complicanza, insuccesso ed errore. Qualsiasi insuccesso o complicanza è attribuita ad un “errore medico” innescando meccanismi di rivalsa che, nella maggior parte dei casi, terminano nella completa assoluzione del chirurgo. Ricordiamoci che l’87% dei chirurghi viene assolto ed i 2/3 dei sinistri denunciati vengono chiusi senza seguito (Dati Rapporto Ania), ma dopo l’evento, il chirurgo denunciato non sarà più quello di prima e modificherà l’approccio con il paziente.
Io mi chiedo, chi pagherà il pretium doloris del chirurgo accusato ingiustamente? E’ indispensabile iniziare a controdenunciare i pazienti che ci citano in giudizio arbitrariamente, in base all’articolo 96 del codice di procedura civile (Lite Temeraria), come ha fatto la sottoscritta nei confronti di un paziente. Tra pochi anni avverrà come in Svezia o negli Usa, dove i pazienti più problematici verranno rifiutati e vagheranno di specialista in specialista, preda della cosiddetta “Sindrome di Ulisse”, non trovando più nessun chirurgo che li vorrà operare. Tutto questo per il rischio di denunce. I giovani medici già adesso si stanno allontanando dalle scuole di specialità a rischio, leggasi ortopedia e ginecologia.
E’ indispensabile sapere che il chirurgo non è infallibile e il chirurgo più bravo è quello che, nonostante l’esperienza, sbaglia meno. Non è più accettabile che il nostro lavoro sia considerato a rischio zero. La mancata guarigione non sempre è imputabile ad un colpevole ed è vano e inutile cercare l’errore laddove questo non esiste. Voi Politici, Economisti siete bravi solo a parlare ed a ragionare ex post, ma che ne sapete del forte disagio della nostra categoria? Che soluzioni avete individuato per restituire serenità al lavoro dei camici bianchi, sempre più ingabbiati nel cappio della paura delle denunce ingiuste. Il giudice quando ci giudica, spesso a distanza di anni dall’evento, ha bisogno di documenti, di fatti su cui basarsi per assolverci o meno, per questo ci dobbiamo tutelare richiedendo esami e consulenze. E’ bello e comodo giudicare senza aver mai praticato la medicina. Sappiate che i pazienti in tempi di crisi ci considerano il loro ammortizzatore sociale e pretendono di essere guariti e non curati e tutto questo avviene anche per colpa nostra che abbiamo fatto credere ad una medicina onnipotente. Oggi la malattia deve essere guarita ad ogni costo, non esistono più le complicanze e deve comunque essere trovato un colpevole anche quando il colpevole non esiste.
Attorno al mondo della sanità circolano troppi avvoltoi che hanno fiutato l’affare e propongono ai pazienti la denuncia del medico anche quando non ci sono basi ragionevoli per una causa (ricordate Grisham ne “L’uomo della pioggia”?). Solo il motore economico muove questo perverso meccanismo e la vicenda giudiziaria danneggia irrimediabilmente il chirurgo accusato a torto, tanto da modificarne l’approccio con il malato e minarne la serenità in sede di intervento. Ricordo che la denuncia penale esiste solo in Italia, Messico e Polonia. Assurdo!
La lotta è impari: il chirurgo è sempre più solo e modifica il suo approccio diagnostico/terapeutico, orientandosi verso una medicina sempre più difensivistica, in cui ci perdono tutti gli attori di questo triste teatrino. Cosa credete che con le vostre leggi ed i vostri decreti ridurrete la pratica della medicina difensiva? No, gli esami li continueremo a prescrivere, solo che diremo al paziente: questo esame il SSR lo passa e questo no!
E’ ora di dire basta, lo dobbiamo a noi stessi, alla nostra dignità, ai valori professionali in cui finora abbiamo creduto ed ai paz. che si affidano alle nostre cure.
La nostra professione viene sconfitta nei suoi valori etici e morali e noi, addetti ai lavori, siamo lasciati soli a combattere, ma è un incontro di boxe truccato, in cui uno dei due pugili ha entrambe le braccia legate dietro la schiena.
Quali potrebbero essere le soluzioni?
1) Depenalizzare l’atto medico. Nel nostro Paese la giurisdizione in campo medico risale al codice Rocco (1930) e manca di adeguata specificità. Nel codice penale l’errore medico è paragonato a un atto di delinquenza comune, mentre così non è. Deve essere definito che cosa si intende per atto medico ed il Parlamento si deve far carico del problema, sbloccando la legge 50 che fissa nuove regole assicurative.
2) Limitare la responsabilità medica, alla colpa grave, definita come azione determinata da “negligenza inescusabile”, come è definita quella che regolamenta i casi di responsabilità dei magistrati (Art.3, Legge 117 del 1988).
3) Limitare i risarcimenti attraverso parametri economici equi e uniformi, come avviene in altri paesi europei. È necessario stabilire un tetto ai risarcimenti: è previsto per i magistrati, per i notai, perfino per gli albergatori. Per noi medici no! Inoltre, se un aereo cade, l’indennizzo agli eredi è limitato dalla Convenzione di Varsavia; se un treno deraglia, l’indennizzo è limitato dal regolamento delle ferrovie. Perché per le cause mediche non c’è limite all’indennizzo?
4) Definire dei protocolli operativi e linee guida validati dalle nostre società scientifiche, ma realmente chiari ed efficaci.
5) Creare una adeguata copertura assicurativa efficace e garantita per il medico. Le tutele assicurative devono essere complete e devono prevedere la retroattività per almeno 10 anni e la postuma. Se è obbligatorio per il medico essere assicurato deve essere obbligatorio per le compagnie assicurare,
6) Attuare il fondo di garanzia istituito dal Dl Balduzzi per rifondere le vittime da malpractice. È indispensabile istituire quanto prima questo fondo, simile al fondo vittime della strada, che liquidi i danni arrecati al paziente o un fondo vittime dell’alea terapeutica, come esiste in Francia, che liquidi i danni arrecati al paziente per le complicanze imprevedibili e imprevenibili.
7) Iniziare a contro denunciare il paz. per l’art. 96 del cpc:”Lite temeraria”, al fine di scoraggiare le iniziative giudiziali che non hanno ragione d’essere e nell’interesse pubblico all’impiego corretto del processo civile (trib.Roma sentenza del 18/10/2006 ) e pretendere un risarcimento per i danni morali e materiali patiti per l’accusa ingiusta, pari al corrispettivo richiesto dal paziente in sede di giudizio.
8) Gli Ordini dei medici/Federazioni/Società medico-chirurgiche denuncino alla Procura della Repubblica, per l’art. 658 cp (procurato ingiustificato allarme), quelle associazioni che affermano che vi sono 45.000 morti evitabili all’anno per malasanità,123 morti al giorno.
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