Dr. Donati: «Vi racconto il duro lavoro del medico d’emergenza»

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Intervista al Dr. Leonardo Donati, medico di emergenza sanitaria territoriale della provincia di Siena.

Dr Donati, quali sono le maggiori difficoltà riscontrate dal medico che opera sull’ambulanza?

Le maggiori difficoltà sono date dagli orari di servizio in primo luogo perché è un lavoro pesante. Ci possono essere lunghi momenti di attesa durante i quali non ci sono particolari cose specifiche da fare, poi nel giro di mezzora si scatena l’inferno. Da un momento di totale quiete si passa a uno di stress enorme, perché capita di dover rianimare un bambino o fare un intervento impegnativo. Essendo un’attività che prevalentemente avviene all’esterno comporta un maggiore sforzo fisico, proprio perché avviene fuori la struttura. Questo per quanto riguarda lo stress lavoro correlato, per quanto riguarda i rapporti con l’utenza direi che è ottimo. Tanto che spesso si chiama di più il 118 che il medico di famiglia, forse perché le persone vedono che siamo più attrezzati, forse ci credono più “competenti”, in realtà il medico di famiglia conosce meglio i pazienti e quindi è una falsa percezione. La bravura va da medico a medico.

Quali sono le mancanze nel suo lavoro e quali sono i rischi principali dell’attività di pronto soccorso-ambulanza?

Principalmente per il medico riguardano i rischi da stress lavoro correlato. Ora si parla di questa nuova legge sull’orario di lavoro ma in realtà le aziende non la applicano. La tutela è molto bassa perché non possiamo godere della malattia, delle tutele dell’Inail, perché la nostra attività non viene riconosciuta usurante. Il grosso problema del 118 è che le figure professionali sono standardizzate ma i contratti molto diversi. Arriviamo addirittura al medico libero professionista che per l’azienda pubblica svolge questo lavoro assicurandosi a proprie spese e non ha le tutele che ha un dipendente. La legge sopra menzionata è quella derivata dalle normative europee del 2003, recepita dallo Stato italiano un anno fa e messa in pratica nel novembre del 2015. Prevede non più di 11 ore continuative di lavoro, ma ad oggi sia arriva addirittura alle 48 ore continuative. Il vincolo delle 11 ore necessità di un numero maggiore di medici che però non ci sono e tutto questo “super lavoro” cade sui medici attualmente in servizio che devono praticamente rientrare in questa normativa facendo più viaggi. Le ore sono sempre le stesse, ma invece di condensarle in uno o due giorni, devono essere spezzate considerando i rischi da stress correlati. Tutto ricade sulle spalle dei medici attualmente in servizio. Questo sistema è una bomba ad orologeria: se il personale è insufficiente, il super lavoro cade su chi c’è. Poi la classe medica si invecchia e arriverà il momento in cui non sarà più efficiente come prima e avrà l’esigenza di essere spostati in un altro settore. Tutto questo alimenta la polemica sui ritardi delle ambulanze a chiamata, favoriti dalla scarsità del personale e dal fatto che ci sono poche risorse investite. Chi opera nelle ambulanze spesso è volontario. La carenza di personale grava sugli utenti più a rischio, quelli che potrebbero essere soccorsi in urgenza da personale non adatto e in tempi poco rapidi.

Tracciamo il percorso tipo di un suo intervento: dalla chiamata all’arrivo dell’ambulanza sul posto, quali sono gli step?

Dipende dalle zone dove si trova l’unità operativa del 118. La centrale operativa filtra la chiamata. Alla chiamata risponde l’operatore che normalmente è un infermiere il quale da un codice di priorità, da verde, giallo e rosso, in base a quello assegna le ambulanze. L’operatore fa delle domande specifiche per assegnare il codice, chiede di cosa di tratta. L’infermiere è un professionista in grado di formulare le domande appropriate per la stima esatta del codice. Se si tratta di un’incidente stradale chiede quanti feriti ci sono, che gravità hanno, se si tratta di incidente domestico, se occorrono mezzi particolari come l’elicottero, se la zona di riferimento è impervia oppure se la priorità è quella del tempo di accesso alle cure per cui si attivano i mezzi idonei quali appunto l’elisoccorso. Dal momento in cui l’operatore riceve un codice rosso il mezzo è attivato quando la telefonata è ancora in corso, questo per non perdere tempo. Spesso la gente si spazientisce perché si sente rivolgere tante domande e chiede di inviare il mezzo. L’ambulanza in realtà è già partita. Il codice verde viene fatto direttamente dall’ambulanza con gli operatori “non professionali” o volontari, dal giallo al rosso viene attivata l’ambulanza infermieristica o l’automedica, e il codice rosso lo gestisce il medico disponibile in quel momento.

Esistono delle qualifiche specifiche per essere un medico da ambulanza?

Nella provincia di Siena non ci sono ambulanze infermieristiche, però in tante regioni d’Italia, al posto del medico, c’è l’infermiere. Probabilmente è un modo per risparmiare più che per “differenziare”, perché il medico costa un pò di più e questo grava sul fatto che l’infermiere non può fare diagnosi e terapie, a meno che non ci sia un medico in centrale che gli dice cosa fare. Questo però comporta responsabilità per entrambi, perché di fatto viene prescritta una terapia per telefono senza che il medico abbia visitato il paziente. Nella regione Emilia Romagna questo ha creato problemi con l’ordine dei medici che ha aperto una procedura di sanzionamento per i medici che fanno i protocolli in centrale e si prestano a questo tipo di attività. In realtà il medico, a differenza degli infermieri, può decidere di portare il paziente in una o in un’altra struttura a seconda delle necessità. Per esempio se si tratta di un caso di cardiologia ovviamente non lo porta nell’ospedale più vicino ma nell’ospedale più idoneo e si può assumere questo tipo di responsabilità, mentre l’infermiere no. Questo dipende dalle politiche aziendali messe in atto. Non c’è una uniformità in tutte le regioni.

A questo proposito dr Donati, crede che il 118 abbia in qualche modo sostituito (per svariati motivi)  il servizio tipico che spetterebbe forse di più all’ordine pubblico, come nel caso di un ubriaco che dorme per strada o che turba i passanti?

Sì, questo è vero. Spesso interventi impropri sono tali perché chiamati per un soggetto che sotto l’effetto dell’alcol disturba e si tratta in realtà di un problema di ordine pubblico e in realtà viene scaricato sul 118 che spesso (a me non è mai capitato) mette in atto dei TSOtrattamenti sanitari obbligatori – che non hanno alcun senso perché si esegue su chi ha problemi psichiatrici. Un ubriaco non è un soggetto psichiatrico, lo può essere ma non necessariamente. È una soluzione che viene trovata forse dalle forze dell’ordine perché in questo modo si scaricano la loro di responsabilità, quando in realtà forza pubblica non siamo noi. Si crea tuttavia il problema nel nostro esempio di un uomo ubriaco che magari confuso si fa male. Chi risponde dunque di abbandono di incapace? Questo fa parte dei vuoti normativi della nostra società. Ogni medico del 118 in queste situazioni si adopera a modo suo. Non c’è una regola e nulla di scritto, per cui ognuno ha una sua soluzione per questa cosa. Questo tuttavia toglie una risorsa a chi ne ha urgenza. Magari nel frattempo avviene un codice rosso e deve partire un’ambulanza più da lontano perché si attinge a un’altra sede, perché l’intervento va fatto e il ritardo è determinato anche da questo. Le chiamate improprie sono tante. Per esempio ci sono molte donne che devono partorire (di parto naturale) e chiamano l’ambulanza perché è molto più comodo quando potrebbero benissimo andare con il marito. Ora pare che ci sia anche questa moda di andare a fare un parto naturale con l’ambulanza. Ad ogni modo la maggior parte degli interventi per cui siano chiamati a intervenire riguardano gli anziani e le difficoltà respiratorie. Almeno nelle nostre zone.

a cura di Laura Fedel

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