Il 95% dei casi di presunta “malasanità” approdati in tribunale si è chiuso con un proscioglimento. Un dato che si alza nella Capitale al 98,1%. Secondo l’avvocato Gianluca Mari, le cause intentate a danno di personale sanitario sono frutto di una serie di fattori che prescindono completamente dalle prestazioni elevate che invece il sistema sanitario nostrano è in grado di garantire.

Secondo i dati statistici resi pubblici lo scorso anno grazie al lavoro combinato di Osservatorio Sanità – ANIA – Marsh Risk Consulting sarebbero circa 34.000 l’anno le denunce da parte di cittadini che ritengono di aver subito un danno in ospedale o all’interno di studi medici. Sempre secondo gli stessi dati la maggior parte delle denunce viene registrata al sud e nelle isole, mentre a essere maggiormente citata in giudizio è l’intera struttura ospedaliera. Parallelamente risultano di un certo interesse le conclusioni a cui è arrivata, sempre lo scorso anno, la Commissione parlamentare di inchiesta sugli errori sanitari. Stando ai dati raccolti dalla Commissione: il 95% dei procedimenti penali per lesioni personali colpose a carico di professionisti del settore sanitario si conclude con un proscioglimento, mentre in sede civile le richieste di risarcimento vengono accolte solo nel 34% dei casi.

«Per quanto concerne Roma possiamo affermare che il primo dato sale al 98,1% dei casi, a testimonianza del fatto che su un numero elevato di prestazioni sanitarie annue (si parla di circa un milione 500mila a livello nazionale) quelle in cui sia stata acclarata una colpa reale rappresentano un numero irrisorio». A parlare è l’avvocato Gianluca Mari che si occupa prevalentemente della difesa di medici e centri medici.

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«Il dato che va evidenziato, perché troppe volte sottovalutato – aggiunge – è che comunque vada a finire, il medico è costretto a difendersi e a pagare nel 100% dei casi, sia esso colpevole o innocente e i primi colpi che deve parare sono quelli inflitti dalla gogna mediatica».

E anche rispetto ai procedimenti chiusi con conseguente condanna del medico l’avvocato Mari nutre qualche perplessità: «Per quanto riguarda il procedimento in sede penale bisogna tener conto del fatto che nella maggior parte dei casi le procure non hanno il tempo materiale per indagare approfonditamente sul caso e, mancando delle sezioni specifiche, si affidano totalmente a consulenti tecnici, i quali, per la stragrande maggioranza affermano che il dolo c’è stato in maniera tale da garantirsi altre chiamate in futuro;  a questo bisogna aggiungere che la malasanità fa notizia, per cui i difensori del paziente danneggiato diventano a tutti gli effetti paladini del bene».

La situazione non appare molto diversa parlando di processi civili, sottolinea ancora l’avvocato: «In questo caso il discrimine è rappresentato dal fattore economico: gli avvocati guadagnano in percentuale sulle cause vinte, mentre i periti si fanno pagare profumatamente convincendo il paziente a chiedere molto più di quanto realmente gli spetterebbe».

Secondo i dati statistici pubblicati lo scorso anno (Osservatorio Sanità – ANIA – Marsh Risk Consulting) dal 2009 al 2013 ci sarebbero state delle impennate in termini di denuncia per danni subiti in seguito a malpractice media. A suo avviso a cosa si devono le impennate registrate nel 2009 e leggermente anche nel 2012? Peggioramento delle prestazioni?

L’aumento in questione è indipendente dalla qualità delle prestazioni erogate, il nostro sistema sanitario è tra i migliori a livello europeo con dei picchi di eccellenza soprattutto in ambito chirurgico; i fattori che hanno inciso sono altri. Da una parte bisogna dire che si è perso quel rapporto umano che legava medico e paziente, dall’altra c’è a evidenziare che, in molti, in tema di malasanità, hanno fiutato l’affare e hanno cominciato a lucrarci sopra. A riprova il fatto che il termine stesso “malasanità” fino a qualche anno fa non esisteva nemmeno. A questo bisogna infine aggiungere altri due fattori: l’emanazione di alcune sentenze della Corte di Cassazione che hanno reso più agevole la richiesta di risarcimento danni da errore medico e la crisi economica che ha spinto molti a tentare anche questa strada per trovare introiti economici.

Quali sono gli strumenti che un professionista in ambito sanitario ha a propria disposizione per tutelarsi prima che si arrivi a un procedimento giudiziario?

Un primo strumento è di tipo “umano”. Il medico deve recuperare il proprio ruolo riappropriandosi di un sano dialogo con il paziente. Poi c’è la cura e l’attenzione per i protocolli interni alla struttura e la necessità di un dialogo ulteriore tra le distinte professionalità che si trovano ad aver a che fare con il paziente in cura. In ultimo, ma questa è una proposta, iniziative di carattere culturale rivolte al paziente stesso al fine di renderlo consapevole e fornirgli gli strumenti per una valutazione critica dei trattamenti e dei rischi connessi. L’errore che va assolutamente evitato da parte dei medici è quello di sentirsi “casta” e apparire come tale. Nell’ultimo periodo mi sembra ci sia una deriva in tal senso con un elevato livello di rischio; il medico deve continuare a stare in “mezzo alla gente” e non deve aver paura del giudizio.

Nelle ultime settimane diverse associazioni a difesa dei consumatori hanno lanciato l’allarme rispetto al nuovo Ddl sulla responsabilità professionale, cosa pensa di queste critiche?

Tanto clamore per nulla. Sia strategicamente che processualmente, per il paziente, l’avere come controparte non solo la struttura sanitaria ma anche i medici che vi lavorano all’interno trasforma la lite in una battaglia tra Davide e Golia, dove però spesso, è Golia ad avere la meglio.

Alla luce delle richieste di risarcimento che si concludono in un nulla secondo l’avvocato Mari: «E’ ora di reagire». «Non è che i medici siano immuni da errori sia ben chiaro, va tuttavia sottolineato che anche i medici se ingiustamente accusati – conclude – hanno diritto a chiedere un risarcimento danni al paziente e ai consulenti delle controparti; a questo poi andrebbe aggiunto l’obbligo, per i media, di dare pari rilevo ai casi di condanne a danno del personale medico come a quelli di assoluzione».

a cura di Bruna Iacopino

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